• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > 3000 morti da Covid-19, l’altissimo prezzo pagato dagli operatori sanitari (...)

3000 morti da Covid-19, l’altissimo prezzo pagato dagli operatori sanitari nel mondo

Oltre 3000 persone impiegate nella fornitura di cure mediche e assistenza sociale, tra cui medici, infermieri, assistenti sociali, addetti alle pulizie, autisti di ambulanze e staff organizzativo morte da Covid-19.

Questo è il prezzo altissimo che, secondo un rapporto di Amnesty International gli operatori sanitari hanno pagato durante la pandemia da Covid-19, per non essere stati forniti dei necessari Dpi, i dispositivi di protezione individuale.

Gli stati col più alto numero di operatori sanitari risultano essere la Russia (545), il Regno Unito (540, compresi 262 assistenti sociali), gli Usa (507), il Brasile (351), il Messico (248), l’Italia (188, qui un approfondimento), l’Egitto (111), l’Iran (91), l’Ecuador (82) e la Spagna (63).

Si tratta di dati, peraltro aggiornati al 6 luglio con ogni probabilità assai sottostimati e anche le comparazioni tra stati risultano difficili. Ad esempio, la Francia ha raccolto dati solo da alcuni ospedali e case di cura. In Egitto e Russia, i numeri forniti dalle associazioni di categoria sono stati contestati dai governi.

In quasi tutti i 63 stati oggetto del rapporto di Amnesty International, gli operatori sanitari hanno denunciato la grave scarsità dei Dpi.

Un medico di Città del Messico ha riferito che i suoi colleghi spendono circa il 12 per cento del loro stipendio nell’acquisto dei Dpi.

Il rapporto di Amnesty International denuncia anche che, in almeno 31 degli stati esaminati, gli operatori sanitari e i lavoratori dei servizi essenziali hanno scioperato, minacciato di scioperare o effettuato proteste per denunciare i rischi per la salute legati allo svolgimento della loro attività professionale.

In Egitto Amnesty International ha documentato nove arresti di operatori sanitari, tra marzo e giugno, per le consuete vaghe accuse di “diffusione di notizie false” e “terrorismo”. Queste persone in realtà si erano limitate a criticare l’efficacia della risposta del governo alla pandemia.

In molti casi le autorità hanno usato il pugno di ferro contro gli scioperi e le altre azioni di protesta.

In Malesia la polizia ha disperso un picchetto pacifico nei confronti della sede di un’azienda che fornisce servizi di pulizia a un ospedale. I promotori del presidio volevano denunciare il trattamento iniquo subito dai membri del sindacato dell’azienda e la fornitura insufficiente di Dpi agli addetti alle pulizie. La polizia ha arrestato cinque operatori sanitari per “manifestazione non autorizzata”, in violazione del loro diritto alla libertà di associazione e di riunione.

In numerosi stati, poi, operatori sanitari e lavoratori dei servizi essenziali sono stati licenziati o sottoposti ad azioni disciplinari per aver espresso le loro preoccupazioni.

Negli Usa l’infermiera Tainika Somerville è stata licenziata per aver pubblicato un video su Facebook nel quale leggeva una petizione per chiedere più Dpi. Alla data del 29 maggio, nella struttura sanitaria dove lavorava c’erano stati 34 contagi e 15 morti da Covid-19 eppure lo staff aveva appreso solo dai mezzi d’informazione, e non dalla direzione, che in quella struttura c’erano pazienti positivi.

In Russia due medici, Yulia Volkova e Tatyana Reva, stanno subendo rappresaglie per aver denunciato la mancanza dei Dpi. La prima è stata incriminata per violazione delle norme sulle notizie false e rischia una multa di 100.000 rubli (quasi 1240 euro), la seconda sta subendo un’azione disciplinare che potrebbe portare al suo licenziamento.

Il rapporto di Amnesty International termina descrivendo casi di stigma e violenza nei confronti degli operatori sanitari e dei lavoratori dei servizi essenziali, proprio a causa della loro attività professionale. In Messico un’infermiera è stata inzuppata di cloro mentre camminava lungo una strada e nelle Filippine a un lavoratore di un ospedale è stata gettata sul volto della candeggina.

Casi del genere evidenziano un clima di disinformazione e stigma e mettono in luce quanto sia importante che i governi forniscano informazioni accurate e accessibili sulla diffusione della pandemia.

In Pakistan, a partire da aprile, Amnesty International ha registrato numerosi episodi di violenza contro operatori sanitari: ospedali sono stati vandalizzati, medici sono stati aggrediti e uno di loro è stato persino ucciso dalle Forze antiterrorismo. Nonostante alcuni ministri abbiano assicurato che gli ospedali del paese hanno le risorse necessarie, pazienti in condizioni critiche di salute non sono stati ammessi al ricovero a causa della mancanza di letti, ventilatori e altri strumenti salva-vita.

Questo genere di disinformazione mette in pericolo la vita degli operatori sanitari, che non vengono creduti quando dicono che non ci sono posti a disposizione per ulteriori ricoveri.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità