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Politica: cercasi rappresentanti

Nella Prima Repubblica, gli operai o anche dei semplici cittadini organizzati, ad ogni problema che mettesse in difficoltà il loro posto di lavoro o questioni sociali, dopo il passaggio obbligato attraverso le assemblee sindacali, si attivavano, ognuno con il proprio rappresentante politico.

Ogni componente sindacale, aveva il suo parlamentare di riferimento. Un politico che era stato eletto nel territorio e a questi rispondeva. Nell’epoca in cui non esistevano ancora i cellulari, si aveva il telefono di casa oppure questi veniva rintracciato attraverso le sedi locali dei partiti.

Già all’epoca si cominciava a notare la deriva della politica, parliamo del Veneto bianco e della provincia di Venezia, dove il partito socialista era rappresentato da De Michelis. Nonostante questo ci si sentiva, nel bene e nel male, rappresentati dai politici che avevamo contribuito ad eleggere.

Certo che molte volte, i politici, erano gli sponsor per qualsiasi favore: dal posto di lavoro, alla concessione edilizia e cosi via. Quando si trattava di richiedere un posto di lavoro (in Veneto si ricorreva spesso anche alla Chiesa) si trattava di un posto di lavoro “vero”, un posto da metalmeccanico in una grande azienda e non qualche poltrona in consigli di amministrazione o ufficio pubblico.

Poi ci fu tangentopoli: i partiti si frantumarono, addirittura il Partito Socialista scomparve insieme al suo glorioso simbolo. Iniziò il piu’ grande inciucio della storia. La Democrazia Cristiana (la sua componente di sinistra ) dopo varie formazioni, passò insieme al partito di Togliatti e Berlinguer, cosa che fino a pochi giorni prima sembrava una bestemmia per tutti e due le fazioni.

È vero che, parte del vecchio Pci, allora PDS, si trasformò in Rifondazione Comunista, ma la cosa incredibile era trovare Rosy Bindi seduta insieme con D’Alema, Berlinguer (Luigi) e Diliberto dei Comunisti Italiani al Governo.

In seguito alla riforma elettorale Legge Mattarella, la rappresentanza territoriale venne completamente spazzata: parlamentari della Sicilia, vennero eletti in Veneto, quelli del Veneto in Sardegna. Aggiungiamo a questo che il voto di preferenza dato a un partito il quale una volta eletto si coalizza con un altro partito con cui condivideva solo la spartizione del potere e nient’altro.

Per arrivare ai giorni nostri: chi rappresentano Renzi, Letta e Alfano? Renzi detta legge, addirittura vuol modificare articoli fondamentali della Costituzione forte dei voti raccolti con le primarie del suo partito. Ma quanti voti sono e in proporzione al corpo elettorale nazionale, qual è la percentuale? Alfano già prima rappresentava uno sparuto gruppo di politici (non cittadini) ora che ha dato vita ad una nuova formazione, su quanti voti potrà contare alle prossime elezioni? Anche uno dei movimenti più legati al territorio, come la Lega, alle prossime elezioni, tra l’altro invocate, quanti voti riuscirà a guadagnare?

Il Movimento Cinque Stelle, in proporzione, è quello che più rappresenta gli italiani, ma la formazione dei loro parlamentari, ma anche della base è cosi eterogenea, che su questioni serie, ma soprattutto su linee di governo e politiche economiche e di sviluppo, difficilmente troveranno una intesa comune.

Quello che sembrava un movimento popolare, i forconi, dopo pochi giorni si è frantumato tra la scelta della strategia comune e la pietra tombale, secondo me, messa da Brunetta che intervenuto a Servizio Pubblico, ha chiesto a Ferro, leader siciliano del Movimento, come mai non era stato eletto visto che si era candidato alle scorse elezioni nazionali.

Cosa dire della sinistra? Non certo può essere rappresentata da “il nuovo” Renzi, che per storia e per proposte non si lega ai pilastri dei valori del socialismo, quali uguaglianza sociale e diritto al lavoro.
Se per carica lo si deve paragonare a Berlinguer, pensiamo che quest’ultimo avrebbe incontrato un pregiudicato in via definitiva?

