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Caine/Gershwin, “Rhapsody in Blue”

(Winter&Winter)

Dopo le personali, interessanti rivisitazioni di autori classici quali Gustav Mahler (nel 1997 e 1999), Richard Wagner (1997), J.S.Bach (2000), Ludwig van Beethoven (2002), W.A.Mozart (2006), Giuseppe Verdi (2003 e 2008), Antonio Vivaldi (2011), Uri Caine adatta e arrangia con il consueto rispetto, dopo aver studiato e meditato a lungo, una parte del repertorio di George Gershwin (1898-1937), ritenuto da molti innamorati della musica Jazz “l’uomo che ha frainteso e tradito il Jazz”, come scrisse Arrigo Polillo nel suo testo fondamentale “Jazz. La vicenda e i protagonisti della musica afro-americana”.

Il curatore della più bella, indimenticabile, anno dopo anno rimpianta edizione della Biennale Musica dei tempi moderni (Venezia, 2003), interpreta in maniera giocosa “Rhapsody in Blue”, una composizione che, ascoltata troppo spesso, utilizzata anche come colonna sonora (“Manhattan”, Woody Allen) o nella pubblicità di prodotti commerciali, provoca ormai, un moto di rigetto. Insopportabile risulta sopra tutto il finale romantico, quasi una montagna di miele cosparsa nelle orecchie di un indifeso ascoltatore. In 22 minuti la Rapsodia targata Caine, è frammentata in numerose, differenti situazioni, che si susseguono una dopo l’altra senza un attimo di pausa. Si passa dallo swing, a semplici ritmi pop degli anni ’60, a momenti di piano solo sincopati o romantici, a volte spiazzanti. Caine si appropria delle diverse frasi, ci improvvisa sopra e colora l’intera composizione, coadiuvato da un ottimo quintetto di musicisti, tre dei quali parteciparono, nella Biennale 2003, alla prima esecuzione di “ The Othello Syndrome”: Ralph Alessi (Tromba), Chris Speed (clarinetto e sax tenore), Joyce Hammann (violino). Il tema principale viene eseguito dall’ensemble al completo in maniera languida, finchè rimane il solo Caine a sussurrarlo in modo dolce, mai mieloso, perché ad un certo punto il fraseggio si fa prepotente, spostandosi verso un ritmo ‘Funky-Klezmer’, in cui si ritagliano un assolo sia il clarinetto che la tromba, ben stimolati dagli eccellenti Mark Helias al contrabbasso e dal fantasioso Jim Black alla batteria. Il finale è annunciato quasi da una serie di tuoni in lontananza, il cui brontolìo si interrompe per dar spazio ad un 4/4 veloce che prelude al tema, sottolineato da accentazioni e brevi commenti free.

A seguire, Caine propone 8 brani di media o breve durata, 5 dei quali cantati o vocalizzati da Theo Blackmann, voce nasale con accentuata pronuncia americana e melodicità, e da Barbara Walker, voce graffiante, negra. Theo interpreta da solo “But not for me”, secondo lo sviluppo di un canone classico, “I’ve got a crush on you”, Barbara “Slap that bass” accompagnata dal solo contrabbasso, mentre insieme li si ascolta in “Let’s call the whole thing off”, e con una vibrante serie di vocalismi in “They can’t take that away from me”. Tra i brani strumentali, entusiasma la resa di “I got Rhythm”, che, come si suol dire nel linguaggio jazzistico, ha un tiro formidabile.

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