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Al posto della mia Chiesa oggi c’è un Albergo

Al posto della mia Chiesa oggi c'è un Albergo

Ed al posto della croce, se vi interessa, oggi ci sono 4 stelline.

Alle poche suore che sono rimaste ancora in quel vecchio convento non è rimasto che una piccola cappelletta, sopravvissuta per le ultime preghiere con le loro ultime camere.

Tutto il resto chissà a chi o chissà come, è stato venduto ad un grande imprenditore.

Chissà che effetto mi farebbe ora affacciarmi da quei finestroni. Una volta quel panorama era il frutto del creato, una magnifica opera divina.

Mi affacciavo sempre dopo il Catechismo: mi sembrava di andare alla ricerca di una prova del 9, quasi mi lasciavo persuadere dal fatto che tutto ciò che guardavo, era la stessa cosa di ciò che avevo appena studiato sulla magnificenza del Creatore.

Oggi quella meraviglia di paesaggio che inizia con Castel Sant’Elmo e finisce con uno spicchio di mare sulla sua sinistra, è diventato un optional da pagare a parte, 50-60 euro in più da aggiungere ad una camera singola o doppia.

Per giorni sono passato e ripassato a fissare quelle stelline al posto del crocifisso. Al posto dell’Oratorio ora c’è una Reception ed al posto della Sagrestia ora ci sarà una sala Thè.

Per me è stata l’ultima pugnalata. L’ultima disfatta.

In quella Chiesa ci avevo praticamente vissuto i miei primi 15 anni, tra battesimo, comunione e cresima. Mi ricordo che in quei tempi per noi a Napoli, la scuola non esisteva. Cioè non esisteva come istituzione, come seconda casa o come seconda vita: non eravamo alunni, eravamo piccoli impiegati che andavano a marcare il cartellino.

Per noi ragazzi le alternative che restavano dopo la scuola erano la Strada o la Chiesa. Ed io tutto sommato con piacere scelsi la seconda. Poi un giorno tutto finì.

Finì la mia fede, finì la mia seconda casa, finì la mia Chiesa. Finì tutto. Ricordo che Padre Claudio per noi non era un parroco, era veramente un secondo padre. Un esempio, un amico, un mito.


Poi ricordo che un’estate tornai dalle vacanze con i miei genitori e Padre Claudio non c’era più. Ma mica era morto, sarebbe stato meglio.

Nel quartiere si vociferava fosse scappato con una donna, forse dell’Est. Quella zoccola non lo sapeva, ma a noi ragazzi in quel momento ci aveva derubato di tutto.

Anche andare in Chiesa, dopo Padre Claudio, era diventato un mestiere. Come la scuola. Andavamo a marcare il cartellino. Saranno i paradossi della vita, ma oggi forse qualcuno timbrerà il cartellino sul serio, qualche dipendente a servizio dell’albergo.

Il mio credo e la mia fiducia sparirono dopo quell’estate. Noi ragazzi avevamo perso un modello, una guida, un simbolo. Ognuno andò per la sua strada, ed oggi non vi nascondo che uno di quei miei amici è anche in galera.

Di Padre Claudio invece, chi ne sa niente. Tutti qui ignorano la sua fine, potrebbe essere diventato anche uno di quei preti pedofili coperti dal Vaticano, da Papa Rat<inger o chissà da chi. Oramai chi se ne frega.

So solo che almeno prima la Chiesa era un modello, un’alternativa, una seconda strada. Guidava i giovani, ha guidato tanti politici, ed ha guidato anche tanti giovani verso tanti politici.

A leggere le cronache di oggi il Vaticano sembra essere diventato una Cupola Mafiosa, che invece di sputtanare il marcio connive con le malefatte dei suoi sacerdoti, che invece di difendere, guidare e sensibilizzare l’opinione di un popolo, pensa solo all’opinione personale di quel politico o di quel ministro da appoggiare alle prossime elezioni.

Ricordo che una volta, agli inizi degli anni ’90, quando per me era ancora un piacere affacciarmi dalla maestosità di quelle stupende navate, i nostri Sacerdoti erano Don Pino Puglisi e Don Peppe Diana, Preti che amavano ed hanno amato la propria terra al punto di morire per la propria terra. Oggi quella stessa terra di Don Pino e Don Peppe è diventata la loro migliore puttana, da stuprare a sangue non prima di averle estorto quel mirabolante 8xmille.

Fatto sta che oggi di veri Preti se ne vedono pochi in giro, io ovviamente parlo dei Preti con la P maiuscola. Mi è più facile beccarli in tv su quei mediocri programmi di RaiDue a commentare reality o vicende di gossip, piuttosto che in ginocchio ai piedi di simulacri o cappelline votive.

Una delle ultime prediche degne di nota che mi piace ricordare, è quella di Don Salvatore Resca, un coraggioso Parroco di Catania, che in piena bufera tra Vaticano e Corte Europea sulla bocciatura dei crocifissi in aula, scrisse una lettera al Sovrintendente del Teatro Bellini di Catania per invitarlo a togliere la Croce dalla facciata del Teatro, scrivendogli testuali parole:

"La croce, caro Antonio, non si appende alle pareti; i cristiani sanno che si carica sulle proprie spalle per incamminarsi con essa dietro Gesù Cristo".

Oggi al posto di quella Chiesa e di quella croce invece ci sono un albergo e 4 stelle.
4 stelle che non si illuminano mai, che sono 4 pugnalate per me e 4 lacrime per Dio.

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