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S.O.S. per Marco De Santis, a rischio di morte per violenze

In chi è appassionato per vocazione al giornalismo d’inchiesta e a quello partecipativo-sociale, la coscienza non può restare insensibile nè di fronte alle grandi conquiste e vittorie di civiltà, libertà, democrazia, nè di fronte ad ingiustizie inaudite, gravissime e inqualificabili. La vocazione si accresce quando è accompagnata dalla genuina e sentita convinzione che attraverso l’impegno ed il dovere di verità si possa anche arrecare del bene a qualcuno o impedire a qualcun altro di essere coinvolto in vicende analoghe.Mi è capitato d’imbattermi in una storia stupefacente d’ingiustizia, una di quelle che non puoi ascoltare senza avvertire il bisogno di fare qualcosa, se non altro facendola emergere dalla cappa di silenzio assordante, omertoso e, quindi, raccontarla, per salvare chi l’ha vissuta sulla propria pelle e quanti altri cittadini potrebbero inciamparci in futuro.

Qualche giorno fa ho aperto la mia posta e ho letto esterrefatto: "Forse non si ricorda più di me, ma una volta le avevo chiesto come poter fare ad ottenere un minimo di interesse da qualche istituzione. Io ho subito delle cose inumane, per quasi un anno: mi hanno tolto tutto quello che avevo, le giuro senza fare niente. Ora sono stanco di lottare da solo, sono sette volte che invio la stessa e-mail. Ho smesso di mangiare dal 10/11/2009 per protesta, ma sono convinto che prima di avere una semplice risposta io sarò morto di fame, e forse sarà meglio così. Gentilmente le chiedo se ha a disposizione un qualche indirizzo e-mail di enti che si occupano (o che si preoccupano) di gente come me, distrutta dallo Stato, bruciata nell’anima e istigata a farla finita per sempre. Marco De Santis".
 
Chi è Marco De Santis? E’ un uomo di Brescia, invalido, un cittadino dello Stato di diritto italiano che un bel giorno, per futili o gravi motivi, tutti da appurare e dimostrare dalla Magistratura inquirente, viene arrestato, pestato più volte a sangue da altri uomini, cittadini dello stesso Stato di diritto che però, a differenza di Marco, indossano una divisa, offendendola ed oltraggiandola, inconsapevoli forse del suo valore e del suo alto significato giuridico e morale. La vicenda di Marco risale a febbraio 2009. Attualmente è agli arresti domiciliari ed è vincolato all’obbligo della firma, ma non sa ancora di cosa è accusato e neppure è stato sottoposto a processo.
 
Marco De Santis ha deciso di reagire a ciò che pensa sia un episodio di "malagiustizia" ed ha inviato più volte a varie autorità (tra cui, i suoi potenziali carnefici) una lettera per denunciare la sua storia di abusi di potere e violenze fisiche commesse sulla sua persona dalle Forze dell’ordine (per la precisione, alcuni Carabinieri di Ospitaletto, Brescia).L’uomo è allo stremo delle sue forze, invalido, non si nutre più. Ha iniziato da 15 giorni uno sciopero della fame e, cosa più grave è inascoltato da tutti.
 
Riteniamo che occorra aprire con urgenza un’inchiesta su questa gravissima storia, il cui naturale epilogo se non s’interviene con tempismo sarà un "Cucchi bis". Marco De Santis attende da luglio una chiamata dall’ospedale civile di Brescia per un importante intervento operatorio per evitare la paralisi degli arti inferiori, ma Marco è stanco di aspettare.
 
Occorre che questa storia indegna di un paese civile e che calpesta i più elementari diritti umani, emerga dal silenzio e dall’urlo inascoltato della vittima, in grave stato di prostrazione psico-fisica, affinchè sia fatta chiarezza e giustizia, ma soprattutto affinchè una vita sia salvata dalla morte .
 
Ho riflettuto a lungo su come raccontare questa vicenda inquietante; alla fine ho deciso di lasciar parlare, per dovere di cronaca, direttamente Marco De Santis della sua storia e della sua denuncia, attraverso le sue reiterate lettere inviate e mai, sinora, riscontrate da nessuno.
Ecco quanto racconta di suo pugno Marco De Santis.

