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Buona Pasqua Sodato Ryan

Soldato Ryan,

scusami se ti chiamo così, ma non conosco il tuo nome ed ho pensato di dartene uno, uno di quelli diventato famoso in quell’altro mattatoio della storia chiamato Normandia.

Forse hai perso il conto, ma sono anni che sei lì, anche se qualcuno ti aveva assicurato che sarebbe stata una guerra lampo. Quante volte a bordo del tuo gigantesco “Tank”, sferragliando in quel truce teatro di distruzione e di morte, ti sono tornate in mente le tue verdi e sconfinate praterie o quelle squallide, complici periferie dove sei cresciuto. Quante volte hai ripensato al giorno in cui hai accettato di arruolarti, ammaliato dal mito della “lotta al terrorismo internazionale”, della nobile missione di “esportare la democrazia”, mentre in cuor tuo forse pensavi solo a quel mucchio di dollari che nel tuo paese mai avresti messo insieme in tempi così brevi.

Ora sei lì, da anni interminabili, impantanato in una lurida guerra senza fine, perennemente in allerta, con il dito sul grilletto in ogni ora del giorno e della notte e pochi secondi per pensare se premerlo o no. Se sbagli la decisione, puoi vivere, se no puoi anche guadagnarti una medaglia al valore, quella che i tuoi capi chiamano la “Purple Heart”. Se va male torni a casa avvolto in una bandiera, come è già successo al tuo amico Walter, John, Vanessa, Genevieve, Michael e mille e mille più altri ancora.

Ed è così che spari a qualunque cosa si muova, spari a qualunque cosa tu pensi possa esploderti addosso. Ti hanno detto di farlo, ti hanno detto che è un tuo diritto sparare ogni volta che ti senti minacciato, ogni volta che senti la tua vita in pericolo. Le “regole d’ingaggio”, le chiamano.

E tu spari, e chissà quanti altri uomini sono morti e quanti ne moriranno, quante altre donne, quanti bambini innocenti piangeranno i loro cari, spesso colpevoli solo di essere nati in quella terra dove vissero i Sumeri, tra il Tigri e l’Eufrate, sede mille e mille anni fa della prima culla della civiltà.

Così avete sparato anche quella sera, ricordi sì, la sera del 4 marzo 2005. Eravate lì da ore, l’occhio nel mirino, il dito sul grilletto, come sempre, in quel chek-point sulla maledetta strada dell’aeroporto.



Avete sentito da lontano il rumore di un auto, l’avete sentita avvicinarsi, avete seguito i fari nel buio della sera. Veniva verso di voi. Questi mi fanno saltare in aria, avete pensato. Avete avuto paura, vi siete irrigiditi e avete sparato, sparato, sparato, finchè non avete visto l’auto fermarsi. Pochi secondi e nel silenzio di morte che è calato tra voi e loro vi è venuto il dubbio che potevate aver sbagliato.

Ed avevate sbagliato, soldato Ryan, perchè avevate ucciso un innocente, un italiano per bene e ferito chi era con lui,tutti colpevoli solo di voler scappare al più presto da quell’inferno. Prima o poi qualcuno ci dirà perchè è successo e in un processo senza colpevoli riconfermeranno che è stato un “cortocircuito informativo” tra noi e voi, ma la cosa non cambia.

E’ la guerra, la tua sporca guerra, soldato Ryan. Roseann Lynch, portavoce del Pentagono, ha affermato che la guerra in Iraq costa 4,5 miliardi di dollari al mese. Sono tanti, sai, sono tanti 4,5 miliardi di dollari al mese, 150milioni di dollari al giorno, 250.000 dollari al minuto, più di 4000 dollari al secondo. Il tuo stipendio ogni due secondi. Quello mensile di quattro italiani fortunati, ogni secondo.

Una montagna di dollari che si aggiunge alla montagna di euro degli “alleati”, soldi destinati alla morte e sottratti alla vita.

Ora ti lascio, Ryan, qui da noi è Pasqua. Sono giorni di pace ma anche giorni di lutto per una natura matrigna che ha colpito al cuore gli italiani.

Per te sarà un’altra Pasqua di guerra. Forse in queste ore sei di pattuglia, forse ti muovi “a grappolo”, “a copertura totale”, come si dice, e non sai se arrivi vivo fino a stasera. Però almeno oggi non sparare, soldato Ryan. Lo so,capisco il tuo dramma, dipende dalla fortuna. E allora buona fortuna, Ryan, e buona Pasqua anche a te.


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