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Bangladesh, i giovani blogger atei rischiano 7 anni di carcere

In Ban­gla­desh la si­tua­zio­ne da mesi è in fer­men­to. Alle ma­ni­fe­sta­zio­ni dei gio­va­ni lai­ci di piaz­za Shah­ba­gh, an­che con­tro gli in­te­gra­li­sti isla­mi­ci che fo­men­ta­ro­no vio­len­ze du­ran­te la guer­ra d’in­di­pen­den­za, sono se­gui­te al­tre ma­ni­fe­sta­zio­ni da par­te de­gli stes­si isla­mi­sti, i qua­li han­no chie­sto a gran voce l’im­pic­ca­gio­ne per i blog­ger atei. Per tut­ta ri­spo­sto il go­ver­no ban­gla­de­se, per cal­ma­re gli ani­mi de­gli estre­mi­sti, ha pro­ce­du­to al­l’ar­re­sto di di­ver­si at­ti­vi­sti ac­cu­sa­ti di bla­sfe­mia.

Le or­ga­niz­za­zio­ni per i di­rit­ti uma­ni e per la tu­te­la dei non cre­den­ti si sono mo­bi­li­ta­te a li­vel­lo in­ter­na­zio­na­le per de­nun­cia­re la re­pres­sio­ne. An­che l’Uaar ha scrit­to al­l’al­lo­ra capo del go­ver­no Ma­rio Mon­ti e alle as­so­cia­zio­ni mu­sul­ma­ne in Ita­lia, pro­muo­ven­do an­che una pe­ti­zio­ne per chie­de­re la li­be­ra­zio­ne dei blog­ger e ma­ni­fe­stan­do da­van­ti al­l’am­ba­scia­ta ban­gla­de­se a Roma.

Men­tre le vio­len­ze de­gli isla­mi­sti in­fu­ria­va­no in Ban­gla­desh, l’Uaar si è ri­vol­ta an­che al mi­ni­ste­ro de­gli Este­ri. L’at­tua­le mi­ni­stro, Emma Bo­ni­no, ave­va ri­spo­sto ri­cor­dan­do l’im­pe­gno del­l’I­ta­lia a li­vel­lo in­ter­na­zio­na­le per la tu­te­la dei di­rit­ti uma­ni, di con­cer­to con l’U­nio­ne Eu­ro­pea e le Na­zio­ni Uni­te. Con ri­fe­ri­men­to in par­ti­co­la­re al­l’U­ni­ver­sal Pe­rio­dic Re­view del Ban­gla­desh, ela­bo­ra­to dal con­si­glio di si­cu­rez­za del­l’O­nu, qua­le stru­men­to del­le am­ba­scia­te per “in­ter­ve­ni­re in caso di at­tac­chi, di­scri­mi­na­zio­ni e abu­si nei con­fron­ti di cre­den­ti e atei, po­nen­do sul­lo stes­so pia­no la li­ber­tà di pra­ti­ca­re una re­li­gio­ne, di non pra­ti­car­la o di ab­ban­do­nar­la” e dove è espres­sa la “ne­ces­si­tà di pro­te­zio­ne an­che nel caso di per­so­ne che pro­fes­sio­ni con­vin­zio­ni atei­sti­che o non tei­sti­che”.

Ora gli ag­gior­na­men­ti che ar­ri­va­no dal Ban­gla­desh fan­no pre­oc­cu­pa­re. I quat­tro blog­ger atei ar­re­sta­ti e fi­ni­ti sot­to pro­ces­so sono ac­cu­sa­ti for­mal­men­te di aver of­fe­so l’i­slam: sono per il mo­men­to a pie­de li­be­ro ma ri­schia­no set­te anni di pri­gio­ne. Il pro­cu­ra­to­re Shah Alam Ta­lu­k­dar del tri­bu­na­le di Dha­ka, ha fat­to ri­fe­ri­men­to espli­ci­to alle leg­gi ri­guar­dan­ti la pub­bli­ca­zio­ne su in­ter­net. “Han­no espres­so ma­li­gni­tà con­tro tut­te le re­li­gio­ni”, ha pre­ci­sa­to, e “tut­ti si sono di­chia­ra­ti atei”. In­tan­to cin­que stu­den­ti uni­ver­si­ta­ri sono sta­ti ar­re­sta­ti per­ché coin­vol­ti nel­l’o­mi­ci­dio di Ah­med Ra­jib, un blog­ger lai­co, pro­ba­bil­men­te su isti­ga­zio­ne di un grup­po isla­mi­sta.

Vi­sta la por­ta­ta mon­dia­le del­la re­pres­sio­ne di at­ti­vi­sti non cre­den­ti, il Free­dom of Thought Re­port sti­la­to dal­la In­ter­na­tio­nal Hu­ma­ni­st and Ethi­cal Union, or­ga­niz­za­zio­ne in­ter­na­zio­na­le di cui fa par­te an­che l’Uaar, è di­ven­ta­to an­che un sito. Ai casi pas­sa­ti pur­trop­po se ne ag­giun­go­no al­tri, come quel­lo di Ale­xan­der Khar­la­mov, gior­na­li­sta e blog­ger ateo del Ka­za­ki­stan ar­re­sta­to per “of­fe­sa” alla re­li­gio­ne.

Come de­nun­cia­to da Re­por­ters Wi­thout Bor­ders, è sta­to te­nu­to in car­ce­re per sei mesi pri­ma del pro­ces­so, in­ter­na­to in una cli­ni­ca psi­chia­tri­ca per di­ver­se set­ti­ma­ne e ora la pena è sta­ta com­mu­ta­ta in do­mi­ci­lia­ri dal tri­bu­na­le di Rid­der. Ri­schia quat­tro anni di pri­gio­ne per aver cri­ti­ca­to la re­li­gio­ne su in­ter­net e per le sue in­da­gi­ni sco­mo­de sul­la cor­ru­zio­ne lo­ca­le.

Già si pre­ve­do­no fu­tu­ri svi­lup­pi nel­la piat­ta­for­ma Iheu, per­ché il la­vo­ro è tan­to e de­sti­na­to a au­men­ta­re. Epi­so­di del ge­ne­re ri­schia­no di cre­sce­re, per­ché la se­co­la­riz­za­zio­ne avan­za ovun­que, e in­ter­net la aiu­ta for­te­men­te a dif­fon­der­si. Ma i lea­der re­li­gio­si, re­frat­ta­ri alla cri­ti­che, pre­mo­no sul po­te­re po­li­ti­co per­ché li aiu­ti a man­te­ne­re il loro po­te­re spi­ri­tua­le. Per que­sto è im­por­tan­te che le isti­tu­zio­ni in­ter­na­zio­na­li e an­che quel­le ita­lia­ne fac­cia­no la loro par­te.

 

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