From: [email protected]

To: [email protected]; [email protected]; [email protected];[email protected]; [email protected]; [email protected]; [email protected];

 
CC: [email protected]; [email protected]
Subject: DENUNCIA PER PERCOSSE E MINACCE: MARESCIALLO E CARABINIERI OSPITALETTO / DENUNCIA CONTRO GIUDICE non garante DEI DIRITTI UMANI
Date: Wed, 11 Nov 2009 21:54:41 +0100

 

Il sottoscritto DE SANTIS MARCO (nato a Gallipoli - LE - il 27/gennaio/1963) con residenza a OSPITALETTO via Padana Superiore n°83 , e attualmente domiciliato in RODENGO-SAIANO 25050, via Brescia 14 - BS - (INVALIDITA’ CIVILE 80% - INVALIDITA’ LAVORATIVA al 45%) 
Consapevole dei diritti di legge mi assumo tutta la responsabilità di quello che scrivo. 
 
Chiedo, a chi di competenza, di verificare tutto il mio assurdo caso, di MALA-GIUSTIZIA
 
La sera del 25 febbraio 2009 durante una "normale lite familiare con la moglie" in presenza dei miei figli, senza toccare con un solo dito mia moglie e stanco delle sue continue lamentele verso di me, le chiedo solo di andare via da casa se non mi sopporta più, basta. Lei va via, ma dopo 10 minuti mi arrivano in casa due carabinieri di Ospitaletto (e visto che era la terza volta che questo accadeva) mi invitano a seguirli in caserma, perché il MARESCIALLO mi voleva parlare.
Visto che in precedenza molte volte io stesso ho cercato di parlare con il MARESCIALLO ma non ci sono mai riuscito (chissà perché) decido di seguire i due carabinieri, pensando di poter chiarire la situazione una volta per tutte! Esco dal mio appartamento accompagnato da mia madre al seguito dei due carabinieri. Passato il cortile di casa e arrivati in strada un carabiniere mi impone di salire in auto, ho solamente fatto presente al carabiniere che la caserma è di fronte a casa mia, bastava attraversare la strada. Ma mi è bastato dire questo, per essere spinto con violenza per terra in mezzo alla strada ed essere ammanettato con le mani dietro la schiena. Non mi spiego ancora oggi il perché di questa scena da FILM, in mezzo alla strada, con le macchine che si fermavano e la gente che guardava. Già dolorante perché invalido (devo camminare con l’uso di stampelle che i carabinieri non mi hanno fatto prendere da casa) e con in più la violenta spinta sull’asfalto e il peso del carabiniere sulla mia schiena con il ginocchio per ammanettarmi non potete immaginare il dolore che mi hanno provocato.
(E’ da tener presente che qualche mese prima ho subito un intervento di STABILIZZAZIONE DELLE VERTEBRE L5-S1) 
Ma non è finita qui. Portato in caserma nella loro anticamera di ingesso lo stesso carabiniere che mi ha ammanettato sull’asfalto, mi ha nuovamente sbattuto per terra a faccia in giù e questa volta in CINQUE O SEI CARABINIERI HANNO INCOMINCIATO UN PESTAGGIO PAZZESCO A CALCI, PUGNI, COLPI DI MANGANELLI, ma erano talmente presi a darmele di santa ragione che non si sono accorti di aver lasciato la porta aperta e mia madre sulla porta urlava: "PERCHE’ GLI STATE FACENDO QUESTO?". Come risposta un carabiniere le ha sbattuto la porta in faccia ed hanno ripreso il loro pestaggio contro di me.
