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Una volta tanto! Anzi due

L’Italia è in declino. Un Paese senza innovazione tecnologica ed industriale è destinato a chiudere. Le aziende vivono soltanto di chiacchiere, incentivi e appalti truccati. Fra vent’anni saremo surclassati anche dal Bangladesh. E chi più ne ha più ne metta. Frasi comuni che ormai si ripetono come un mantra negativo che comincia ad innescare maligni meccanismi di autoinnesco. Ma tant’è, direte voi, che ci possiamo fare?. E invece no. Una volta tanto una buona notizia, di quelle che ridanno fiducia, sorretto non dalla fortuna o da malaffare politico ma da un mucchio di ingegno e buona volontà. Sembra che, una volta tanto, si sia trovata la strada per cambiare le sorti di un declino che sembra inarrestabile. Ma qui non è roba di politica, di promesse, di chiacchiere, sempre le stesse chiacchiere di cui siamo tutti strastufi, ma di cose concrete, reali, messe a punto in un clima di grande serenità e silenzio, come si conviene a chi lavora seriamente.

Un esempio eccezionale di collaborazione fra industria privata e centri di ricerca nazionale in due progetti che sembrano usciti da un libro dei sogni e che invece sono veri e reali, con tanto di giovani ricercatori in camice che si danno da fare attorno a macchine automatiche da cui presto usciranno prodigi e, si spera, anche un mucchio di buoni affari. Per le aziende che vi hanno investito e per il Paese che, stavolta, non può che fare il tifo per questi progetti in maglia azzurra.

Ma veniamo al dunque. Parliamo di due aziende italiane di un certo peso ma non così famose, che lavorano entrambe senza tanti strilli e pubblicità. Due realtà lontane fra di loro sia geograficamente che come storia e interessi. Parliamo della Permasteelisa di Vittorio Veneto e della Erg di Genova. Una fa facciate di pregio per palazzi importanti in mezzo mondo. In pratica grattacieli, aeroporti, grandi musei e grandi architetture. Al loro sito si possono vedere realizzazioni di un fascino incredibile. Un vero esempio di connubio ben riuscito fra altissima tecnologia e creatività artistica tutte e due di stampo italiano! L’altra è stata fino a poco tempo fa una società petrolifera, con una grande raffineria in Sicilia e molte stazioni di servizio per le strade italiane. Poi, a un certo punto, ha deciso di uscire dal petrolio e di investire massicciamente nell’energia, soprattutto quella rinnovabile e così è diventata un grande operatore eolico, anzi il più grande in Italia.

Ma che fanno di così rilevante? direte voi. Bene, sembra un sogno, una di quelle avventure che vale la pena di raccontare, perché uniscono visione strategica di grandi uomini d’affari, da imprenditori di un tempo e concretezza economica in un momento di crisi con uno spirito di innovazione difficile da trovare nel nostro Paese, sempre “stitico” quando si tratta di fare cose nuove e serie.

Insomma, queste due aziende, così diverse fra di loro, qualche anno fa si sono messe insieme alla guida di un progetto scientifico tecnologico: il fotovoltaico di terza generazione o fotoorganico o come volete chiamarlo. È il fotovoltaico trasparente e colorato, che si contrappone a quello vecchio di trent’anni basato sulla tecnologia del silicio, efficiente ma opaca e pertanto inadatta a tante applicazioni. È una tecnologia di vetrate dove si simula il processo naturale della fotosintesi clorofilliana tipico delle piante (più naturale di così!) e si trasforma l’energia luminosa in corrente elettrica. Come il silicio, direte voi. Sì, ma con il vetro: una materia trasparente, colorata, fatta apposta per ricoprire le facciate dei palazzi.

Il sogno di Permasteelisa è di cambiare la storia dell’architettura: trasformare le nostre città da un insieme di palazzi in bianco e nero (o al più con qualche sfarfallio celestino, verdognolo o grigiastro), in un insieme di strutture abitative o lavorative colorate. Una città a colori! Ma il sogno si basa su visioni economiche molto attente. Alcune direttive europee (ma la stessa cosa sta succedendo negli USA e in Giappone), prevedono infatti che fra qualche anno tutti i nuovi palazzi diventino autosufficienti da un punto di vista energetico. E siccome l’eolico non si può mettere sui palazzi per motivi di rumorosità (ed anche estetici!) e il fotovoltaico tradizionale, essendo opaco, non va bene, ecco che le alte sfere di Permasteelisa hanno pensato di usare vetri semitrasparenti e colorati per catturare la luce. Una tecnologia innovativa che molti laboratori stavano già studiando ma che nessuno finora era riuscito a sviluppare da un punto di vista tecnologico.

