• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Europa > Azerbaigian, tra rilasci e nuove condanne di prigionieri di (...)

Azerbaigian, tra rilasci e nuove condanne di prigionieri di coscienza

Si avvicina l’inaugurazione dei primi Giochi olimpici europei e le autorità azere cercano di darsi un volto presentabile.

In questo senso va letto l’annuncio, fatto il 18 marzo, di una grazia presidenziale che dovrebbe riguardare 101 prigionieri.

Due dei 22 prigionieri di coscienza adottati da Amnesty International sono usciti dal carcere il giorno dopo.

Bashir Suleymanli, direttore del Centro per il monitoraggio delle elezioni e gli studi sulla democrazia, stava scontando una condanna a tre anni e sei mesi per “impresa illegale”, “evasione fiscale” e “abuso di potere allo scopo di influenzare le elezioni”. Era stato arrestato il 17 dicembre 2013, subito dopo aver pubblicato un rapporto sui brogli alle elezioni presidenziali dello stesso anno.

Orkhan Eyyubdaze, 19 anni, attivista del movimento democratico Nida ed esponente del partito di opposizione Musavat, era stato condannato lo scorso ottobre a due anni di carcere per aver aggredito e ferito un pubblico ufficiale, quando in realtà era stato arrestato a maggio nel corso di una manifestazione del tutto pacifica.

Restano per il momento in cella altri 20 prigionieri di coscienza, tra i quali i fratelli Kerimli.

Martedì scorso Siraj Kerimli è stato condannato a sei anni di carcere per possesso di droga. Gliel’avevano messa nel portafogli gli agenti di polizia che erano venuti ad arrestarlo il 17 luglio dello scorso anno.

Nulla di nuovo: le false accuse di reati di droga e di reati economici sono un classico della strategia del governo di Baku per mandare in carcere giornalisti, attivisti dei movimenti giovanili, blogger e altri oppositori che esprimono critiche contro il presidente Aliyev.

Siraj è il fratello di Faraj Kerimli (nella foto), vicepresidente del partito Musavat. Faraj è stato arrestato il 23 luglio, sei giorni dopo il fratello e per lo stesso motivo, poco dopo aver postato su Facebook commenti critici.

Nel periodo successivo all’arresto, i due fratelli sono stati tenuti in isolamento, senza poter incontrare i loro avvocati. Negli interrogatori non si è parlato di droga, ma di Facebook. Entrambi hanno denunciato di essere stati torturati ma sulle loro denunce non è stata aperta alcuna inchiesta.

Insomma, il “reato” di Siraj è quello di essere il fratello di Faraj e il coinvolgimento dei familiari rappresenta un pericoloso salto di qualità nella repressione.

Faraj Kerimli è sotto processo. Il 12 marzo, il procuratore generale ha chiesto una condanna a otto anni di carcere ai sensi dell’articolo 234.4.3 del codice penale, che punisce l’acquisto o il possesso di grandi quantità di droga a scopo di vendita.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità