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Cellulari e cancro: il rapporto dell’ISS è inadeguato?

Un dossier con articoli tratti da Medicina democratica, Comune-Info e il rapporto Isde

“L’Istituto Superiore di Sanità ha recentemente pubblicato un rapporto (http://old.iss.it/binary/publ/cont/19_11_web.pdf) nel quale si ritiene che “l’uso comune del cellulare non sia associato all’incremento del rischio di alcun tipo di tumore cerebrale” e che “nell’insieme gli studi sperimentali su animali non mostrano evidenza di effetti cancerogeni dell’esposizione a RF, né effetti di promozione della cancerogenesi dovuta ad altri agenti chimici o fisici”.

5G: promessa e minaccia. Una nota di Isde

di Medicina democratica

Rilanciamo la nota di ISDE sul tema dell’elettrosmog https://www.isde.it/15448-2/ (d’attualità per la estensione della rete 5G). Ricordiamo le spinte, legate proprio alla realizzazione della rete 5G, per l’innalzamento dei limiti di esposizione (in particolare per il campo magnetico) in corso.

Il rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità sui rapporti tra esposizione a radiofrequenze e cancro è inadeguato a garantire al meglio la salute pubblica

Il recente rapporto “ISTISAN 19/11” (“Radiazioni a radiofrequenze e tumori: sintesi delle evidenze scientifiche”, 19_11_web conclude che “l’uso comune del cellulare non sia associato all’incremento del rischio di alcun tipo di tumore cerebrale”, pur attribuendo “un certo grado d’incertezza riguardo alle conseguenze di un uso molto intenso… agli effetti a lungo termine dell’uso del cellulare iniziato da bambini e di un’eventuale maggiore vulnerabilità a questi effetti durante l’infanzia”. Gli Autori del rapporto ritengono che le evidenze disponibili “non giustificano modifiche sostanziali all’impostazione corrente degli standard internazionali di prevenzione dei rischi per la salute”.

In sintesi, il rapporto ISTISAN 19/11:

– Ai fini della tutela della salute pubblica ritiene adeguati e sufficienti gli standard ICNIRP, basati in modo arbitrario sulla sola possibilità di indurre effetti termici acuti e ignorando i risultati di numerosi studi che suggeriscono effetti biologici non-termici successivi a esposizioni croniche anche inferiori ai limiti attuali. Ai fini di proteggere in maniera adeguata e piena la popolazione dovrebbero essere considerate tutte le evidenze scientifiche disponibili sugli effetti delle radiofrequenze e non solo una parte di esse.

– Ignora completamente il documentato rischio di patologie non-oncologiche da esposizione a radiofrequenze e l’ipersensibilità ad esse.

– Nelle conclusioni parla timidamente di incertezze scientifiche ma evita di esplicitare la sostanza di tali incertezze e non propone quale utilizzo farne a fini di prevenzione primaria, data l’affermata maggiore vulnerabilità dei bambini, alla quale sarebbe da aggiungere quella verosimile delle donne in gravidanza, e dei soggetti elettrosensibili.

– Basa le sue conclusioni su un esame della letteratura incompleto degli studi descrittivi dei trend di incidenza dei tumori de sistema nervoso centrale. Nel riferimento ad alcune meta-analisi, ignora il fatto che in esse sono stati inseriti studi “negativi” con limiti dichiarati dagli stessi Autori. Infine, sono sottovalutate le evidenze sperimentali robuste e recenti che hanno confermato in maniera diretta la capacità delle radiofrequenze di promuovere la cancerogenesi anche per esposizioni inferiori a quelle dei limiti ICNIRP.

– Afferma che “le evidenze scientifiche correnti, sebbene non consentano di escludere completamente la possibilità di effetti a lungo termine … non giustificano modifiche sostanziali all’impostazione corrente degli standard internazionali di prevenzione dei rischi per la salute” senza specificare quali indicazioni e quali evidenze giustificherebbero modifiche sostanziali.

– Riconosce come la normativa nazionale sia in questo momento inadeguata a verificare l’esistenza di livelli di esposizione alle frequenze del 5G certamente sicure per la salute pubblica, che lo sviluppo del 5G avverrà “in un futuro non facilmente prevedibile”, che “al momento, non è possibile formulare una previsione sui livelli di campo elettromagnetico ambientale dovuti allo sviluppo delle reti 5G” e che “sarà dunque necessaria una revisione della normativa nazionale”. Tuttavia, non propone alcuna soluzione immediata finalizzata a garantire la piena tutela sanitaria degli esposti né misure di prevenzione primaria. E’ da ricordare che già attualmente l’infrastruttura 5G ha interessato in via “sperimentale” circa 4 milioni di italiani ed è in fase di avanzata implementazione su tutto il territorio nazionale.

Per le motivazioni sinteticamente descritte, si propone il ritiro del documento da parte dell’Istituto Superiore di Sanità e una sua rielaborazione più ampia (non limitata alle sole patologie oncologiche), che:

· utilizzi in maniera completa e adeguata la letteratura scientifica esistente;

· consideri nel dettaglio gli effetti delle esposizioni che deriveranno dall’integrazione dell’infrastruttura 5G con gli attuali sistemi di radiotelefonia e, preliminarmente i rischi potenziali che queste potrebbero comportare alla luce delle evidenze scientifiche già esistenti (Di Ciaula, Int J Hyg Environ Health. 2018;221:367) e dei limiti della normativa vigente. Ai fini della prevenzione primaria e della tutela della salute pubblica non appare giustificabile ignorare o sottovalutare ciò che già sappiamo e declassificare come irrilevante ciò che ancora non sappiamo. Questo potrebbe trasformarsi in un’inaccettabile rilevazione e quantificazione a posteriori di danni altrimenti evitabili;

· rivaluti i limiti oggi utilizzati alla luce delle incertezze emergenti dai risultati degli studi epidemiologici e di quelli sperimentali;

· fornisca indicazioni concrete in termini di prevenzione primaria che tengano soprattutto in considerazione le fasce più vulnerabili della popolazione.

Agostino Di Ciaula – Presidente Comitato Scientifico International Society of Doctors for Environment

Benedetto Terracini – già Professore di Epidemiologia dei Tumori, Università di Torino

 

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Foto:Pixabay

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