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Capitalismo predatore. Come gli USA fermarono i progetti di Mattei e Olivetti e normalizzarono l’Italia

Ci vuole una grande lucidità, una buona dose di coraggio e una invidiabile capacità di guardare le cose nel loro insieme, per scrivere un libro come Capitalismo predatore. Come gli USA fermarono i progetti di Mattei e Olivetti e normalizzarono l’Italia (appena edito da Castelvecchi), la cui ambizione i due autori - Bruno Amoroso e Nico Perrone - evidenziano fin dal sottotitolo: ricostruire l’influenza degli USA sulla storia economica d’Italia dello scorso mezzo secolo.

Influenza evidentemente nefasta, perché l’obiettivo statunitense andava al di là del mero protrarre o ampliare la dipendenza italiana dagli “zii d’America”; ben presto ci si rese conto, Oltreoceano, che l’Italia non stava semplicemente sviluppando le proprie forze per rialzarsi economicamente da sola, ma stava facendo qualcosa di molto più pericoloso e rivoluzionario: stava dando vita a un nuovo modello sociale accompagnato da una mentalità industriale che ha a cuore l’autonomia dai potentati energetici e finanziari internazionali.

Il primo modello era quello di Adriano Olivetti: un’azienda che ha a cuore la propria responsabilità sociale, a cominciare dal benessere dei suoi stessi lavoratori e che sa guardare al futuro (l’elettronica dei calcolatori, allora nascente) senza autocensure o complessi d’inferiorità. Il secondo era quello di Enrico Mattei, basato sull’idea che i Paesi proprietari delle risorse (soprattutto energetiche) dovessero ricavare dalla vendita del bene la maggior parte del valore, piuttosto che le briciole. Due grandi protagonisti dell’economia italiana del Dopoguerra accomunati dall’ideale di salire sulla vetta della ricchezza tutti insieme, non pochi sulle spalle di molti; i cui progetti si basavano sulla cooperazione molto più che sulla competizione. Una mentalità cui il “capitalismo predatore” di stampo anglosassone guardava con timore e tremore, tanto da determinarsi ad uccidere - è una delle tesi esposte nel libro - lo stesso Mattei nell’attentato aereo del 1962. Con un notevole lavoro d’archivio e una ricostruzione storica e aneddotica puntuale e mai pedante, Amoroso e Perrone riconducono a questa “influenza esterna” buona parte dell’attuale crisi economica dell’Italia. Un’Italia al buio non solo per i tanti propri demeriti, come spesso si sottolinea; ma anche perché la luce, qualche volta, gliel’hanno spenta apposta.

Bruno Amoroso, Nico Perrone, Capitalismo predatore. Come gli USA fermarono i progetti di Mattei e Olivetti e normalizzarono l’Italia, ed. Castelvecchi, 2014, pp. 95, euro 14,50.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Persio Flacco (---.---.---.140) 22 marzo 2014 22:17

    L’ho appena acquistato, grazie della segnalazione.

    Naturalmente non so ancora in che modo venga trattato nel libro l’argomento: i casi Olivetti e Mattei sono ben noti ed emblematici di un più generale rapporto tra l’Italia, nominalmente uno Stato Sovrano, e gli USA, che oggi rappresentano la leadership finanziaria e politica del capitalismo di marca anglosassone.

    Oggi il tema è di estrema attualità a causa della vicenda della crisi ucraina, che ha allargato di molto il raggio dei soggetti asserviti alle strategie di dominio del mondo anglosassone. 

    Ciò che ha rivelato con grande evidenza questa crisi è che non solo l’Italia è asservita: lo è l’intera Europa. Perfino la Germania lo è, totalmente.

    Infatti, benché abbia dato in passato segni di una certa indipendenza col puntare i piedi nei confronti delle avventure neocoloniali travestite da intervento umanitario promosse dagli USA, in questo caso qualcosa ha obbligato la sua classe politica a seguire pedissequamente, e contro i suoi interessi nazionali, le direttive di Washington.

    Tutta l’Unione Europea sta seguendo le direttive di Washington, tutto il suo sistema mediatico e tutta la sua classe politica, senza eccezione.

    Questo va molto al di là dei casi Mattei e Olivetti e del caso italiano, e meriterebbe una analisi approfondità sulle modalità con le quali si esercita l’enorme potere di ingerenza degli Stati Uniti sull’Europa.

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