Questi assemblamenti incestuosi e la politica autoreferenziale si incagliano non nei problemi contigenti, ma negli interessi delle lobbies tenendo la politica bloccata prima ai problemi giudiziari di Berlusconi, ora nella questione Imu (197 modifiche in pochi mesi). Per ottemperare alla promessa elettorale del PDL si sono cercate coperture finanziarie sottraendole a tutto tranne che agli sprechi.

Il nuovo che avanza, qualcuno ha detto il nuovo che è avanzato, non rappresenta più nessuno tranne la loro stretta cerchia di amici o consiglieri. Se vogliamo fare un esempio dello stesso territorio possiamo considerare il parterre elettorale di De Mita, successivamente di Mastella e ora del Ministro De Girolamo.

Sicuramente una grande maggioranza di voti di scambio ma nel numero sempre più assottigliato fino a restringersi ad un numero pari ad un ventesimo dell’ex segretario della DC. Allora a nome di chi parlano e legiferano questi nuovi parlamentari? Perso il contatto con il territorio, attorniati da decine di assistenti, solitamente parenti o ex fidanzati/e chi rappresentano i nuovi parlamentari? Dove affondano le radici politiche e morali? Lungi da me il rievocare la vecchia DC, ma almeno a loro potevi recriminare il distogliersi dai valori cristiani o dai 10 comandamenti. Ma cosa recriminare a Renzi, a Letta ad Alfano?

C’era la preoccupazione di non morire democristiani, poi Berlusconiani. Ma se dovessi morire oggi, morirei...boh.

 

Foto: Maurizio Lupi/Flickr

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.243) 23 gennaio 2014 13:10

    Quattro conti >
    In democrazia il sistema elettorale è lo strumento base che, mediante una “rappresentanza” politica, serve a dare volto e voce alla volontà popolare.
    Nel censurare il “porcellum” la Consulta ha rilevato che il premio di maggioranza può distorcere un “corretto” rapporto tra voti espressi ed attribuzione dei seggi.

    Il modello battezzato “italicum” rischia di esasperare tale disfunzione.
    Infatti nel caso che nessuna coalizione raggiunga il 35% dei voti espressi si ricorrerà al ballottaggio (2° turno) tra le prime due arrivate ed al vincente verrà attribuito il 53% dei seggi.
    Nel merito.
    Per semplificare il calcolo immaginiamo che 100 siano i seggi in palio e che gli elettori siano 10 milioni.
    Poniamo che, dal 1° turno, emergano 4 coalizioni con il 27, il 24, il 19 ed il 16% di voti raccolti. Insieme rappresentano 8,6 milioni di votanti.
    Mettiamo che, anche per il diverso mix di partecipanti, al ballottaggio vinca la seconda coalizione (24%). Le verranno attribuiti altri 29 (53-24) seggi.

    In concreto. Dal 2° turno viene esclusa fino a metà della “offerta” politica (partiti) che ha superato la soglia di sbarramento e la relativa “rappresentanza” eletta risulta “compressa” del 40% a vantaggio del primo arrivato.
    Ergo.
    La rappresentanza scelta da 7,5 milioni di elettori (1° turno) sarà costituita da soli 47 eletti. Per contro, una quota nettamente minoritaria del corpo elettorale potrà “indirizzare” per un lustro la vita dell’intero paese.

    Appendice.
    Non si tratta di selezionare un candidato Premier, ma di comporre la “rappresentanza” del corpo elettorale. E’ risaputo che il maggioritario, orientato al bipolarismo, presenta la natura e il carattere di sistema elettorale “democratico” solo se 2 forze politiche raccolgono oltre l’80% dei consensi con ciò rappresentando la stragrande maggioranza degli elettori.

    Altrimenti, come provano i numeri, neppure il ricorso al ballottaggio può “giustificare” (sanare) una evidente “sproporzione” tra l’originario responso delle urne e la composizione finale della “rappresentanza” eletta.
    Sarebbe “manipolare” il significato ed il valore di Parola e Merito

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