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"Bella addormentata". Il risveglio dell’Italia dal "sonno videocratico"?

L’eutanasia e i guasti provocati dal “decennio berlusconiano” sono gli argomenti centrali del film “Bella addormentata” di Marco Bellocchio, che trae spunto dalla vicenda di Eluana Englaro. A Venezia niente premi, se non il “Brian” dell’Uaar

Il momento di maggiore tensione tra i fautori e i detrattori dell’eutanasia in Italia si è avuto nel febbraio del 2009, quando la casa di cura La Quiete di Udine ha accettato di assistere Eluana Englaro nel trapasso dal coma irreversibile alla morte, nel pieno rispetto di varie sentenze della magistratura che avevano imposto la sospensione dell’idratazione e dell’alimentazione forzata a cui la donna era stata sottoposta per diciassette anni.

La controversa vicenda ha provocato uno scontro istituzionale di considerevoli proporzioni. Il 6 febbraio 2009 il governo Berlusconi emana, in fretta e furia, un decreto legge per impedire la sospensione delle cure coatte imposte a Eluana, ma il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si rifiuta di firmarlo, sollevando l’obiezione di incostituzionalità. Il successivo disegno di legge, presentato in Senato il 9 febbraio, non viene approvato perché lo stesso giorno la donna si spegne. La Procura di Udine aprirà in seguito un’indagine, iscrivendo nel registro degli indagati Beppino Englaro, il dottor Amato De Monte e alcuni infermieri, con l’accusa di omicidio volontario aggravato. La stessa Procura, tuttavia, dopo aver accertato che Eluana già da tanto tempo si trovava in coma irreversibile, chiederà l’archiviazione dell’inchiesta.

Del caso di Eluana e dello scontro tra sostenitori e avversari dell’eutanasia parla l’opera cinematografica "Bella addormentata" di Marco Bellocchio, in concorso alla 69ª Mostra cinematografica di Venezia (ma non premiata) e interpretata da un cast di validi attori, tra i quali spicca ancora una volta Toni Servillo (vedi il trailer ufficiale pubblicato su LucidaMente). Il film, ben curato dal punto di vista formale, non parla direttamente della vicenda di Eluana – che resta sullo sfondo – bensì racconta le storie di quattro personaggi che si muovono, in qualche misura, dentro o attorno al dramma svoltosi tra il 6 e il 9 febbraio 2009: un senatore del Pdl in crisi, che non vuole votare a favore del disegno di legge proposto dal governo; sua figlia, che si batte per tenere in vita Eluana e finisce per innamorarsi di un ragazzo favorevole all’eutanasia; un’attrice che attende, con fervida devozione, la guarigione miracolosa della figlia in coma profondo; una tossicodipendente, che tenta di suicidarsi e viene soccorsa da un medico comprensivo e ligio al dovere.

Il regista ha portato sullo schermo le ragioni di chi si è battuto per sostenere la causa di Beppino Englaro, senza però scadere nel discorso di parte e facendo anche emergere il punto di vista e i sentimenti di chi l’ha osteggiata. Bella addormentata è un’opera corale, dai forti contenuti filosofici, che parla del senso dell’esistenza e del labile confine che corre tra la vita e la morte. A suo modo, però, è anche un film politico. Il regista, infatti, parla del “decennio berlusconiano”, proponendoci l’immagine di un’Italia «cinica e depressa» (così la definisce uno dei protagonisti), in balìa di una classe dirigente inetta e opportunista, di una Chiesa intransigente e di un mondo dell’informazione senza scrupoli, che sfrutta il dolore e la sofferenza.

Bellocchio, in un’intervista, ha affermato che «la bella addormentata è l’Italia». Il risveglio di una delle donne in coma alla fine del film, pertanto, può essere inteso come la metafora della rinascita a nuova vita di una nazione che dal 2001 in poi ha vissuto immersa in una sorta di “sonno videocratico”, durante il quale hanno prevalso la faciloneria, il clientelismo, la corruzione e il razzismo. È presto, tuttavia, per dire se la paziente è davvero guarita: come ha detto alla fine di Napoli milionaria il grande Eduardo De Filippo, riferendosi metaforicamente all’altra iattura abbattutasi sull’Italia tra il 1922 e il 1945, ancora «ha da passà ’a nuttata»

L’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti (Uaar) ha assegnato anche quest’anno il premio Brian (dal titolo della commedia dei Monty Python, "Life of Brian"). Esso viene attribuito a un film, presentato alla Mostra del cinema di Venezia, «che evidenzi ed esalti i valori del laicismo, cioè la razionalità, il rispetto dei diritti umani, la democrazia, il pluralismo, la valorizzazione delle individualità, le libertà di coscienza, di espressione e di ricerca, il principio di pari opportunità nelle istituzioni pubbliche per tutti i cittadini, senza le frequenti distinzioni basate sul sesso, sull’identità di genere, sull’orientamento sessuale, sulle concezioni filosofiche o religiose». Giunto alla sua settima edizione, quest’anno il premio è stato attribuito proprio al film Bella addormentata di Marco Bellocchio. La pellicola, scrive la giuria, «affronta il tema del fine-vita con spirito laico, sottolineando l’importanza del rispetto delle scelte individuali. Mette in luce l’arroganza del potere politico e la grettezza dei pregiudizi religiosi nei confronti di scelte che devono essere improntate al principio dell’autodeterminazione.

La rappresentazione rende conto della complessità del problema del termine della vita in maniera non riduttiva né ideologica». Bellocchio, al quale è stata comunicata la vittoria, ha ringraziato l’Uaar per l’attribuzione del premio.

 

Le immagini: locandina e foto di Bella addormentata, il regista Marco Bellocchio e il premio Brian dell’Uaar, opera dell’artista Giovanni Corvaja.

Giuseppe Licandro

(LM MAGAZINE n. 25, 15 settembre 2012, supplemento a LucidaMente, anno VII, n. 81, settembre 2012)

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