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Berlusconi ha ordinato la morte di Gheddafi?

Secondo indiscrezioni di una “fonte diplomatica autorevole vicina agli ambienti della sicurezza” raccolte dal “Fatto”, nel pieno della crisi libica del 2011, l’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, chiese ai servizi segreti guidati allora da Gianni De Gennaro, di uccidere Gheddafi. La notizia è stata duramente smentita da Buonaiuti. Molto più cauto è stato l’allora ministro della Difesa Ignazio La Russa: “Non venivano certo a raccontarlo a me, ma è possibile. Berlusconi era preoccupato di trovarsi lui stesso in difficoltà perché considerato troppo vicino al leader libico”. Che, come difesa del leader della coalizione di centro destra, non è davvero un granché.

La notizia in sé è piuttosto scarna, ha una datazione incerta e non offre molti elementi da riscontrare, inoltre la fonte non è identificabile e non si portano elementi a supporto. Per cui è difficile dire quanto sia fondata. Però ha una sua decisa plausibilità, se inserita nel contesto generale della vicenda.

Alla fine degli anni novanta, i tempi del Gheddafi “terrorista” e nemico numero uno dell’Occidente (quando gli americani tentavano di ucciderlo con dei raid aerei) erano già passati da un pezzo ed i riconoscimenti internazionali fioccavano. Ancora pochissimo tempo prima della fine, il 2 febbraio 2009 Gheddafi era eletto presidente dell’Unione africana. Poi, il 3 marzo 2009, il libico Ali Treki era eletto presidente dell’Assemblea Generale dell’Onu.

Già qualche anno prima, in occasione della crisi che sfociò nella seconda guerra del Golfo (2003), su proposta di Berlusconi (stando a quanto hanno documentato i radicali in una loro inchiesta) veniva individuato come “ambasciatore ufficioso” della coalition of the willing presso il modo arabo, alla vigilia del summit della Lega araba di Sharm el-Sheik dei primi di marzo del 2003.

Peraltro, l’Italia è storicamente amica della Libia gheddafiana, fin da quando aiutò Muhammar nel suo colpo di stato contro la monarchia filo inglese di re Idriss. E l’Eni ne trasse grande beneficio, diventando il primo operatore occidentale in Libia. Prima della crisi, il nostro ente petrolifero ne ricavava una produzione pari a 280.000 barili di greggio e gas al giorno, sugli 1,8 milioni di barili di olio equivalente complessivi.

Con l’avvento di Berlusconi, Gheddafi trovò un corrispondente italiano particolarmente disponibile con il quale si sviluppò una intesa molto forte, nutrita anche da una corrente di simpatia personale, che sfociava in episodi imbarazzanti come per il viaggio del 2009, quando Berluscoi si esibì in un baciamano a Gheddafi, cui fu consentito di piantare nel bel mezzo del parco di Villa Pamphili la tenda beduina nella quale soggiornò.

E gli apprezzamenti - a volte sperticati - di Berlusconi per Gheddafi proseguirono sino alla fine del 2010. Poi vennero la rivolta e la guerra cui Berlusconi si rassegnò molto malvolentieri a partecipare, non potendo resistere alle pressioni interne ed esterne in questo senso. A Tripoli la presero malissimo giudicando la cosa un tradimento e Muhammar rivolse diverse esplicite minacce, tanto all’Italia in generale, quanto in particolare a Berlusconi.

Il 30 luglio, quando ormai Gheddafi era sulla via della sconfitta definitiva, il Corriere della Sera riportò uno “sfogo” attribuito allo stesso Berlusconi che avrebbe confidato di sentirsi “in pericolo di vita”, e di temere non solo per se stesso, ma anche per “i miei figli”. L’allora Presidente del Consiglio smentì la cosa come fantasiosa, ma non è affatto da escludere che il dittatore libico disponesse ancora dei mezzi e degli uomini per compiere un attentato a distanza.

E non è neppure da escludere che dalla Libia potessero anche arrivare notizie sgradevoli e molto pericolose per un Berlusconi che stava fatalmente avviandosi alla caduta. Pertanto, l’ipotesi che Berlusconi (a marzo o anche più tardi) possa aver pensato a far sopprimere il suo ex amico, non è assolutamente fuori dalla realtà.

E, d’altro canto, non era neppure l’unico a desiderarlo, visto che anche Sarkozy aveva da temere, ad esempio a proposito dei finanziamenti ricevuti per la sua prima campagna elettorale. D’altra parte, come si sa, la morte di Gheddafi è avvolta in un mistero particolarmente fitto e tutto lascia intendere che sia stato ucciso a freddo dopo la cattura (come si sa, anche il Cnt ha aperto una inchiesta sul caso).

Dunque, è possibilissimo che qualche Capo di Stato o di Governo possa stare dietro la morte violenta dell’uomo e questo capo di Governo potrebbe benissimo essere quello italiano o, quantomeno, è possibile che egli si sia espresso in questo senso, anche se poi magari qualche altro è arrivato prima.

Detto questo, resta da trovare le prove di tutto questo. Ma credo che non sarà affatto cosa facile.

 

Cappuccino, brioche e intelligence n° 39

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