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Carrefour: lavoratori a prezzi stracciati. Sciopero nel magazzino di Roma

Non c'é pace per Carrefour, la catena francese di supermercati che da poco è passata agli onori della cronaca per essere la prima in Italia, su scala nazionale, ad avere i suoi negozi aperti 24 ore su 24 con buona pace dei lavoratori che saranno costretti a lavorare anche di notte.
Dopo lo sciopero nazionale dei suoi dipendenti diretti dello scorso 9 maggio a causa della disdetta unilaterale del contratto integrativo, a distanza di meno di due mesi, l'azienda si trova a dover fronteggiare anche le proteste dei dipendenti indiretti che si occupano dello scarico e dello smistamento delle merci.

Carrefour, infatti, pur risultando il leader della grande distribuzione nel nostro continente, capace di registrare nel 2014 un volume di affari globale pari a 40,3 miliardi di euro, mette in atto politiche di abbattimento del costo del lavoro attraverso il sistema del subappalto di alcuni settori strategici della catena di distribuzione.

Per quanto riguarda l'Italia, come già aveva ampiamente mostrato la lotta che da oltre un anno stanno portando avanti i facchini del Sicobas a Pieve Emanuele (MI)Carrefour deroga al sistema cooperativista la gestione del settore logistico così da risparmiare sul costo del lavoro e restare con la faccia pulita nel caso in cui ci siano "problemi" con i lavoratori.

È questo il caso di quanto accaduto nel magazzino Carrefour di Santa Palomba (Roma) dove 30 dei 45 lavoratori dipendenti del consorzio Euro Progea hanno scioperato lo scorso 23 luglio, per ricevere l'accredito dello stipendio (il ritardo nei pagamenti è una costante che aveva già provocato scioperi improvvisi) e chiedere l'apertura di un tavolo in cui discutere delle loro tremende condizioni di lavoro. Turni di 12 ore al giorno (pagati appena 50 euro), svolti all'interno di celle frigorifere, rese più dure dal mal di testa causato dalle cuffie auricolari attraverso le quali vengono impartite le istruzioni sulla collocazione dei pacchi. Di fronte a queste condizioni di lavoro che lentamente distruggono la salute fisica e psicologica dei lavoratori, l'azienda non fornisce nemmeno gli adeguati indumenti e dispositivi di protezione, che i facchini sono costretti a portarsi da casa. Inutile dire che, come in tutti gli altri magazzini della logistica protagonisti delle lotte degli ultimi anni, le buste paga sono totalmente false: malattie non pagate, nessuno scatto di anzianità, ore non conteggiate, mancato pagamento degli assegni familiari. Nonostante le condizioni dello sfruttamento siano per tutti le stesse, dieci lavoratori hanno contratti part-time, altri a tempo determinato rinnovato mese dopo mese, altri in nero.

Sotto un sole cocente lo scorso 23 luglio si è conclusa con il pagamento dei non regolari stipendi e l'apertura di un tavolo tra sindacato e cooperativa fissata per il 4 agosto. I lavoratori, in maniera compatta, nonostante l'insistenza di capo-cella e responsabili, non hanno però sospeso lo sciopero perché "oggi decidono loro" e sembrano determinati ad andare avanti e riprendersi tutto quanto in questi anni di lavoro gli è stato rubato in termini di soldi, salute e tempo di vita.

Di seguito un'intervista ad alcuni lavoratori in sciopero:

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