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Beni confiscati e sequestrati alla criminalità organizzata. Una fondazione è per sempre

Come valorizzare al meglio i beni confiscati e sequestrati alla criminalità organizzata? Attualmente è previsto che all’Agenzia nazionale beni sequestrati alla criminalità (Anbsc) vadano immobili e terreni, mentre al Fondo unico per la giustizia (Fug) vanno attività finanziarie e liquidità. L’attuale assetto non è privo di criticità varie (immaginiamo pure quali), come segnalato dalla Corte dei conti. Ed ecco uscire dal cilindro la proposta di completa ristrutturazione nella gestione dell’intervento, a mezzo di un ente pubblico posto sotto l’egida di Palazzo Chigi. Da chi proviene la proposta?

Dalle fondazioni bancarie, che mandano avanti la Fondazione Con il Sud, che è loro gemmazione in concerto col terzo settore ed il volontariato. La settimana scorsa è stato quindi presentato lo “studio” di un gruppo di lavoro coordinato da tale fondazione, affiancata da alcune fondazioni bancarie (Cariplo, Cariparo, Sicilia, Monte di Bologna e Ravenna), che prevede la creazione di un ente economico con un consiglio di amministrazione di nomina pubblica ed una dotazione patrimoniale di 10 milioni di euro.

La profonda ristrutturazione della materia si rende necessaria perché, come riporta ilSole, che riprende uno studio di Nomisma,

«[…] non esiste un dato sul numero dei beni assegnati a nuova destinazione. Neanche il Fug dispone di dati precisi sullo stock e sui flussi di risorse che alimentano il fondo, il cui valore è circa 3,5 miliardi di euro»

Che in un paese ridicolo come questo non si riesca a mettere assieme uno straccio di anagrafe e controllo gestionale di attività patrimoniali confiscate non sorprende affatto. Qui da noi conta la forma sulla sostanza, cioè il dettaglio giuridico e la rigorosa ripartizione/frantumazione di competenze e responsabilità, con tanti bei strapuntini su cui far poggiare le auguste terga di prestigiosi notabili, spesso così frullati dalle porte girevoli della politica da soffrire di stati vertiginosi permanenti. Di solito tale primato della forma si risolve in disastri amministrativi, censure dalla giurisdizione di controllo contabile ed induce “iniziative” di radicale riforma della materia.

Questa volta sono le fondazioni bancarie ad essere scattate in avanti, concedendo al potere politico la primazia della nomina di tale board di “esperti” nella gestione del patrimonio mobiliare e (soprattutto) immobiliare, ma mettendosi pienamente a disposizione del Paese con la loro nota ben expertise nella gestione dei patrimoni mobiliari ed immobiliari. Perché

«Pensiamo che questo regime non regga più. Non si tratta – spiegaGiuseppe Guzzetti, presidente di Cariplo, – di predisporre degli aggiustamenti. Piuttosto di ripensare l’impianto di norme e strumenti per la corretta gestione dei beni confiscati alle mafie»

Dopo le devastazioni inflitte ai loro bilanci dalle partecipazioni in banche conferitarie che si sono vaporizzate o sottoposte a robuste cure dimagranti grazie all’azione di lungimiranti manager aventi ben chiaro il concetto di diversificazione, le fondazioni hanno bisogno di ricostituire patrimonio e raggio d’azione della loro filantropica azione a beneficio del territorio. Niente di meglio quindi che mettere le manine sul patrimonio immobiliare e mobiliare confiscato alle mafie per dimostrare la propria nota abilità gestionale. Le competenze, del resto, ci sono tutte. O no?

Al prossimo giro, anche per tenere in esercizio i cda delle charities de noantri, suggeriremmo di assegnare alle fondazioni bancarie la riscossione delle contravvenzioni stradali. Anche quelle sono importanti risorse per il territorio, dopo tutto.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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