Dopo circa 10 minuti di "sfogo" su di me mi hanno rimesso in piedi e sbattuto su una sedia.
Io non riuscivo a capire più niente, tante le botte che avevo preso; in più sentivo mia madre che continuava a bussare e urlare fuori dalla porta. Dopo qualche minuto viste le condizioni in cui mi avevano ridotto, due carabinieri mi hanno preso e portato all’ospedale S.ANNA di Brescia, ma in auto mentre mi accompagnano in ospedale mi consigliano di non dire quello che era veramente accaduto, per non "aggravare" di più la mia situazione e che al ritorno avrei parlato con il MARESCIALLO e tutto sarebbe finito lì.
Infatti arrivati al Pronto Soccorso davanti al medico e sempre con i due carabinieri, io steso su una barella e il medico, seduto alla sua scrivania con a fianco un carabiniere, mi chiede cosa è successo. Io, vedendo il carabiniere vicino al dottore che muoveva la testa nel senso di farmi capire di NON RACCONTARE QUANTO EFFETTIVAMENTE ACCADUTO, ho risposto di essere caduto dalle scale, però ho anche riferito di accusare dei fortissimi dolori alla schiena, al torace e alla testa. EPPURE IL MEDICO NON SI E NEMMENO AVVICINATO A GUARDARMI e visitarmi NONOSTANTE AVESSI IL VOLTO A SANGUE. Fine della "visita medica" .
Sempre ammanettato con le mani dietro la schiena con un carabiniere siamo usciti in sala attesa, mentre l’altro carabiniere si è intrattenuto con il medico del pronto soccorso per circa 15/20 minuti. Poi siamo ripartiti per ritornare a Ospitaletto e gli stessi carabinieri si complimentano con me lasciandomi intendere che tra poco tutto sarebbe finito e io sarei tornato a casa. Ma una volta rientrati nella caserma di Ospitaletto, sempre in attesa di parlare con il MARESCIALLO, dopo circa dieci minuti, sono stato ripreso dagli stessi carabinieri che mi avevano portato in ospedale per essere portato alla caserma di GUSSAGO.
Io non riuscivo a capire niente e continuavo a chiedere quando avrei parlato con il MARESCIALLO e il perché mi portavano a Gussago. Risposta: "per seguire la procedura dovevo fare delle foto". Fatte le foto, prese le mie impronte digitali mi riportano a Ospitaletto, rassicurandomi che una volta arrivati avrei parlato con il MARESCIALLO.
Ma cinque minuti dopo essere arrivati a Ospitaletto, non ho visto nessuno, nè il MARESCIALLO nè alcuno dei miei familiari; mi hanno rimesso in macchina e a sirene accese e di corsa mi hanno portato al CARCERE di Cantonmondello. Io continuavo a chiedere spiegazioni, ma i due carabinieri continuavano a ridersela tra loro.
Arrivati al carcere, i due sempre con modi disprezzativi e maldestri mi hanno consegnato ad un agente della Polizia Penitenziaria il quale, durante il tragitto in carcere fino ad arrivare non so in quale ufficio continuava a spingermi e a darmi calci e pugni da dietro e, alla mia domanda perché mi trattava in quel modo sapete cosa mi ha risposto? "LO HANNO FATTO I CARABINIERI, PERCHE’ NON POSSO FARLO ANCH’IO?"

