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Allam: «Ho seguito ciò che sentivo dentro»

Intervista al celebre giornalista – fattosi cristiano – sulle sue scelte, l’Islam, il battesimo, il multiculturalismo, la politica

In occasione dell’ultimo appuntamento dell’edizione 2011 della rassegna Il Sabato del Villaggio, che da circa dieci anni si tiene nella cittadina calabrese di Lamezia Terme, abbiamo intervistato il noto giornalista Magdi Cristiano Allam.
Nato a il Cairo nel 1952 Allam si è trasferito nel nostro Paese nel 1972, quando aveva venti anni, dopo aver vinto una borsa di studio indetta dal governo italiano. Da allora i suoi rapporti con l’Italia son divenuti così stretti che ne ha ottenuto la cittadinanza nel 1987.

Si è laureato in Sociologia a Roma, ha acquisito familiarità con la religione cattolica, scegliendo poi di abbandonare la religione musulmana, sicché il 22 marzo del 2008 ha ricevuto il battesimo per mano di Benedetto XVI, l’incontro col quale è stato fondamentale per la sua conversione.

Integratosi quindi egregiamente nel nostro Paese, dal 2009 è presidente del movimento politico Io amo l’Italia e, in seguito alle consultazioni elettorali europee del luglio 2009, membro del Parlamento europeo, dove è stato eletto deputato nel gruppo del Partito popolare europeo con 39.637 preferenze personali.

La sua carriera di giornalista è iniziata con la collaborazione con il quotidiano il manifesto e con l’agenzia di stampa Quotidiani Associati, dove si è occupato di politica internazionale. In seguito ha collaborato come editorialista e inviato speciale a la Repubblica e nel 2003 è divenuto vicedirettore ad personam del Corriere della Sera, presso il quale ha lavorato fino al 2008, anno in cui ha deciso di entrare in politica.

Per la Mondadori Allam ha recentemente pubblicato: Europa Cristiana Libera. La mia vita tra Verità e Libertà, Fede e Ragione, Valori e Regole (2009); Grazie Gesù. La mia conversione dall’islam al cattolicesimo (2008); Viva Israele. Dall’ideologia della morte alla civiltà della vita: la mia storia (2007); Io amo l’Italia. Ma gli italiani la amano? (2006); Vincere la paura. La mia vita contro il terrorismo islamico e l’incoscienza dell’Occidente (2005).

Ha ricevuto numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali, tra cui il Premio Saint-Vincent di giornalismo, l’Ambrogino d’oro del Comune di Milano, il Premio internazionale Dan David e il Mass Media Award dell’American Jewish Committee.

Ci vuole parlare di quella notte di Pasqua che segnò ufficialmente la sua conversione al cattolicesimo?


«Il battesimo è stato l’evento spartiacque che ha segnato profondamente il prosieguo della mia vita: una scelta che mi ha portato a voler essere il più possibile aderente alla fede cristiana. Da qui la scelta di un impegno nella politica, concepita appunto come la traduzione in opere buone di una testimonianza che ha voluto per trentacinque anni, nell’ambito del giornalismo, perseguire la verità salvaguardando sempre e comunque la libertà. Questo è ciò che rappresenta il fondamento di un cambiamento profondo avvenuto all’indomani del battesimo».

Un’altra sua scelta importante avvenne nel 2003. Rientrato in Kuwait da una visita nel sud dell’Iraq occupato dalle forze anglo-americane, fu informato delle minacce da parte del movimento terroristico islamico palestinese per aver lei condannato attentati terroristici di kamikaze palestinesi contro civili israeliani. Il direttore de la Repubblica le suggerì di partire come corrispondente negli Stati Uniti. Prima della partenza Stefano Folli, neodirettore del Corriere della Sera, le propose di diventarne vicedirettore ad personam. Lei decise di accettare tale proposta e rimanere in Italia. Iniziò così la sua vita sotto scorta, come anche questa sera abbiamo modo di notare. Lei è soddisfatto della risoluzione compiuta otto anni fa e cosa ha comportato tale determinazione?
«Io ho semplicemente seguito ciò che sentivo dentro. Ho ritenuto che fosse doveroso salvaguardare dei valori non negoziabili tra cui la sacralità della vita di tutti. Da qui la condanna di quei terroristi islamici che violano la sacralità della vita al punto che immaginano che la morte possa rappresentare il livello supremo di una spiritualità che spalancherebbe loro le porte del paradiso islamico. Ho cercato di far sì che questi valori non negoziabili potessero essere compatibili con l’Islam, ma ho dovuto prendere atto che la condanna a morte e le minacce reiterate sono state indotte proprio dalla mia difesa della sacralità della vita, dal mio tentativo di conciliare l’Islam con i valori non negoziabili, come il rispetto dei diritti fondamentali della persona. A quel punto ho dovuto prendere atto del fatto che si può essere moderati come persone, ma l’Islam come religione non lo è».

Immediatamente dopo l’annuncio dei risultati definitivi delle elezioni amministrative, presso la sede di Milano di Io amo l’Italia, lei ha evidenziato l’emergere di tre criticità: il crollo del berlusconismo; l’affermazione di un movimento politico estremista, giustizialista e qualunquista; la crescita in seno alla società italiana dell’ideologia del multiculturalismo. Comprensibili le prime due, ma perché a suo avviso anche l’ideologia del multiculturalismo è vista come criticità?
«Partendo dal risultato delle due città più importanti di questa tornata elettorale, Milano e Napoli, ho evidenziato come da un lato è indubbio che vi sia una crisi, un tracollo del berlusconismo, mentre dall’altro c’è una impennata del radicalismo di sinistra, di forze giustizialiste e qualunquiste. In reazione a un modello di sviluppo e di società, che indubbiamente oggi presenta forti lacune, emerge come una tentazione sempre più forte il mito del multiculturalismo. Immaginiamo l’Italia come una landa deserta, senza la certezza delle nostre radici, della nostra fede, della nostra identità, dove viene meno anche la certezza delle regole, pensando che la salvezza verrà dagli altri, dagli immigrati che man mano si presentano sul nostro territorio. Noi dovremmo accettare che la nuova civiltà corrisponda alla sommatoria delle istanze delle condizioni che chi arriva pone? In quest’ambito il discorso della richiesta sempre più pressante di nuove moschee ne rappresenta in qualche modo un emblema. Sono preoccupato per questa prospettiva, perché da un lato evidenzia la nostra fragilità, dall’altro ci porta a essere sempre più vuoti dentro con la conseguenza che finiremo per soccombere di fronte all’arroganza di un sistema economico come quello della Cina, il quale, non avendo la necessità di fare i conti con democrazia, libertà, rispetto dei diritti fondamentali della persona, sindacati, è un modello che invade il pianeta. C’è, inoltre, il rischio di soccombere di fronte all’ideologia del radicalismo islamico, che sfrutta la nostra democrazia, usa le nostre leggi per imporre la propria mentalità. Temo che così noi finiremo per perdere la certezza dei diritti fondamentali della persona».

 

L’immagine: la nostra Dora Anna Rocca intervista Magdi Cristiano Allam.

Dora Anna Rocca

(LucidaMente, anno VI, n. 66, giugno 2011)

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