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Anteprima Presadiretta: Stop ai veleni

La puntata di stasera sarà dedicata ai PFAS, pericolosi inquinanti usati dall’industria in molti settori, dai vestiti alle padelle. Si è scoperto ora che sono arrivati nel nostro sangue: quali sono le conseguenze per il nostro organismo e come possiamo liberarcene?

Presadiretta aveva racconta della contaminazione del PFAS già nel passato: la sostanza usata ancora dalle industria (per esempio per le pentole antiaderenti ma anche l’industria conciaria) che aveva inquinato le false in Veneto nel silenzio delle amministrazioni, suscitando uno scandalo da parte delle associazioni ambientaliste (le mamme no pfas) e poi l’inchiesta della procura di Vicenza, culminata col maxi processo sul caso Miteni.

Durante il processo tenuto a Vicenza per l’inquinamento da PFAS, è intervenuto anche Philippe Grandjean massimo esperto degli effetti che questo inquinante ha sulla nostra salute.

Al processo contro la Miteni, l’azienda ritenuta responsabile dell’inquinamento e imputata per disastro ambientale e inquinamento delle acque, erano presenti molti rappresentanti delle parti civili, interessate a sentire la sua deposizione.

Ai giudici ha riportato il suo giudizio: “la mia posizione è chiara, l’inquinamento ha già avuto rispercussioni sulla salute pubblica come sappiamo dalla mortalità. L’esposizione ai PFAS su scala internazionale è eccezionale, direi addirittura scandalosa.. ”
Di fronte a Presadiretta ha spiegato meglio: “queste molecole [del PFAS] non si rompono perché servono temperature di almeno mille gradi per distruggerle.. questi inquinamenti possono aumentare il colesterolo, contribuire al diabete e all’obesità, influenzano la funzione della tiroide, la fertilità, forse anche il sistema nervoso centrale. In una gravidanza possono causare aborti spontanei o un basso peso del bambino e certamente i PFAS aumentano il rischio di cancro ai reni, probabilmente anche al seno e ai testicoli e alla vescica. Perché agiscono sul sistema immunitario che ha l’importantissima funzione di eliminare le cellule disfunzionali, quindi il nostro corpo non si può difendere dal cancro.”

La regione Veneto, il ministero dell’Ambiente e della Salute sapeva di questo inquinamento sin dal 2013: è quanto emerge dallo stesso processo dalle dichiarazioni degli esperti del CNR hanno condotto degli studi sui bacini fluviali conclusosi nel febbraio 2013 che abbracciano circa 30 comuni tra Padova e Vicenza:

 

«Ho iniziato a studiare i Pfas - ha detto rispondendo alle domande degli avvocati dei responsabili civili Cammarata e Scuoto, e di quelli di parte civile Ceruti e Tonnellotto - tra il 2007 ed il 2008 in seguito alla notizia di uno studio europeo del 2006. Ci sono voluti circa un paio d’anni per partire con il nostro progetto, ovverosia nel 2011. Nel Vicentino per i prelievi ci siamo fatti accompagnare da Arpav. Ma è stata nella seconda fase, quella conclusasi a febbraio 2013, che è venuta alla luce la maxi contaminazione da Pfas nelle acque superficiali coinvolgendo una trentina di comuni racchiusi tra i territori di Vicenza, Padova e Verona. Abbiamo individuato “Miteni” come principale fonte di pressione. Abbiamo indagato, per verificare eventuali altre sorgenti, anche il distretto conciario di Arzignano, ma le concentrazioni trovate sono state molto basse. Così pure per il distretto del tessile nella valle dell’Agno».

In precedenza è stato sentito il direttore tecnico di Arpav, Paolo Rocca, che ha più volte sottolineato di «non aver avuto un ruolo operativo» e, in riferimento agli anni passati, ha spesso eluso le domande degli avvocati della difesa.

Ma non c’è solo il Veneto col caso Miteni: anche in Piemonte, a Spinetta Marengo accanto allo stabilimento della Solvey, è avvenuto un inquinamento importante – lo racconta a Presadiretta l’epidemiologa Cristiana Ivaldi dell’Arpa Piemonte – “mi dispiace quando si sente parlare dell’Ilva e si dice, ma come si è arrivato a questo? Si è arrivati per inerzie di anni di chi doveva controllare e non l’ha fatto, chi doveva intervenire e non l’ha fatto . A noi interessa tutelare la salute delle persone e quindi se qualcuno dice che non c’è niente, approfondiamo, se non troviamo niente non c’è problema. Io se mi fermano ad un posto di polizia e ho la coscienza pulita, non ho paura a fermarmi per farmi controllare”.

Alcune anticipazioni del servizio sono già uscite sui quotidiani locali, dove la notizia dell’inquinamento e degli impatti sulla nostra salute sono più sentiti: dal sito Alessandria Today:

 

LA BATTAGLIA DI MARENGO

Alla fine di marzo dovremmo avere già i primi risultati del primo campione di persone che si sono sottoposte al prelievo”.

Ce lo dice Antonino Sottile, direttore della Sanità piemontese, nell’ambito dell’inchiesta di Presa Diretta dedicata all’inquinamento da PFAS nella provincia di Alessandria. La Regione ha appena cominciato il biomonitoraggio su un campione di abitanti delle zone limitrofe al polo chimico della Solvay. Il campione identificato dalla Regione Piemonte è per ora limitato ma, a quanto sostiene Sottile, potrebbe allargarsi per comprendere tutti gli abitanti e determinare il nesso di causalità tra malattie e inquinanti.

È proprio quello che manca per fare chiarezza sugli aumenti di malattie, ricoveri e mortalità nella popolazione di Spinetta Marengo. Nel nostro racconto parleremo della battaglia che stanno facendo i comitati della zona per completare lo studio epidemiologico pubblicato nel 2019, che doveva avere una fase conclusiva che il Comune di Alessandria, come afferma il sindaco Giorgio Abonante “non è minimamente in grado di finanziare da solo perché ha un costo molto alto”.
Nel racconto PresaDiretta ha acceso le telecamere anche su Montecastello, dove il sindaco Gianluca Penna “è stato costretto a chiudere un pozzo costato 400.000 euro, per la presenza nell’acqua del C6O4, PFAS di nuova generazione prodotto esclusivamente da Solvay“. I ricercatori dell’IRSA-CNR Stefano Polesello e Sara Valsecchi racconteranno quanto è difficile per la ricerca rincorrere le aziende sulle nuove molecole brevettate, che restano in produzione per anni e, quando si riesce a dimostrare la loro tossicità, come dice Polesello “è ormai troppo tardi” per fermare i danni della contaminazione su territorio e abitanti.

Dopo Veneto e Piemonte con l’inquinamento dei poli chimici di Mitemi e Solvay, Presadiretta racconterà dell’inquinamento da PFAS in Toscana: a Pistoia nel distretto dei vivai, a Prato nel distretto tessile, a Pisa dove si lavora il cuoio a San Miniato, il distretto conciario in zona Santa Croce sull’Arno e infine il distretto cartaio a Pisa.

Per sanare le acque nelle falde ci vorranno almeno 500 anni, sempre che si smettesse sin da ora di inquinarle: un tempo lunghissimo che dovrebbe far riflettere sulla pericolosità nell’uso dei PFAS da parte dell’industria.
In Veneto la regione ha dichiarato che, dopo aver interpellato l’Istituto Superiore della Sanità è stata avviata la definizione degli aspetti utili all’avvio dello studio”, ovvero il rapporto epidemiologico che permetterebbe di stabilire chi ha inquinato e quando, rapporto che è atteso da troppi anni.
Le bonifiche hanno dei costi enormi, come anche i filtri per le acque inquinate: Presadiretta visiterà la centrale idrica Acque Veronesi, di Madonna di Lonigo a Vicenza, nell’epicentro dell’inquinamento per PFAS. Fornisce acqua potabile ad un bacino di 50mila persone, sono stati i primi a pulire l’acqua da PFAS installando dei filtri a carbone attivo, ricavati dalle noci di cocco. Nella centrale ci sono 20 filtri, enormi, ciascuno contiene 13mila kg di carbone attivo, che continuano a depurare le acque che continuano ad essere ancora inquinate.