QUESTO E’ SOLO L’INIZIO DELLA MIA FINE COME UOMO!
Dopo tre giorni vengo interrogato da un giudice e nonostante la nomina di un difensore di ufficio che non si è presentato, il giudice mi ha chiesto se volevo parlare ugualmente, tenendo presente che tutto quello che dicevo, senza la presenza dell’ avvocato, poteva essere usato contro di me in tribunale. IO CONSAPEVOLE DI NON AVER FATTO NIENTE DI ILLEGALE, ho raccontato tutto quello che Vi ho appena descritto sopra.
Il giudice si è subito pronunciato di essere disposto a concedermi gli arresti domiciliari, ma visto che a casa mia con mia moglie era da escludere, mi ha chiesto se avevo dei parenti o amici disposti a prendermi con loro a casa. Io ho risposto di si, che ho un fratello che vive a Brescia, ma per correttezza dovevo prima chiedergli se era disposto ad accogliermi a casa sua. Così il giudice ha convalidato il mio arresto in attesa di sapere se qualcuno fosse disposto a prendermi a casa con gli arresti domiciliari.
HO PASSATO QUINDICI GIORNI IN PRIGIONE TRA DOLORI FISICI ATROCI (ogni giorno in infermeria per farmi sempre di continuo lastre al torace, non riuscivo a respirare, avevo delle costole inclinate e di RX ne ho fatte tantissime).
MA DOLORI FISICI A PARTE, QUELLI MORALI ERANO ANCORA PEGGIO E SOPRATUTTO LA RABBIA per gli abusi subiti ad opera dei CARABINIERI DI OSPITALETTO. Ancora oggi non riesco a capire il perché sono stato ridotto in quel modo, ma soprattutto COSA HO FATTO PER ESSERE PESTATO A SANGUE.
Dopo 15 giorni di prigione, di quasi agonia e sofferenza un avvocato questa volta da me nominato riesce a farmi concedere gli arresti domiciliari presso l’abitazione di mio fratello.
Dopo due lunghi mesi di arresti domiciliari, per evitare di perdere il mio lavoro, unica fonte di reddito per la mia famiglia, mi viene concessa la libertà con obbligo di firma.
Vista l’ordinanza del giudice che mi impediva di ritornare nella mia abitazione con la mia famiglia ho dovuto trovare un appartamento (con tutte le spese che ciò comporta) ed ora sono domiciliato in Rodegno-Saiano via Brescia 14.
MA ANCORA NON E’ FINITA. Una sera dopo tanti mesi di reclusione decido appena finito di lavorare di fare un giro con la mia macchina a Ospitaletto, il paese dove ho vissuto per 10 anni e dove abitano i miei figli e amici. Incontro un amico che mi offre al bar un aperitivo: UN CAMPARI CON UN GOCCIO DI GIN. Avevo chiesto per telefono a mio figlio maggiore un mio oggetto da casa e gli avevo promesso che sarei passavo sotto casa per prendermi questo oggetto. Preciso che CASA MIA è situata di fronte alla Caserma dei Carabinieri di Ospitaletto. Parcheggio sotto casa, in attesa che mio figlio scenda da casa, nel frattempo ricevo una chiamata da mia madre che mi riferiva che era pronta la cena, richiamo mio figlio che non riusciva a trovare quello che mi serviva, e gli dico di lasciar perdere perché dovevo andare a cenare. Chiudo il telefonino, rimetto in moto la macchina e riparto, destinazione casa in Rodegno-Saiano, MA SENZA NEMMENO AVERCI FATTO CASO LA MACCHINA CHE MI PRECEDEVA INDOVINATE CHI ERA? LA MACCHINA DEI CARABINIERI, GLI STESSI CHE MI AVEVANO PESTATO A SANGUE. Ho visto che il carabiniere seduto a fianco al conducente si voltava dietro e non appena riconosciuta la mia vettura ha tirato fuori la paletta per fermarmi. Io ero in regola al 100% ma appena il carabiniere si è avvicinato alla mia auto, con fare molto minaccioso mi dice: "SEI USCITO? MA TU DA OSPITALETTO NON DEVI PIU’ NEMMENO PASSARE, VIENI IN CASERMA CHE TI FINIAMO DI ROVINARE NOI". Difatti non ancora contenti del male che mi avevano fatto, questa volta senza picchiarmi - ma non vi dico le parole di offesa e di umiliazione verso di me (tipo invalido di merda, non vali un cazzo, sei un invalido fallito, e adesso ti diamo il colpo finale) tirano fuori tante multe, false naturalmente, tipo guida senza cintura (io avevo la cintura), guida con il telefonino (non è vero: avevo già finito di telefonare quando ero fermo) e tante altre; mentre due carabinieri erano fuori a perquisire la mia auto, arriva una signora con in mano un aggeggio che non avevo mai visto, entra dentro la caserma dove aspettavo e poco dopo mi chiamano per farmi entrare e soffiare in questo aggeggio. Ho solo chiesto a cosa serviva, tanto con l’alcol messo dentro con l’aperitivo offertomi poco prima, il risultato era scontato. RISPOSTA: "CI SERVE PER TOGLIERTI LA PATENTE, COSI’ NON CI ROMPI PIU’ I COGLIONI". Ho dovuto per forza soffiare e il risultato era già scontato, ma questo ha permesso loro di sospendermi la patente per sei mesi. COSA PUO’ FARE UN INVALIDO COME ME CHE CAMMINA A FATICA , SENZA PATENTE? Mi chiedono se avevo qualcuno da chiamare per farmi tornare a casa, e io chiamo mio padre. Ma usciti dalla caserma, arrivati vicino alla mia auto, non riesco nemmeno a descrivere il modo e lo stato in cui mi avevano ridotto la macchina internamente: sedili smontati e poggiati fuori l’auto, dentro tutto sottosopra, documenti per terra, altri oggetti sparsi dappertutto. Non ci ho visto più dalla rabbia, tutte le carte dei verbali che avevo in mano le ho buttate per aria, e solo grazie alle dissuasioni di mio padre non sono ritornato ancora dentro la caserma per reclamare giustizia. Così piangendo come un bambino ferito a morte, sono ritornato a casa.
Ma, tutto questo, mi ha portato alla depressione totale, non mangio più, non voglio più vivere, mi hanno distrutto la vita, mi hanno tolto tutto quello che ho costruito nella mia vita.
Questo, un giorno mi ha portato a decidere di farla finita per sempre: ho preso con la mia auto la tangenziale che da Rodengo-Saiano porta verso Gussago e appena ho visto che la strada era libera, ho lanciato la mia macchina a tutta velocità fuori strada.
Sfortunatamente, ho solo distrutto la mia macchina e mi sono fatto male sempre nella mia già mal ridotta colonna vertebrale riportando due fratture alle vertebre L1 - L2.
Invece di quello che speravo di trovare (la fine, visto che la mia storia è una storia d’istigazione al suicidio) ho trovato nuovamente un mare di verbali da pagare e ritiro della patente per più di un anno.
Ma la cosa più assurda ora, è che con due vertebre rotte sono in attesa di un intervento chirurgico per chiudere le fratture con VITI e STAFFE IN TITANIO. Ma non solo: in base ad un certificato medico del vice primario del reparto di Neurochirurgia dell’ospedale civile di Brescia mi si consiglia il riposo assoluto e di evitare ogni genere di spostamenti in quanto RISCHIO LA TOTALE ROTTURA DELLE VERTEBRE CON CONSEGUENTE PARALISI degli arti inferiori.
Ciò nonostante, IL GIUDICE PRETENDE, ignorando IL CERTIFICATO MEDICO che io SENZA PATENTE CONTINUI AD ANDARE A GUSSAGO a 10 Km DA CASA MIA PER ASSOLVERE ALL’ OBBLIGO DI FIRMA.
ERO UN UOMO ONESTO, PADRE DI TRE FIGLI, I CARABINIERI DI OSPITALETTO MI HANNO TRASFORMATO SENZA NESSUN MOTIVO IN UN "CRIMINALE DELLA PEGGIOR SPECIE".
ORA TROVO PERSINO UN GIUDICE CHE MI IMPONE IL SUO VOLERE disattendendo le risultanze di un CERTIFICATO MEDICO DI UN NEUROCHIRURGO SPECIALISTA DI UNA STUTTURA PUBBLICA.
HO AVUTO A CHE FARE CON TANTI VERI CARABINIERI EDUCATI E CORRETTI COME IO LO SONO STATO CON LORO.
PERCHE’ QUELLI DI OSPITALETTO SONO PARTICOLARI?
MI HANNO TOLTO TUTTO, FAMIGLIA, FIGLI, CASA, AUTO, PATENTE MA IO NON SONO TOTO’ RIINA E NON FARO’ LA FINE DI STEFANO CUCCHI. IO LOTTERO’ PERCHE’ CHI HA SBAGLIATO PAGHI .
VOGLIO E PRETENDO GIUSTIZIA, QUELLA CHE LO STATO DOVREBBE GARANTIRE A OGNI CITTADINO
DISTINTI SALUTI
De Santis Marco 
 
Questa è la storia di Marco che attende spiegazioni,chiarimenti e giustizia. Intanto, persone di buona volontà hanno già indirizzato al Capo dello Stato Napolitano un appello-segnalazione del seguente tenore:
 
Signor Presidente,
come cittadini e come associazioni e comitati impegnati in vari settori, in ambito sia nazionale che internazionale, desideriamo richiamare la Sua attenzione e chiedere il Suo immediato intervento in favore di Marco De Santis di Brescia, sottoposto a gravissime violenze fisiche, sevizie, abusi di potere da parte dei Carabinieri della Caserma di Ospitaletto (Brescia), nonchè vittima di una prassi persecutoria e intimidatoria di sostanziale istigazione al suicidio, con la distruzione dell’abitacolo del suo veicolo, la sospensione prima ed il ritiro poi di una patente per invalidi, con la permanenza in carcere e poi concessione dei domiciliari, con obbligo di firma.
Oltre ai reati non perseguiti d’inqualificabili esponenti di forze dell’ordine che inconsapevoli del valore della loro divisa ed ignoranti del fatto di essere in uno Stato di diritto e di doversi attenere alle leggi elementari dell’habeas corpus e dell’inviolabilità dell’integrità personale - quel diritto che ogni uomo ha per nascita, anche in un carcere, anche in un ufficio di polizia, anche in una manifestazione di piazza, di essere rispettato dalle autorità di sicurezza o penitenziarie nella sua integrità psicofisica - hanno ritenuto di mettere in atto per futili motivi ai danni di un invalido una faida violenta degna della peggiore cosca camorristica in divisa, il signor De Santis Marco lamenta anche la tiepida sensibilità giuridica (oltre che umana, ma di umanità non disquisiamo, ci atteniamo alle leggi garantistiche) di un giudice che gli ha concesso i domiciliari con obbligo di firma, ignorando tamquam non esset un certificato medico che a causa delle fratture alla colonna vertebrale impone al De Santis l’assoluto riposo in attesa d’intervento, pena il rischio di paralisi irreversibile degli arti inferiori.
Non sappiamo di cosa sia accusato Marco De Santis, perchè sia stato in carcere ed è ora ai domiciliari, quale sia la sua imputazione e quando sarà processato.
Non lo sappiamo noi e non lo sa neppure la vittima di questa stupefacente ma gravissima vicenda.
Questo aggrava la posizione delle autorità inquirenti, in ogni caso: in Italia, nel nostro Stato di diritto vige la presunzione di non colpevolezza sino a sentenza definitiva passata in giudicato.
Ci chiediamo e Le chiediamo: ne sanno qualcosa i Carabinieri della Caserma di Ospitaletto (BS) e il suo Luogotenente? Oppure, ne sa qualcosa il Tribunale di Brescia?
Con questa lettera ci rivolgiamo a Lei, signor Presidente della Repubblica, perché tempestivamente intervenga affinché il giovane Marco De Santis non muoia come Stefano Cucchi e tante altre vittime di un obbrobrio degenerativo non consono neppure a tempi di guerra nei confronti di prigionieri politici o prigionieri di guerra, e affinchè la vittima di questo obbrobrio che offende tutti in sensibilità e coscienza democratica e civile, possa riprendere a nutrirsi, dal momento che, distrutta all’improvviso in ogni aspetto della sua vita, defraudata di dignità personale, figli, lavoro e famiglia, Marco De Santis - questo sconosciuto - ha iniziato da oltre 20 giorni uno sciopero della fame, inascoltato da tutti ma speriamo, non da Lei.
Sicuri del Suo sollecito interessamento, che se ci sarà, con la tempestività che il caso richiede, ci eviterà interpellanze, mozioni e ricorsi ad Amnesty International e alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ed altre iniziative anche, nostro malgrado, a Suo demerito,
porgiamo i nostri deferenti saluti.

