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Cappellani militari: meno stellette sugli abiti talari, ma pur sempre troppe

Sembrerebbe esserci attualmente in corso una trattativa tra il governo italiano e i vertici della Chiesa cattolica allo scopo di ridimensionare l’organico dei cappellani militari, cioè quella vera e propria diocesi costituita dai sacerdoti che si occupano di erogare assistenza spirituale cattolica ai nostri soldati. Anzi, secondo l’agenzia Agi esisterebbe già una bozza di accordo che prevede la riduzione dalle attuali circa 200 unità a poco più di 150, e che soprattutto abbatterebbe drasticamente il numero dei dirigenti più alti in grado portandoli da 14 ad appena due: il vescovo e il suo vicario, rispettivamente con il grado di generale di corpo d’armata e generale di divisione. Il risparmio complessivo per le casse dello Stato viene stimato in 4,5 milioni l’anno.

Secondo il vicario dell’ordinario militare, Angelo Frigerio, questa operazione quasi dimezzerebbe il costo complessivo di questo apparato stimato in circa 10 milioni. In realtà, ammesso e non concesso che la bozza di accordo non muti ulteriormente e che effettivamente una riduzione di un quarto dei posti (in effetti un po’ di meno) porti al dimezzamento delle spese (in effetti un po’ di più), i 10 milioni di cui parla Frigerio rappresentano il solo costo delle retribuzioni. Come abbiamo documento ne I costi della chiesa, a queste ultime dovrebbero essere aggiunte anche le spese per le pensioni erogate, per il mantenimento delle stesse cappelle all’interno delle caserme e per i corsi di aggiornamento organizzati per gli stessi cappellani. Corsi che peraltro non vengono certo realizzati in economia, checché ne dica lo stesso Ordinariato militare.Sommando tutti questi capitoli di spesa si superano agevol­mente i 20 milioni l’anno.

Guai però a dire che i cappellani sono dei militari. Frigerio tiene a precisare che sì, i cappellani fanno parte delle Forze Armate perché prendono stipendi e pensioni da ufficiali, e come tutti gli altri vanno in pensione molto prima dei normali lavoratori, ma ne farebbero parte «in un modo del tutto particolare» e dunque andrebbero considerati semplicemente degli “assimilati”. È evidente che l’incoerenza tra il rivendicare una natura pacifista e il benedire chi sostanzialmente viene addestrato per missioni belliche crea forte imbarazzo a essi stessi. Del resto il concetto stesso di benedizione del guerriero nasceva in contesti nei quali la guerra non era affatto vista come un male, e che almeno in teoria avremmo lasciato alle nostre spalle (e dire che agli albori del cristianesimo, allora assolutamente minoritario, la guerra era al contrario talmente avversata che i soldati non potevano neanche ricevere il battesimo). Tuttavia lo stesso Santo Marcianò, l’ordinario militare, aveva in precedenza rivendicato fermamente la necessità della qualifica militare per i suoi cappellani.

Non che non crei imbarazzo anche l’assimilazione, questa sì tale, delle risorse pubbliche nelle tasche dei talari dei cappellani, come si è visto anche nell’inchiesta condotta a suo tempo dalla trasmissione televisiva Le Iene sull’argomento, ma si tratta di un tipo di imbarazzo facilmente superabile che non puzza in quanto pecunia. E no, non penso proprio che la volontà di concordare questa sorta di spending review sia stata dettata dalla volontà di mostrare attenzione verso il problema, anche perché esistono cappellanie perfino più controverse come quella istituita nelle sedi provinciali della Polizia di Stato.

Penso piuttosto che il problema sia di ordine pratico e che sia da ricondurre all’endemico calo delle vocazioni; ci sono sempre meno seminaristi e l’incarico di cappellano militare non può essere ricoperto da chi non è ministro del culto. Forse un giorno ci saranno diaconesse in grado di occupare posti lasciati vacanti dai colleghi maschi, che quindi potrebbero essere più facilmente destinati alle caserme, ma al momento questa ipotesi sembra parecchio lontana e non è affatto detto che vi si arriverà mai. Nell’immediato i preti sono sempre di meno e le chiese ven­gono chiuse, naturale che anche le cappel­lanìe ne risentano sebbene la diminuzione in questo caso venga presentata come intenzionale parlando di “selezione più attenta”. Aggiungiamo anche che gli stessi militari sono diminuiti ed ecco che il quadro assume connotati chiari.

Sta di fatto che non può esserci ridimensionamento della spesa che tenga quando si tratta di cappellanie cattoliche; andrebbero eliminate del tutto, non foss’altro per il fatto che sono appunto solo cattoliche. Si tratta di uno dei tanti vulnus della malata laicità vaticaliana che pone la confessione cattolica al di sopra di tutte le altre concezioni del mondo. Qualunque persona appartenente ad altre confessioni non può contare, peraltro giustamente, a un’assistenza spirituale, solo ai cattolici viene concesso questo privilegio e le spese vengono poste a carico di tutti, ivi compresi i non religiosi. E pensare che secondo un’espressione comune saremmo tutti figli di Dio.

Massimo Maiurana

Questo articolo è stato pubblicato qui

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