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Bimbo boia sul Tg3, ancora una volta Agcom sconfessa il Comitato Media e Minori.

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Sconcertante archiviazione da parte dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Delibera n. 209/15/CSP), di una Risoluzione del Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione media e minori, riguardante un video trasmesso nel corso dell’edizione di maggior ascolto del “Tg3” del 13 gennaio 2015, in cui erano mostrate immagini di un bambino di una decina di anni che uccide - o almeno sembra uccidere - due prigionieri russi, incoraggiato da un soldato (adulto) in tuta mimetica.
La decisione Agcom, adottata il 18 novembre 2015 e pubblicata circa un mese dopo sul sito dell’Autorità, manda assolta la Rai in quanto il telegiornale avrebbe preso tutte le precauzioni del caso.
Queste, infatti, le motivazioni principali della delibera Agcom: “nel servizio analizzato non si rileva né un’attenzione morbosa a particolari e dettagli, né una condensazione di stimoli idonea ad enfatizzare il potenziale eccitativo della scena. La notizia è esposta con sobrietà attraverso una esposizione obiettiva, sintetica e rispettosa degli spettatori in ascolto. I tagli e il lavoro di post-produzione cui è stato sottoposto il filmato rendono il messaggio poco intellegibile ai minori più piccoli anche perché, tenuto conto della brevità delle sequenze mandate in onda, appaiono stemperati i nessi logici causa-effetto che, in questo specifico caso, riducono la tonalità emotiva delle immagini. Il servizio, inoltre, ha chiare finalità di denuncia del fenomeno, allarmante e in continua crescita, rappresentato dall’“arruolamento” di minori nell’organizzazione ISIS, nell’ambito della quale sono costretti a compiere reati e crimini di particolare gravità. Si rileva, pertanto, un rilevante interesse pubblico alla conoscenza del fatto oggetto di notizia. In questo senso, l’esigenza di mostrare, se pur per pochi secondi, l’espressione non verbale dell’omicida, connotata da apparente serenità e cinico distacco e in forte contrapposizione con la drammaticità dell’azione posta in essere, appare giustificata dalle finalità di denuncia del servizio che, nell’oggettivo interesse del minore coinvolto, mostra il grado di manipolazione e coercizione psicologica cui lo stesso è sottoposto dai suoi carnefici.”
 
Probabilmente i genitori ed i bambini raccolti attorno al desco familiare, alle 19,20 di quel giorno, devono aver avuto tutt’altra impressione.
Ma non basta. Nella decisione Agcom si afferma testualmente che “il giornalista, peraltro, in ottemperanza a quanto previsto dal paragrafo 2.3. del Codice di autoregolamentazione media e minori, ha preavvisato i telespettatori circa le criticità del video, consentendo al telespettatore adulto di esercitare la funzione educativa e di sostegno nei confronti del minore in ascolto”.
 
E’ questa una giustificazione che non appare assolutamente aderente alla realtà. Infatti, il corrispondente-narratore non fa alcun accenno alla criticità del video, che appare improvvisamente al telespettatore dopo ben un minuto e mezzo dall’apertura del servizio. Mentre la giornalista in studio, anzichè avvertire il telespettatore della criticità delle immagini che verranno mostrate, si limita semplicemente a dire che “su internet compare un video shock postato dal Califfato in cui si vede un bambino che spara contro due prigionieri”. Un po’ poco per giustificare tanta clemenza dell’Autorità nei confronti del servizio pubblico radiotelevisivo.
 
Ancora una volta, pertanto, l’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni sconfessa l’operato del Comitato Media e Minori, per il quale la testata giornalista della terza rete Rai aveva “trasmesso senza alcun preavviso un video straordinariamente drammatico che ritraeva un bambino di circa dieci anni – senza celarne le fattezze – mentre punta la pistola su due ostaggi kazaki, in violazione degli articoli 1.2 lettera a) e 2.3 b) del Codice (di autoregolamentazione) e della delibera del Comitato dell’8 marzo 2005 “Sull’immagine dei minori stranieri”.
La decisione Agcom non è, pertanto, un buon segnale per i tg delle altre emittenti e della stessa Rai che, all’epoca dei fatti, si erano comportati correttamente.

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