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Bahrein, quando una famiglia sfida il re

Il capofamiglia, Abdulhadi al-Khawajacondannato all’ergastolo per reati di opinione, è in sciopero della fame dal 25 agosto.

La figlia maggiore, Zainab, al settimo mese di gravidanza, è stata incriminata per “ingresso illegale in una zona ad accesso ristretto”: si era presentata alle porte del carcere per sincerarsi delle condizioni del padre, dopo che questi aveva avuto un collasso al quarto giorno di sciopero della fame.

Zainab era stata rilasciata su cauzione a febbraio, dopo un anno di prigione e uno sciopero della fame. Per la nuova incriminazione, rischia di essere processata a ottobre e, se condannata, di partorire in carcere.

Maryam, la figlia più piccola (nella foto), è stata arrestata il 30 agosto, all’aeroporto internazionale di Manama. Era rientrata dall’esilio per andare a trovare il padre.

Dal 2011, quando non aveva neanche 25 anni, Maryam viaggia senza sosta per denunciare le violazioni dei diritti umani nel regno della famiglia reale al-Khalifa; è stimata, rispettata e conosciuta e cercata dai media di tutto il mondo. Due anni fa, era stata intervistata dal Corriere della Sera.

Amnesty International ha chiesto ufficialmente di conoscere i motivi dell’arresto di Maryam. Il 4 settembre, il pubblico ministero ha risposto che l’imputata era arrivata in Bahrein col passaporto danese (è cittadina della Danimarca, come il padre) privo di visto e che, quando le era stato detto che doveva richiederlo, aveva “umiliato e aggredito agenti di polizia nell’esercizio delle loro funzioni”. In realtà, risulta che quattro agenti l’abbiano aggredita nel tentativo di strapparle il telefono dal quale stava comunicando via Twitter quanto stava accadendo.

Le autorità giudiziarie del Bahrein non hanno ancora diffuso la tanto pubblicizzata relazione medica sulle lesioni riportate da uno degli agenti. Nel frattempo, Maryam si trova nel centro di detenzione femminile di Isa Town. Vi resterà in attesa del processo almeno fino alla metà di settembre.

Amnesty International ha lanciato un appello mondiale per la sua scarcerazione.

Firmiamolo e diffondiamolo.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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