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Boom di decessi in tempi di crisi. Italia 2015

Nel 2015 boom di morti in Italia: 653000. Mai un numero così alto, nemmeno in tempo di guerra. Perché?

Secondo dati diffusi dall’Istat in un comunicato stampa il 19 febbraio, nel 2015 c’è stato un aumento considerevole di decessi rispetto al 2014: 653000 a fronte di poco più di 598000. Il tasso di mortalità si attesta, quindi, al 10,7 per 1000 rispetto al 9,8 del 2014, con un aumento superiore al 9 per cento. Il demografo Gian Carlo Blangiardo lo ha definito un evento straordinario che, per la sua gravità “richiama alla memoria l’aumento della mortalità nei Paesi dell’Est Europa nel passaggio dal comunismo all’economia di mercato”.

Quali le cause?

Secondo studi pubblicati da Epidemiologia & Prevenzione, rivista dell’Associazione italiana di epidemiologia (consultabili al link), nei primi tre mesi del 2015 si è avuto un aumento consistente di morti correlabile all’epidemia influenzale particolarmente virulenta e, nel periodo estivo, un altro dovuto all’ondata di caldo (specie nel mese di luglio). Altri studi hanno evidenziato cause meno congiunturali, quali la composizione per età della popolazione italiana. La sempre maggiore incidenza numerica dei soggetti anziani a rischio in una popolazione già fortemente invecchiata, com’è quella italiana, necessariamente fa e farà, nel futuro prossimo, aumentare i tassi di mortalità e, quindi, il numero complessivo dei decessi.

Tuttavia, nei termini in cui si è verificato, il fenomeno presenta un lato oscuro che sfugge alle spiegazioni dei demografi. Esso attiene al degrado della nostra sanità pubblica e ai tagli lineari che possono essere etichettati come il costo della crisi. Una crisi che si riversa sulle spalle fragili di malati ed anziani costretti ad aspettare i tempi della burocrazia, a dover fare i conti con logiche di risparmio, che impongono degenze sempre più ridotte. Anche la pietà verso i malati deve, insomma, fare i conti con il rapporto costo-beneficio e con turni di lavoro sempre più serrati del personale sanitario, sul quale ricade quasi in toto l’eventuale responsabilità civile e penale dei disservizi.

L’Italia è un Paese di anziani. Gli ultrasessantacinquenni sono 13,4 milioni, il 22 per cento del totale. Ma è un Paese che non sa custodire i propri vecchi, che finiscono per scontare la tristezza di una crisi che toglie la compassione insieme alla speranza. Un ordinario cinismo e, a volte, un’ordinaria crudeltà si consumano nelle corsie di ospedale o nelle sale di attese delle Aziende sanitarie. I turni di attesa per un esame specialistico nelle ASL sono spropositati, le code si allungano a coprire, a volte, l’arco di un anno.

Il controllo della spesa sanitaria può, quindi, avere ricadute pesanti che vanno ben al di là di una giusta lotta agli sprechi. “Il problema – ha scritto Massimo Introvigne - è anzitutto culturale. Di fronte ai tagli, si tende senza mai dirlo a concentrare quei pochi fondi che restano alla sanità e all’assistenza pubblica sui giovani, «scartando» gli anziani non più produttivi e i malati terminali”. Un dato in controtendenza rispetto agli ultimi 70 anni, sempre diffuso dall’Istat nel comunicato del 19 febbraio, rileva la diminuzione della speranza di vita alla nascita. Per gli uomini si attesta a 80,1 anni (da 80,3 del 2014), per le donne a 84,7 anni (da 85).

Il fatto è che nella nostra società sempre più distratta e disamorata non ci si prende cura degli anziani e non ci si dà pena per loro. Accade così che i soggetti più deboli: malati cronici, malati terminali, anziani soli, soggetti con ridotta capacità di difesa dell’organismo, poveri che scontano la congiuntura negativa con una peggiorata alimentazione, risultino i più esposti. La si potrebbe definire eutanasia nascosta, secondo un’espressione usata da Papa Francesco (discorso ai giovani argentini durante la GMG di Rio, in Brasile, 25 luglio 2013).

Né hanno minor peso i decessi collegati a fattori di inquinamento e dissesto ambientale in alcune aree particolari, come la terra dei fuochi, dove l’aumento dei decessi per patologie oncologiche è stato certificato da uno studio condotto dall’Istituto Pascale di Napoli (vedi Napoli Today 31 marzo 2014).

Sono questi i danni collaterali di una crisi che, come le bombe intelligenti, fa morti anche fra la popolazione civile.

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