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Afghanistan, niente giustizia per le migliaia di civili uccisi nelle operazioni Usa-Nato

In un nuovo rapporto diffuso ieri, Amnesty International ha affermato che le famiglie di migliaia di civili afgani uccisi dalle forze Usa e Nato dopo l’invasione dell’Afghanistan del 2001 sono rimaste senza giustizia.

Il rapporto, che si concentra in particolare su attacchi aerei e sui raid notturni compiuti dalle forze statunitensi, denuncia che persino quelli che paiono crimini di guerra non sono neanche stati oggetto di indagine e sono pertanto rimasti impuniti.

Amnesty International ha condotto indagini approfondite su 10 operazioni militari Usa, tra il 2009 e il 2013, in cui sono morti oltre 140 civili afgani, tra cui donne incinte e almeno 50 bambini. L’organizzazione per i diritti umani ha intervistato 125 testimoni, feriti e loro familiari.

Nessuno dei 10 casi è stato sottoposto a indagine da parte della giustizia militare statunitense. Nemmeno i due su cui esistono prove abbondanti e schiaccianti di crimini di guerra: un raid delle Forze operazioni speciali contro un’abitazione nella provincia di Paktia, nel 2010, e una serie di sparizioni forzate, torture e uccisioni avvenute nei distretti di Nerkh e Maidan Shahr, nella provincia di Wardak, tra il novembre 2012 e il febbraio.

Ecco la testimonianza di un uomo, Qandi Agha, torturato in custodia Usa a Nerkh alla fine del 2012:

“Mi picchiavano coi cavi. Mi legavano i piedi e poi mi bastonavano sulle piante dei piedi. Mi prendevano a pugni in faccia e a calci. Mi facevano sbattere la testa contro il pavimento”.

L’uomo ha inoltre riferito di essere stato messo in una bacinella d’acqua e colpito con scariche elettriche. Alle sue torture prendevano parte soldati sia statunitensi che afgani. Quattro degli otto prigionieri che si trovavano con lui sono stati uccisi. Egli ha assistito personalmente all’omicidio di un uomo chiamato Sayed Muhammed.

Le indagini sulle uccisioni di civili in Afghanistan sono estremamente rare. Amnesty International è a conoscenza di solo sei casi in cui, dal 2009, soldati statunitensi sono finiti sotto processo.

Delle decine e decine di testimoni, feriti e loro familiari incontrati da Amnesty International durante le ricerche su cui si basa il rapporto, solo due persone hanno riferito di essere state ascoltate dagli inquirenti militari statunitensi.

In molti dei casi descritti dal rapporto, i portavoce dell’esercito Usa o della Nato hanno annunciato che era stata avviata un’inchiesta ma non hanno mai fornito ulteriori informazioni sugli sviluppi o le conclusioni, lasciando vittime e loro parenti nel buio.

Per valutare la legalità di un’operazione di guerra, il sistema di giustizia militare si basa in larga parte sul racconto dei soldati che vi hanno preso parte. In assenza di un’autorità investigativa indipendente, il conflitto d’interesse è evidente: come possono soldati e comandanti denunciare se stessi?

Nei rari casi in cui un caso giunge a processo, la mancanza d’indipendenza dei tribunali militari Usa costituisce un’altra fonte di preoccupazione. È inoltre estremamente raro che testimoni afgani vengano chiamati a deporre.

Da ultimo, il rapporto di Amnesty International mette in luce la mancanza di trasparenza nelle indagini e nei processi per le uccisioni illegali di civili in Afghanistan. Gli Usa non rendono noti i dati complessivi e forniscono solo raramente informazioni su casi specifici. Purtroppo le garanzie di legge in tema di libertà d’informazione, che dovrebbero garantire trasparenza quando un organo governativo non fornisce informazioni, non funzionano efficacemente quando si tratta di vittime civili.

Il governo statunitense, afferma Amnesty International, dovrebbe riformare urgentemente il sistema di giustizia militare e avviare indagini imparziali e approfondite su tutti i casi segnalati nel rapporto e su ogni altra denuncia di uccisione illegale di civili afgani e portare i responsabili di fronte alla giustizia.

Al governo di Kabul, Amnesty International chiede che la giustizia per i civili uccisi sia garantita in ogni accordo con gli Usa e la Nato in tema di sicurezza e sollecital’istituzione di procedure d’indagine sugli abusi commessi dalle forze della sicurezza nazionale afgana, anche in considerazione del fatto che alla fine del 2014 la responsabilità delle operazioni militari passerà interamente agli afgani.

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