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Anteprima Presa diretta: l’economia di guerra

La guerra in Ucraina è stata messa in secondo piano da quella in corso a Gaza e perfino da vicende interne nella politica italiana (che nulla di politico hanno..).

Ma la guerra, i bombardamenti, i morti, in Ucraina continuano: il servizio di questa sera farà un resoconto della situazione sul campo, degli effetti delle sanzioni in Russia che non sono riuscite a mettere in ginocchio il regime di Putin.

Il titolo della puntata è eloquente: economia di guerra, ovvero che conseguenze avranno questi conflitti sulle nostre economie?

Le sanzioni

Le sanzioni lanciate contro la Russia avrebbero dovuto indebolire il regime dall’interno, bloccando le importazioni di vari generi di consumo ma anche della componentistica ad alta tecnologia, che ha portato il paese verso una autarchia, che è diventato il nervo scoperto di Putin. Già nel 2017 prometteva che avrebbe trasformato il paese leader mondiale nel settore dell’intelligenza artificiale, obiettivo difficilmente raggiungibile per le sanzioni occidentali.

Ma la posta in gioco non è solo l’esito della guerra o la neutralizzazione della Russia ma la nascita di un nuovo ordine mondiale: la Russia sta riorganizzando sia i flussi di importazione che di esportazione – racconta a Presadiretta la responsabile investimenti Stupino Quadrat, la zona industriale vicino Mosca dove erano presenti anche investimenti italiani.
Francesca Nava è tornata in Russia, per ascoltare i racconti delle persone (sempre da prendere con le pinze) sugli effetti delle sanzioni sulle loro vite: ci sono persone che pensano che questa guerra avrebbe dovuto iniziare prima, perché sono stati gli ucraini ad iniziare. Sono persone che appoggiano Putin, “perché sta facendo la cosa giusta, sta proteggendo il suo popolo” (notate come certe espressioni, proteggere il popolo, siano sovrapponibili con altri leader europei sovranisti).
Irina è una di queste persone che si informano con la televisione russa di stato, col notiziario sul primo canale, ha sentito persone che stanno nel Donbass e che dicono che i militari si comportano bene, “non bombardano case, non commettono violenze contro civili” (ancora una volta, l’importanza della propaganda sulle televisioni di stato controllate dalla politica).
Cosa ne pensa Irina della sanzioni? La sua vita è cambiata – le ha chiesto la giornalista: “assolutamente no, anzi sono felice perché quello che prima non avevamo, ora ce lo stiamo facendo da soli, pertanto le sanzioni non servono a nulla, ce la faremo. E vinceremo. ”
Vincere e vinceremo, anche con l’autarchia. Dove l’ho sentita?
Alla fine no, le sanzioni non hanno funzionato come ci si aspettava: Russia e Cina hanno stretto un accordo sulla nuova via della Seta dove i due capi di stato hanno promesso di intensificare i rapporti commerciali fino a 200 miliardi di euro. Ma dietro questi due paesi c’è un’intera coalizione di paesi che mirano a rappresentare l’intero sud del mondo. Un mondo che va oltre l’Europa.
Ma c’è anche di peggio: c’è una grande ipocrisia sulle sanzioni, stiamo comprando benzina dalla Russia passando dall’India. In Russia se uno vuole comprare un abito di Armani, un Iphone o una Maserati ultimo modello fai prima a trovarlo qua che in Italia – racconta a Francesca Nava un imprenditore italiano trasferito nella federazione. Le vie dello shopping sono affollate a Mosca, nei negozi sono ben esposti i marchi del nostro made in Italy.

Il 70% della popolazione mondiale vive in paesi che non hanno aderito alle sanzioni contro la Russia: i beni che oggi vengono venduti in Russia arrivano da questi paesi, che usano il meccanismo della triangolazione per bypassare i blocchi. È una pratica ipocrita ma anche deleteria che va ad inficiare le sanzioni stesse: se guardiamo la percentuale dei veicoli che la Germania esporta in al Kazakistan, era nulla prima della guerra mentre ora è aumentata di oltre il 200%.

La situazione in Israele, a Gaza, in Cisgiordania

La guerra continua a Gaza dove tutti aspettano l’operazione di terra: i familiari dei rapiti israeliani continuano a pregare a Gerusalemme, sperando in una loro liberazione. In Cisgiordania sono 64 i palestinesi uccisi e 3800 le vittime dei bombardamenti a Gaza.
Come in Ucraina, ci si deve chiedere se tutti questo non fosse inevitabile ed è a questa domanda che Presadiretta cercherà di dare una risposta.

La scheda del servizio:

 

PresaDiretta torna a occuparsi di guerra e soprattutto delle sue conseguenze economiche con “L’economia della guerra”, in onda lunedì 23 ottobre, alle 21.20, Rai 3. 
Gli inviati della trasmissione sono tornati in Ucraina per capire come lo sforzo bellico sta sgretolando la tenuta economica del paese, e poi in Russia, per vedere da vicino l’impatto delle sanzioni occidentali. Quindi in Sudafrica, al Summit dei BRICS dove è stato disegnato un nuovo ordine mondiale e, infine, in Israele, per sentire cosa pensano gli israeliani delle politiche per la sicurezza dei Governi guidati da Netanyahu. 
All’indomani dell’invasione dell’Ucraina, l’Occidente ha lanciato il più grande sistema di sanzioni mai creato contro la Federazione Russa, per provare a piegarla sul piano economico. Sono passati quasi due anni: quali sono i reali effetti delle sanzioni sull’economia russa?
Nel frattempo, la guerra in Ucraina sta sistematicamente distruggendo e annientando l’economia del Paese: il suo sistema produttivo, i complessi industriali e il tessuto sociale, vincerà chi ha i soldi per continuare la guerra. 
A Johannesburg in Sudafrica, dove si sono riuniti i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), sono state preso decisioni cruciali: andiamo verso la fine del dollaro e un nuovo ordine mondiale? 

In studio ospite di Riccardo Iacona, Federico Fubini vicedirettore del Corriere della Sera, esperto di economia e di finanza per ragionare insieme sulle conseguenze economiche delle guerre che caratterizzano il nostro presente. 

“L’economia della guerra” è un racconto di Riccardo Iacona, con Chiara Avesani, Antonella Bottini, Raffaele Marco Della Monica, Francesca Nava, Andrea Vignali, Matteo Delbò, Alessandro Marcelli, Massimiliano Torchia. 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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