• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tempo Libero > Sport > Aufhebung, Hegel e la rivoluzione del calcio globale

Aufhebung, Hegel e la rivoluzione del calcio globale

 
Brasile-Argentina, era questa la finale più attesa, quella che sembrava fatalisticamente inevitabile, pagata meno di tutte al banco scommesse solo pochi giorni fa. Già, perché adesso su quell’incontro non è più possibile scommettere. Argentina e Brasile hanno fatto le valigie, e col capo chino sono uscite dal Sudafrica dalla porta di servizio.
 
Congedo con disonore per le due nazionali sudamericane, e vacanze anticipate. Più sono grossi più fanno rumore quando cadono. Forse è per questo che il tonfo dell’Argentina sta facendo ancora vibrare mezzo mondo.
 
Maradona ci aveva messo il cuore, ma da solo non basta. I suoi solisti non hanno potuto nulla contro la filarmonica tedesca, magistralmente diretta da Loew, che ha lanciato la sua nazionale alla guida di questa grande impresa. L’Europa ride, gli altri piangono.
 
Dopo un cammino mondiale dei più promettenti, avanzando contro tutto e tutti, critica e stampa, nemmeno Dunga è riuscito a salvare la faccia di questo Brasile, che i tifosi già cercano di dimenticare.
 
Ecco qual è il risultato dell’aver snaturalizzato lo spirito dei verdeoro, innamorati del futbol bailado per tradizione. Eppure il progetto di Dunga non era di certo folle, ma non si può trasformare una mentalità, per giunta così radicata come quella brasiliana (confermata vincente da cinque titoli mondiali vinti), in soli pochi anni di gestione.
 
Tutto liscio (o quasi) quando si tratta di Corea, Chile o Costa d’Avorio, che non hanno messo realmente in difficoltà la formazione di Dunga, ma già contro il Portogallo si erano avvertiti i primi, flebili scricchiolii, trasformatisi in un vero e proprio crack nel quarto di finale contro l’Olanda.
 
Per la prima volta i brasiliani vanno in svantaggio. Come hanno reagito? Panico più totale. Chi si è buttato in avanti cercando gloria, chi ha cercato di salvare il salvabile e chi ha pensato bene di sfogare la propria frustrazione sulle gambe degli avversari (vedi Felipe Melo).
 
Insomma, i delicati meccanismi tattici di Dunga sono andati a farsi benedire. Addirittura negli ultimi minuti è stata una sorta di arrembaggio a colpi di “palla avanti e poi si vede”, che ha lasciato campo ai contropiedi degli olandesi, che hanno sciupato più di una nitida palla-gol.
 
Su quattro semifinaliste solo una è sudamericana, l’Uruguay, mentre ben tre sono le europpe (Germania, Spagna e Olanda). La credibilità europea, lungi dall’essere screditata, ne esce riconfermata e rinforzata, culla di una vera e propria rivoluzione. I due modelli di riferimento per il calcio del futuro saranno quello tedesco, che propone uno straordinario mix di oriundi, giovani e una manciata di veterani, e quello spagnolo che, dando fiducia ai giovani, potenzia anche la nazionale.
 
Non a caso le rose di Spagna e Germania si sono coagulate attorno ai due vivai più floridi di tutta Europa: quello del Barcellona e quello del Bayern Monaco. Sette sono i giocatori delle due squadre di club a militare nelle rispettive nazionali. Un risultato impressionante se si tiene conto che la stragrande maggioranza di questi calciatori sono giovani se non giovanissimi.
 
L’età media della Germania è la terza più bassa dell’intero torneo (24,9).
Mentre quindi le nazionali sudamericane trovano più compattezza e solidità nello scimmiottare il calcio europeo, è proprio l’Europa il centro di una rivoluzione. Ormai non si discute più riguardo al “se” il cambiamento promosso da Germania e Spagna possa essere intrapreso anche dagli altri paesi europei, ma è solo questione di “quando”. C’è chi si accoderà in tempo e chi rimarrà indietro, ma di sicuro tutti si dovranno adeguare, se non altro per una pura necessità di un rinnovamento ormai impossibile da rinviare, con il quale l’Europa si riconfermerà eterna scuola del calcio globale.
 
Hegel la chiamava Aufhebung, il momento della sintesi dialettica, in cui la tesi e l’antitesi sono ricongiunte in una posizione nuova, che le contiene entrambe, rappresentando un nuovo stadio, mediato e per questo più completo. E’ così che l’Europa sta per affrontare lo scontro fra tradizione calcistica e le eterne chimere della mancanza di giovani e dell’immigrazione. Sono certo, tuttavia, che lo spirito europeo non verrà snaturalizzato come è avvenuto, al contrario, per le sudamericane, ma si potrà riconfermare leader del calcio globale grazie a quell’Aufhebung forse ereditata dai Romani, che dai nemici (o dai problemi) traevano sempre il meglio.
 

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares