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Che la (in)coerenza abbia inizio

Sono ben 420mila euro, tanto è il prezzo pagato dagli italiani per l’elezione dei Presidenti di Camera e Senato. Un Parlamento che, a detta di tutti è destinato a una vita breve al punto che è già indicata la data del 28 giugno per le eventuali nuove votazioni. 

Così tanti soldi per fare una cosa molto importante sempre se, però, fosse stata decisiva per le sorti del paese. Invero, è stata ininfluente perché siamo di fronte a una situazione di grave confusione e ingovernabilità, ormai conclamata, oggi forse anche più di prima.

Queste due prime giornate hanno dimostrato le molte facce del Parlamento e dei parlamentari. In primis Mario Monti, vero squalo della politica, il peggior politico esistente sulla faccia della terra quando dimostra che vuole tutto per sé, anche fosse la carica di Presidente del Senato (utile per il salto successivo al Quirinale, suo vero obiettivo) e, per ottenerla, prima propone patti al PD, poi mira addirittura al PDL dimostrando che a lui, di questo paese in rovina, anche per colpa sua, non gliene frega una benemerita mazza. Monti pensa per sé e basta, alla faccia di quelli (pochi, per fortuna) che lo hanno votato.

Il PD quasi implode quando propone Franceschini alla Camera e la Finocchiaro al Senato, i renziani entrano in tachicardia e suonano il preallarme gridando “al voto, al voto”. Poi Bersani fa la mossa furbesca, da politico navigato: alla Camera andrà la Boldrini, una benemerita ONU e al Senato Grasso, un eroe antimafia.

Era l’unica mossa vincente che il PD potesse fare, alla Camera ha correttamente inserito un candidato di riferimento del suo principale alleato SEL, tra l’altro, essendo una donna è vista pure come una mossa intelligente, mentre al Senato indica in Pietro Grasso la personalità eccellente su cui niente e nessuno può dire nulla.

E ha ragione da vendere, così facendo il PD risulta coerente, logico e cala il cosiddetto “asso piglia tutto”, come è giusto che sia. Dal momento che ogni gruppo ha fatto la propria scelta autonoma, dichiarando di voler andare per la propria strada, non c’era miglior cosa da fare. Come altrettanta scelta coerente l’ha fatta il PDL che, seppur non essendo condivisibile la rosa dei nomi da loro proposta, aveva comunque tutto il diritto di candidare un proprio uomo, anche se Schifani, diciamo la verità, forse non era il meglio che potessero indicare. Per Schifani al ballottaggio, però, c’è stato comunque l’onore della coerenza dei suoi che l’hanno votato in massa compatta, dimostrando che l’alleanza Lega-PDL regge bene, cosa che sembrava non fosse proprio data per scontata.

Questa mossa di Bersani da un lato (ri)unisce momentaneamente il PD, dall’altro mette in evidenza la pericolosità sociale e politica di Mario Monti e di quei (pochi, vetusti e inutili) Senatori che lo seguono, però “sventra” i cinquestellati che, almeno fino il giorno prima, si erano comportati coerentemente con le loro linee annunciate.

Chi ha perso ieri sono in due: Monti e il M5S.

Monti ha perso l’opportunità di starsene zitto e buono, non ha ancora capito che è il momento di andarsene senza nemmeno l’onore delle armi.

cinquestellati, invece, hanno toppato di “Grasso”. Colpa di tutto questo la responsabilità del “voto”, quello stesso voto che, forse, non tutti i grillini hanno pensato bene che servirà sempre e comunque. È con il voto che si fanno le leggi, è con il voto che si nominano gli uomini e le donne nei posti chiave della politica, è il voto che ti fa vincere o perdere le elezioni. Insomma, i cinquestellati onorevoli e senatori si dovranno abituare molto presto e spesso al “voto”, anche perché sarebbero lì per questo. Non si sfugge alla regola democratica del voto, nemmeno loro possono farlo e si devono (ri)attrezzare. I grillini hanno toppato davvero male e di brutto, si sono divisi sul fatto che Schifani rappresenta il vecchio e Grasso il nuovo.

E questo che significa?

Significa che dovrebbero votare tutto quello che sa di nuovo, d’innovativo, di positivo, oppure la gente per bene e non votare il contrario. Pietro Grasso è tutto questo: è un personaggio eccellente, nuovo, faccia pulita, onesto ed è sempre stato un grande servitore dello Stato. La sua biografia parla per lui.

Chi, meglio di Grasso, poteva essere presidente del Senato e chi, meglio della Boldrini, poteva ricoprire la presidenza della Camera?

Non importa se il centrosinistra ha preso tutto, non aveva alternativa. Anzi, Bersani ne ha sbagliate tante, almeno non l’ha fatto questa volta. Sicuramente sono altri che hanno commesso errori, infatti, se davvero vogliamo una politica nuova, di cambiamento, che punti a migliorare le attuali situazioni di grave crisi economica e politica… beh, allora servono anche quegli uomini e quelle donne migliori che abbiamo a disposizione, e non sempre e solo coloro che ci hanno condotto fino al baratro.

Chi l’ha votato ha fatto bene, e bene avrebbero fatto tutti i cinquestallati a votare Pietro Grasso, non tanto perché sarebbero stati una “stampella” per qualcuno, bensì perché avrebbero davvero dimostrato che mettono in pratica quello che vanno a dire in giro da mesi/anni: la coerenza di votare solo cose che fanno bene al paese, utili e in discontinuità con il passato.

La Boldrini e Grasso sono la discontinuità certa, indipendentemente dalla parte politica di appartenenza e, fino a prova contraria, sono il meglio possibile per il paese, perlomeno garantiscono il risultato migliore per la presidenza di Camera e Senato.

Grillo ha ragione quando s’incazza dichiarando che: «Nella votazione di oggi per la presidenza del Senato è mancata la trasparenza…», e pretende che, «… il MoVimento 5 Stelle faccia della trasparenza uno dei suoi punti cardinali…». Nel “Codice di comportamento eletti MoVimento 5 Stelle in Parlamento”, da tutti loro sottoscritto liberamente, al punto "Trasparenza" è citato: “Votazioni in aula decise a maggioranza dei parlamentari del M5S.

Parla di votazioni, quindi, e qui ritorniamo al principio del voto espresso prima. Nel caso dell’elezione a Presidente del Senato era obbligatorio un voto di ballottaggio con tre opzioni: GrassoSchifani o nessuno dei due. Secondo le regole del M5S avrebbero dovuto scegliere a maggioranza una delle tre opzioni e, pur essendo d’accordo o meno con tale decisione, tutti avrebbero dovuto adeguarsi alla decisione maggioritaria votando compatti e uniti.

Così non è andata, pazienza!

Ora i senatori e onorevoli grillini devono sapere che non sono lì solo per “controllaregli altri e mandare a casa tutti, bensì sono a loro volta controllati dal popolo che li ha eletti. E il popolo non perdona, i cinquestellati dovrebbero saperlo bene visto che sono stati eletti proprio per fare quello che non hanno fatto ieri al Senato.

Non importa, impareranno a loro spese che non sempre si è utili quando non si decide con il rischio di perire a colpi di (in)esperienza.

Commenti all'articolo

  • Di Arrigo Garipoli (---.---.---.70) 19 marzo 2013 18:55

    Dizionario dell’inciucio (Marco Travaglio).
    Da Il Fatto Quotidiano del 19/03/2013
    .
    I 5 Stelle che han votato Grasso contro Schifani sapevano bene chi è Schifani e hanno scelto il meno peggio, cioè Grasso. Ma non avevano la più pallida idea di chi è Grasso, e questo è un bel problema. Specie per chi dice di informarsi sul web per sfuggire alla propaganda di regime. Se l’avessero fatto davvero, avrebbero scoperto che il dualismo Schifani-Grasso era finto. Schifani è sempre piaciuto al Pd, che infatti 5 anni fa non gli candidò nessuno contro, votò scheda bianca e mandò la Finocchiaro a baciarlo sulla guancia. Quando poi il sottoscritto raccontò in tv chi è Schifani, i primi ad attaccarmi furono Finocchiaro, Violante, Gentiloni, il direttore di Rai3 Ruffini e Repubblica . Schifani era il pontiere dell’inciucio Pdl-Pd. Così come Grasso che, per evitare attacchi politici, s’è sempre tenuto a debita distanza dalle indagini più scomode su mafia e politica, mentre altri pm pagavano e pagano prezzi indicibili per le loro indagini. Nessuno l’ha scritto, nei soffietti al nuovo presidente del Senato: ma Grasso, quando arrivò alla Procura di Palermo nel 2000, si ritrovò Schifani indagato per mafia e lo fece subito archiviare (l’indagine fu riaperta dopo la sua dipartita). Così, un colpo al cerchio e uno alla botte, divenne il cocco del Pdl (che lo impose alla Pna, estromettendo per legge Caselli), del Centro (che voleva candidarlo) e del Pd (che l’ha candidato). Ma ciò che conta in politica non è la verità, bensì la sua percezione: perciò sabato era difficile per i grilli siculi non votare un personaggio da tutti dipinto come un cavaliere senza macchia e senza paura. Anche stavolta i media di regime ce la mettono tutta per fare il gioco dei partiti, con il sapiente dosaggio di mezze verità e mezze bugie e il dizionario doppiopesista delle grandi occasioni. Leninismo . La regola base della democrazia è che si decide a maggioranza e chi perde si adegua o esce (salvo poche questioni che interpellano la coscienza individuale). Così ha fatto M5S sui presidenti delle Camere, decidendo a maggioranza per la scheda bianca. Ma, siccome non piace al Pd, la minoranza diventa democratica e la maggioranza antidemocratica. “Leninista”, dice Bersani, senza spiegare con quale metodo democratico è passato in 48 ore dall’offerta delle due Camere a Monti e M5S, al duo Franceschini-Finocchiaro, al duo Boldrini- Grasso. Dissenso . Da che mondo è mondo il parlamentare che approfitta del segreto dell’urna per impallinare il suo partito è un “franco tiratore”. Ma, se è di M5S, la sua è una sana manifestazione di dissenso contro la pretesa di Grillo di telecomandarlo. Indipendenza . Per vent’anni, se uno passava da destra a sinistra era un “ribaltonista”, mentre se passava da sinistra a destra era un “responsabile”. Ora, se un grillino porta acqua al Pd è un bravo ragazzo fiero della sua indipendenza; se resta fedele al suo movimento e ai suoi elettori, è un servo del dittatore Grillo. Scouting. Quando B. avvicinava uno a uno gli oppositori per portarli con sé, era “mercato delle vacche”, “compravendita”, “voto di scambio”. Se Bersani sguinzaglia gli sherpa ad avvicinare i grillini uno a uno, è “scouting” e odora di lavanda. Epurazione . Se Pd, Pdl, Udc, Lega espellono un dirigente che ha violato le regole, è legalità. Se lo fa M5S, è “epurazione”. Rivolta. Ci avevano raccontato che Adolf Grillo e Hermann Casaleggio lavano il cervello al popolo del web e censurano sul blog i commenti critici (un po’ incompatibili col lavaggio del cervello). Ora scopriamo che c’è la “rivolta del web” pro-dissenzienti. Ma anche, dal sondaggio di Mannheimer sul Corriere , che il 70% degli elettori M5S è contro l’inciucio col Pd. Gentili tromboni, potreste gentilmente mettervi d’accordo con voi stessi e poi farci sapere come stanno le cose, possibilmente chiamandole col loro nome?

    Da Il Fatto Quotidiano del 19/03/2013.

  • Di (---.---.---.135) 20 marzo 2013 07:59

    Il fatto che il PD/SEL abbia preso tutto (le due presidenze dei rami parlamentarie) non può essere considerato scelta obbligata e positiva.


    Al di là dei prescelti (il curriculum non è mai una garanzia, basta osservare la scarsa laicità osservata da Boldrini nei suoi primi discorsi e interviste) nella democrazia parlamentare italiana valeva la regola dell’affidare la presidenza di una delle camere alle minoranze.

    Ora la discussione per il colle sarà più difficile, mentre era decisamente più opportuno lavorare su queste due presidenze in altra ottica.

    daniele

  • Di Carlo Santi (---.---.---.16) 20 marzo 2013 10:45
    Carlo Santi

    @Daniele, giusta osservazione, però, va ricordato che la precedente legislatura ha visto Presidente della Camera Fini e al Senato Schifani, entrambi PDL. La scelta di "prendere tutto" è inevitabile se non trovi l’accordo. Chi, con una maggioranza inesistente, si mette a "regalare" a destra e a manca? Nessuno lo farebbe, a meno che non contasse su una maggioranza assoluta e tranquilla, cosa che non succede dai tempi della DC e del PCI, altra epoca dove la politica era forse meglio di quella attuale.

    Con stima
    Carlo

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