Erg, da parte sua, ha apportato nel progetto tutte le sue competenze di azienda energetica, forte di anni di gestione di grandi impianti che producevano energia elettrica da fonti tradizionali e della sua nuova esperienza nel campo delle rinnovabili. Si tratterebbe di diventare proprietaria di una nuova tecnologia. Roba da entrare nella storia! Facendoci un mucchio di soldi…

Insomma, le due aziende si sono messe assieme alla guida di un Consorzio cui partecipano ben tre Università italiane (Roma Tor Vergata per l’ingegneria, Ferrara per l’elettrochimica e Torino per la chimica organica), hanno messo mano al portafoglio (pare abbiamo speso finora oltre dieci milioni di euro!), hanno costruito una linea pilota per assemblare i nuovi pannelli fotovoltaici colorati su vetro e stanno per passare da una fase di ricerca e sviluppo a una fase di produzione e commerciale.

Ho fatto un giro su internet e ho trovato un mucchio di materiale interessante. Al sito della Permasteelisa al sito della Erg, soprattutto nel rapporto sulla sostenibilità 2012 ma anche di persona andando a parlare con un paio di professori di Tor Vergata che collaborano al progetto. Mi hanno detto anche che il progetto fu così ben giudicato che qualche anno fa il Ministero dell’Ambiente sganciò oltre 1,2 milioni di euro di finanziamento a fondo perduto per aiutarli ad andare avanti.

Ora, al di là della fattiva ed apprezzabile collaborazione fra aziende private (che guardano ai futuri profitti, come è giusto che sia) e Università (che fanno ricerca di altissimo livello senza l’angoscia dei soldi che mancano sempre), che in Italia già sarebbe un bel risultato, secondo me la buona notizia è che queste due aziende stanno lavorando da anni in silenzio, senza che nessuna di loro lo sbandieri ai quattro venti per farsi pubblicità o ottenere chissà cosa. Lavorano zitti e seri, certi di poter lasciare un segno nella storia della tecnologia e dell’industria nazionale! E per una volta tanto, beh, non possiamo che fare il tifo per loro!

Ma non basta. Ai vertici davvero illuminati di Erg hanno avuto un’altra grande idea, stavolta davvero straordinaria, almeno in un panorama così pesante, noioso e “vecchio” come quello nostrano. Roba da far impallidire la silicon valley!

Al vostro vecchio cronista investigatore è stato sufficiente perdere qualche ora a spulciare il sito della Erg, di là indirizzarmi verso vecchie notizie uscite in sordina e scoprire così che, zitti zitti, questi genovesi poco noti al grande pubblico ma ingegnosi e di larghissime vedute, stanno mettendo i soldi che hanno ottenuto vendendo le loro vecchie e inquinanti raffinerie ai russi, in progetti dalla tecnologia avanzatissima ma anche molto concreta. E sì, perché le energie rinnovabili sono quelle che sono e a molti pare ormai chiaro che da sole non ce la faranno mai a sostituire tutta l’energia che si otteneva dalle vecchie fonti tradizionali e alla quale non possiamo rinunciare. È necessario investire nel recupero energetico. E così qualche anno fa, nel 2011 per la precisione, Erg investì in un altro progetto di ricerca, questa volta con l’Università Bicocca di Milano e precisamente con l’Istituto di scienza dei materiali, che aveva appena scoperto un nuovo materiale con cui costruire sistemi che trasformano direttamente il calore che si spreca in energia elettrica. Si chiama effetto Seebeck ed in effetti esiste da molti anni, ma i costi troppo alti dei materiali tradizionali ne hanno finora impedito lo sviluppo. A Milano il Prof. Narducci scopre materiali che costano invece pochissimo e che, con appositi trattamenti, diventano ideali per questo lavoro: trasformano il calore sprecato da una stufa, un motore, una lampadina, direttamente in corrente elettrica.

Anche qui Erg ha investito milioni di euro (qui non si trovano cifre esatte in giro e i professori sono stati più reticenti) per far diventare questo studio una cosa che si possa applicare, vendere, comprare. Anche così si cambierà il mondo: pensate solo all’energia che potremmo risparmiare recuperando anche soltanto una piccola parte del calore sprecato da una marmitta dell’auto. Moltiplicandolo per tutte le auto che girano… E anche in questo caso chi avrà i brevetti e la tecnologia farà un mucchio di soldi.

Per una volta, così almeno pare, l’Italia non chiacchiera ma lavora. Seriamente, in silenzio, pronta però a sfruttare le capacità collaborative e simbiontiche dei nostri migliori cervelli, sia quelli degli scienziati in camice che quelli di amministratori delegati dalla vista lunga.

Per una volta dobbiamo davvero fare il tifo per questi nostri progetti nazionali, per i ricercatori e per i vertici di aziende coraggiose e degne della storia che hanno alle spalle. Per una volta tanto! Anzi due.

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