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Berlusconi: il pollice riverso dell’imperatore

Il nuovo imperatore di Roma, che per molti versi assomiglia a Nerone l’incendiario e il piromane, tuonò tanto e pregò con tale accanimento i suoi dèi pagani che finalmente piovve. Era prevedibile perchè quando non si diagnostica la giusta malattia dell’ammalato, quello piglia mano e se poi lo si alliscia il caso più o meno patologico, finisce con il convincere il paziente stesso di essere sano di mente e addirittura onnipotente.

Il governo Letta è stato messo di fronte al fatto compiuto: quello di avere davanti a sé le dimissioni dei ministri alle dipendenze di questo imperatore del nulla. Senza un formale preavviso. C’era da aspettarselo, nonostante l’ottimismo sempre espresso dal capo del governo e da tutti coloro che ritenendo ineludibili certi passaggi di un governo normale e non innaturale, ne sancirono la nascita in Parlamento, dopo l’ostinato rifiuto di Grillo. Altro fenomeno da non sottovalutare perché mentre la crisi italiana galoppava come nel Trionfo della morte di palazzo Abatellis, la sua spavalderia passò tra sorrisini e ipocriti salamelecchi sulla delegazione di Bersani che a suo tempo cercava una via da percorrere. Dopo i risultati elettorali. Diversa da quella che, obtorto collo, e con buona ingenuità doveva essere intrapresa da Letta e dai suoi compagni di processione. Una strada innaturale perché questo governo non ha mai avuto nel suo codice genetico il bene del paese, ma gli equilibrismi funanboleschi per tirare avanti, con mille pretesti: l’Imu, l’Iva, lo spread, i mercati internazionali, la credibilità di fronte all’Europa, eccetera.

Siamo così arrivati al dunque. Tra minacce, ricatti e altre belle manifestazioni di concordia.

Berlusconi si è dimostrato il padrone dispotico di una destra che non esiste più da un bel pezzo, aiutato dal porcellum il cui padre leghista, Calderoli, ama giocare allo sfascio gettando le basi per togliere agli italiani il diritto di scegliere i loro parlamentari. Ed ecco fatto. Siccome sono i capi di partito a nominare deputati e senatori e di fronte a una legge-porcata hanno fatto tutti buon viso a cattivo gioco, tutti hanno danzato e si sono sbizzarriti in acrobazie ritmiche. Grillo compreso. Da qui derivano le varie forme di spavalderia dei capi e segretari di partiti, ormai ridotti a sproloquiare senza avere diritto di parola, perché tutti assieme con il porcellum hanno fatto il primo vero colpo di Stato. Hanno tolto agli italiani il loro diritto a eleggere i loro rappresentanti. Cosa su cui – sembra niente – poggia la democrazia rappresentativa. Altrimenti questa da rappresentativa diventa tecnocrazia, o meglio ancora consorteria. Di fatti non c’è chi non veda che l’Italia è in mano a consorterie e a finzioni istituzionali che non hanno nessun potere costituzionale visto e considerato che neanche i parlamenti, che hanno eletto figure che dovrebbero essere istituzionali, sono tutt’altra cosa che sedi di rappresentanza.

Ora la cosiddetta politica delle larghe intese potrebbe andare bene in paesi dove la democrazia ha funzionato e persone come la Merkel o il capo della SPD hanno dato prova di civiltà democratica e di credibilità pur con i limiti che possiamo elencare. Ma l’Italia è un’altra cosa e qui la cultura liberale è tramontata dai tempi di Benedetto Croce. Anche dopo Fiuggi e i tentativi di Fini le cose sono precipitate verso un buco nero. Le ultime elezioni di quest’anno hanno segnato l’irreparabilità della situazione.

Un sistema politico spaccato in tre parti in cui nessuna è disposta e capace a costruire un bel nulla contribuendo a determinare una situazione paludosa, da sabbie mobili che prima o poi ci tireranno dentro mani e piedi. La cosa peggiore è che tutti fingono di recitare una parte alla quale nessuno di loro crede. A sentirli, ciascuno vanta un primato: una marea di voti per essere i primi a dettar legge. E tutti si sono messi a ricattare. Prima Brunetta e i suoi compari di partito: o la salvezza di Berlusconi o la crisi. Poi quella signorina attempata chiamata da Grillo a parlare per soli tre mesi, che pare abbia avuto proroga di parola. Ha detto: "Noi siamo il primo partito, perciò se Napoletano ci dà l’incarico va bene altrimenti si va a votare". E nel mezzo sempre Letta ottimista che pensa di aggiustare la baracca ormai sfasciata. Mi pare l’ottimismo ebete del somaro.

Perciò, in questa situazione, l’unico atto di responsabilità che dovrebbero esercitare i “responsabili” dovrebbe essere quello di votare la nuova riforma elettorale con il Pd e le altre forze disponibili, e poi andare alle urne. Se non si vogliono fare altri pasticci, perdere tempo prezioso, e portare l’Italia alla catastrofe. E’ difatti una catastrofe democratica consentire a un uomo come Berlusconi di nominare la sua truppa al Parlamento e ritirarsela come se i deputati e, peggio ancora i ministri, fossero burattini telecomandati. Maschere che non hanno dignità e onore. Con un’aggravante in più: scherzano con le nostre tasche. Come sanno fare tutti, grillini compresi.

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