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Calcio: le migliori difese della Serie A. Primo: non prenderle!

Senza la “BBC” la Juventus si sintonizza sul canale dell'orrore. La biasimevole partita contro il Parma (in cui non sono serviti i due gol di C. Ronaldo) è l'ennesima riprova che nel calcio se si vogliono ottenere risultati eminenti, è necessario schierare una difesa decente.

 

Il clamoroso passo falso interno in cui è incappata sabato notte la capolista Juventus, appiedata dal Parma 3-3 (nonostante C. Ronaldo abbia siglato una doppietta), pone una volta di più un poderoso accento sull'inestimabile importanza che nel calcio riveste il reparto arretrato, che sarà meno appariscente e seducente in rapporto al compartimento offensivo, ma che in confronto ad esso esplica una funzione molto più determinante di quanto si potrebbe desumere, da cui non si può assolutamente prescindere, specie se, come nel caso di Madama, si contemplano obiettivi sibaritici.

La disdetta a cui la Juve è andata incontro in questo turno di A è a dir poco emblematica. Ovvero, è la dimostrazione che puoi avere in squadra il più forte bomber d'Europa, la personificazione del gol, il fiuto della rete in ogni declinazione, eppure il suo apporto alla causa può rivelarsi pressoché infecondo se lì dietro non dimora un'adeguata copertura che ripari dalle “intemperie” avversarie. Senza la presenza della cosiddetta BBC - acronimo annesso ai tre “dottori di Harvard” (copyright J. Mourinho) Barzagli, Bonucci e Chiellini, tutti ai box per infortuni vari -, a cui è legata in maniera indissolubile la recente epopea zebrata, l'armata facente capo ad Allegri è apparsa di colpo irriconoscibile, distante chilometri dalla corazzata che fu. Espropriata (dal fato) della propria contraerea - sostituita in maniera indecorosa da Caceres e Rugani - l'equipe piemontese s'è ritrovata disorientata come non mai, palesando una vulnerabilità difensiva talmente marcata da rendere vani gli sforzi profusi dal bomber lusitano e compagnia bella. Insomma, se una squadra è mutilata in avanti può anche darsi che nel corso del match riesca prima o poi (avvalendosi magari di un caso fortuito) a gonfiare la rete altrui, ma se un team è sguarnito nel reparto retrostante (o a centrocampo) rischia di rimediare un'imbarcata rovinosa, vanificando il lavoro del resto dei giocatori.

Tradotto significa che, a prescindere dalle doti individuali - che nel caso di CR7 sono sconfinate ed assai superiori al resto della brigata - un meno sfarzoso G. Chiellini ricopre in campo una collocazione decisamente più nodale rispetto a chi presidia la trequarti avversaria. Non a caso la storia del calcio italiano è fitta di esempi situati su tale congettura. Potremmo citare la Juventus degli anni Trenta, quella del quinquennio. Essa, sebbene fosse dotata di una formidabile batteria d'assalto di primissimo livello (basti citare G. Ferrari, M. Orsi e F. Borel), basò principalmente le proprie fortune sulle colonne portanti composte dal portierone G. Combi e dai terzini V. Rosetta ed U. Caligaris, per un trio leggendario che nel '34 sarebbe riuscito a vincere il Mondiale con la Nazionale trainata da V. Pozzo.

Ma potremmo continuare a spulciare tanti altri campionati: in primis nel Dopoguerra fecero scuola due casi eclatanti: il primo fu quello del Cagliari 1969-'70 che, quantunque avesse in squadra un top player come Gigi Riva, si adornò del Titolo siglando soltanto 42 reti e subendone, pensate, 11, sì, proprio così, 11, per una difesa a tenuta stagna che non avrebbe più avuto emulazioni nella storia della nostra Serie A. Vi sarebbe andato vicino soltanto il Milan del celeberrimo trio P. Maldini, F. Baresi ed A. Costacurta (per certi versi capaci persino di offuscare la fama di M. Van Basten e R. Gullit), che nel 1994 si fregiò del Titolo siglando 36 reti (una in più dell'Atalanta, penultima), incassandone appena 15, per un campionato che, limitatamente agli ultimi decenni, possiamo ergere ad allegoria del calcio. Per la serie: “Primo non prenderle”.

 

Alberto SIGONA

4 febbraio 2019

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