Il problema è che il tempo passa e gli inquinanti restano, già nel lontano 2007 uno studio europeo sospettava che la multinazionale Solvay contaminasse le acque del Po col il PFOA, il composto ora vietato in quanto ritenuto cancerogeno. Presadiretta ha rintracciato l’autore dello studio Michael Mc Lachlan: “abbiamo prelevato campioni dai principali fiumi europei e abbiamo calcolato il contributo totale di tutti questi fiumi, la quantità totale di PFOA che entrava negli oceani e abbiamo scoperto che il fiume Po contribuiva per i due terzi al totale di tutta l’Europa o, in altre parole, che c’era il doppio di PFOA che scorreva nel fiume Po rispetto a tutti gli altri fiumi che avevamo studiato tutti insieme”.
Perché il PFOA era nel fiume Po?
“Eravamo sicuri che ci fosse una fonte industriale perché i livelli erano così alti e poi abbiamo identificato Solvay come probabile fonte di queste sostanze chimiche, perché sapevamo che produceva sostanze chimiche perfluorurate per quel bacino idrografico. Solvay era un partner del progetto in cui eravamo coinvolti, così gli abbiamo scritto informandola dei nostri risultati e chiedendole di indagare. Ci hanno risposto con una lettera in cui spiegavano che la loro azienda non poteva essere la fonte della contaminazione ”

Ci sono alternative all’uso del PFAS nell’industria? Presadiretta ha intervistato Bettina Roth, responsabile del settore qualità di Vaude: usavano per i loro tessuti i PFAS per renderli impermeabili all’acqua che rimane in superficie e scivola via. Ora, dopo anni di ricerca, i tessuti di nuova generazione hanno la stessa idrorepellenza, ma non contengono i PFAS, ma usano una tecnologia in poliuretano: “non è vero che nel tessile ai PFAS non c’è alternativa, al giorno d’oggi non c’è motivo per continuare ad usarli, tante aziende li usano ancora perché è economico ed è più semplice”.

E i prodotti realizzati con questi tessuti funzionano in caso di pioggia, come ha testato direttamente il giornalista di Presadiretta.

Prato il giornalista di Presadiretta Antonio Laganà racconterà una seconda esperienza positiva, quella dell’azienda chimica Daykem che nelle sue lavorazioni non fa uso dei PFAS.

La scheda del servizio:

 

Si possono trovare in uno smalto, negli imballaggi da fast food, persino nelle lenti a contatto: si chiamano Pfas, sostanze per-e poli fluoroalchiliche e sono stati definiti “inquinanti eterni” perché si trovano nell’acqua, nei cibi, addirittura si trasmettono di madre in figlio e per distruggerli è necessaria una temperatura di almeno 1000 gradi. “Presadiretta”, il programma di Riccardo Iacona in onda lunedì 18 marzo alle 21.20 su Rai 3, racconta questo nemico invisibile attraverso un viaggio nelle zone più contaminate in Italia e nel resto di Europa. Si parte dal Veneto, dove tutto è iniziato e dove la Miteni ha prodotto un tipo di Pfas per oltre 50 anni e ora deve affrontare un processo per disastro ambientale.
In Piemonte il gruppo chimico belga Solvay produce tuttora Pfas.
In Toscana una nuova indagine di Greenpeace conferma che alcuni distretti industriali contribuiscono alla contaminazione da Pfas delle acque superficiali. E poi nelle Isole Faroe, tra Gran Bretagna e Islanda, dove molti abitanti presentano tracce di Pfas nel sangue e dove il maggior esperto di queste sostanze, Philippe Grandjean sta conducendo una ricerca sugli effetti sul corpo umano.
Sulla pericolosità di queste sostanze si è interrogata l’Unione Europea: Norvegia, Svezia, Germania, Paesi Bassi e Danimarca hanno chiesto che i Pfas vengano vietati in blocco. L’Italia non si è pronunciata in merito, nonostante sia uno dei Paesi europei più inquinati dai Pfas. Migliaia di persone che vivono nelle zone contaminate soffrono di patologie anche mortali e l’industria sta cercando di correre ai ripari con nuove tecnologie per “vivere senza Pfas”. Ma liberarsi da queste sostanze tossiche non è facile e bonificare fiumi e terre avvelenati richiede un costo molto alto tanto che la giornalista di Le Monde Stéphane Horel ha detto: “l’inquinamento dei Pfas rappresenta la bancarotta dell’epoca moderna”. 
“Stop ai veleni” è un racconto di Riccardo Iacona, con Teresa Paoli, Paola Vecchia, Giuseppe Laganà, Raffaele Marco Della Monica, Fabio Colazzo, Matteo Del Bò. 

 

 

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

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