Commenti all'articolo

  • Di Maria Lutero (---.---.---.118) 30 novembre 2009 10:46

    Inutile scrivere lettere a Napolitano. Non si può chiedere aiuto allo Stato per difendersi dallo Stato. Se i carabinieri fanno questo vuol dire che sanno che sono protetti, prevedono l’indignazione dell’opinione pubblica ed eventuali proteste, ma sanno di essere intoccabili perchè protetti dall’alto. E’ inutile lamentarsi. Quando lo Stato non c’è più, quando non c’è più la polizia a difenderti, ma ti devi difendere proprio dalla polizia, allora te la devi vedere da solo. Secondo me basterebbe una semplice legge: controllo periodico delle carceri di liberi cittadini e medici IN ANONIMATO (per non subire ritorsioni); se si prova che anche un solo detenuto ha subito violenze fisiche l’intero corpo di polizia del carcere viene licenziato in blocco. Così vedi come iniziano a spaventarsi e a picchiarsi tra di loro per non perdere il lavoro.


    Se i problemi si vogliono risolvere non ci vuole niente, ma non si vuole fare.
  • Di albodoro (---.---.---.142) 1 dicembre 2009 13:11
    albodoro

    Gentile Maria apprezzo il suo commento.Sono d’accordo con la sua proposta di legge per il controllo periodico nelle carceri da parte di liberi cittadini e personale medico.Ma che fare quando i pestaggi avvengono per strada, nelle caserme o negli uffici?

  • Di albodoro (---.---.---.100) 2 gennaio 2010 14:09
    albodoro

    Marco ha deciso con coraggio di non patteggiare

    La mattina di Mercoledì scorso, 9 dicembre, Marco si è confrontato con i sei carabinieri in tribunale. Proprio quei carabinieri che lo avrebbero picchiato e violentato psicologicamente. Entra tranquillo nel tribunale di Brescia e arriva a conoscenza, tramite il suo avvocato, che il PM gli aveva proposto una pena di 1 anno e otto mesi, con sospensione immediata. In poche parole, Marco, oggi sarebbe libero dai tribunali e dalla violenza psicologica che riceve ogni giorno.
    Mentre il giudice inizia a parlare, Marco si alza e rivolgendosi verso di lui, dichiara:“Io non patteggio.” Senza pensarci neanche per un solo minuto, ha rifiutato un accordo che gli avrebbe dato la libertà. L’avvocato è sbalordito. E più stordito di lui, è il giudice di marco che risponde: “Ma così rinuncia alla sospensione della pena, se poi verrà condannato torna in carcere?”.
    Fermo sulle sue posizioni, racconta di aver riferito al giudice: “Non devo essere io a scontare la pena. Io sono innocente sono colpevoli quei criminali. Loro devono pagare, non io”. Marco se avrebbe accettato, tutto sarebbe finito, ma “verrebbe tutto insabbiato come è abitudine in Italia. Ora le cose sono cambiate. Io forse rischierò di tornare dentro e subire un nuovo pestaggio, ma ho sentito il dovere di farlo anche a nome di chi è stato ucciso e non può più dire come sono andate le cose. Non so se riuscirò a fare Giustizia, ma posso dire che Marco ci ha provato e non si è arreso.”
    Ci tiene a far sapere che non tutti i carabinieri sono così. “Voglio far capire che io non sto facendo la guerra a tutta l’arma dei Carabinieri, anche perché, per mia fortuna ho conosciuti tanti carabinieri dopo il fattaccio. Mi hanno aiutato e sono state persone veramente corrette ed educate. Quelli che mi hanno pestato, sono pazzi esaltati che hanno approfittato di un invalido che senza stampelle non si regge in piedi”.

  • Di albodoro (---.---.---.100) 2 gennaio 2010 14:11
    albodoro

    Urgente.Minacce di morte per Marco e i figli

    A dieci giorni esatti dall’udienza Marco De Santis è di nuovo in pericolo...avendo denunciato i carabinieri che lo avevano ridotto in fin di vita, seviziandolo e violentandolo, con gravissimo abuso di potere,ora riceve anche biglietti dal contenuto minatorio e intimidatorio, in cui sono nominati anche i figli come possibili obiettivi di un’eliminazione fisica e di una ritorsione in perfetto stile mafioso.
    Le autorità impediscano tutto questo, e ricordino che non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico d’impedire equivale a cagionarlo.

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