S.O.S. per Marco De Santis, a rischio di morte per violenze
In chi è appassionato per vocazione al giornalismo d’inchiesta e a quello partecipativo-sociale, la coscienza non può restare insensibile nè di fronte alle grandi conquiste e vittorie di civiltà, libertà, democrazia, nè di fronte ad ingiustizie inaudite, gravissime e inqualificabili. La vocazione si accresce quando è accompagnata dalla genuina e sentita convinzione che attraverso l’impegno ed il dovere di verità si possa anche arrecare del bene a qualcuno o impedire a qualcun altro di essere coinvolto in vicende analoghe.Mi è capitato d’imbattermi in una storia stupefacente d’ingiustizia, una di quelle che non puoi ascoltare senza avvertire il bisogno di fare qualcosa, se non altro facendola emergere dalla cappa di silenzio assordante, omertoso e, quindi, raccontarla, per salvare chi l’ha vissuta sulla propria pelle e quanti altri cittadini potrebbero inciamparci in futuro.
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Subject: DENUNCIA PER PERCOSSE E MINACCE: MARESCIALLO E CARABINIERI OSPITALETTO / DENUNCIA CONTRO GIUDICE non garante DEI DIRITTI UMANI
Date: Wed, 11 Nov 2009 21:54:41 +0100
Consapevole dei diritti di legge mi assumo tutta la responsabilità di quello che scrivo.
Chiedo, a chi di competenza, di verificare tutto il mio assurdo caso, di MALA-GIUSTIZIA
La sera del 25 febbraio 2009 durante una "normale lite familiare con la moglie" in presenza dei miei figli, senza toccare con un solo dito mia moglie e stanco delle sue continue lamentele verso di me, le chiedo solo di andare via da casa se non mi sopporta più, basta. Lei va via, ma dopo 10 minuti mi arrivano in casa due carabinieri di Ospitaletto (e visto che era la terza volta che questo accadeva) mi invitano a seguirli in caserma, perché il MARESCIALLO mi voleva parlare.
Visto che in precedenza molte volte io stesso ho cercato di parlare con il MARESCIALLO ma non ci sono mai riuscito (chissà perché) decido di seguire i due carabinieri, pensando di poter chiarire la situazione una volta per tutte! Esco dal mio appartamento accompagnato da mia madre al seguito dei due carabinieri. Passato il cortile di casa e arrivati in strada un carabiniere mi impone di salire in auto, ho solamente fatto presente al carabiniere che la caserma è di fronte a casa mia, bastava attraversare la strada. Ma mi è bastato dire questo, per essere spinto con violenza per terra in mezzo alla strada ed essere ammanettato con le mani dietro la schiena. Non mi spiego ancora oggi il perché di questa scena da FILM, in mezzo alla strada, con le macchine che si fermavano e la gente che guardava. Già dolorante perché invalido (devo camminare con l’uso di stampelle che i carabinieri non mi hanno fatto prendere da casa) e con in più la violenta spinta sull’asfalto e il peso del carabiniere sulla mia schiena con il ginocchio per ammanettarmi non potete immaginare il dolore che mi hanno provocato.
Dopo circa 10 minuti di "sfogo" su di me mi hanno rimesso in piedi e sbattuto su una sedia.
Io non riuscivo a capire più niente, tante le botte che avevo preso; in più sentivo mia madre che continuava a bussare e urlare fuori dalla porta. Dopo qualche minuto viste le condizioni in cui mi avevano ridotto, due carabinieri mi hanno preso e portato all’ospedale S.ANNA di Brescia, ma in auto mentre mi accompagnano in ospedale mi consigliano di non dire quello che era veramente accaduto, per non "aggravare" di più la mia situazione e che al ritorno avrei parlato con il MARESCIALLO e tutto sarebbe finito lì.
Ma cinque minuti dopo essere arrivati a Ospitaletto, non ho visto nessuno, nè il MARESCIALLO nè alcuno dei miei familiari; mi hanno rimesso in macchina e a sirene accese e di corsa mi hanno portato al CARCERE di Cantonmondello. Io continuavo a chiedere spiegazioni, ma i due carabinieri continuavano a ridersela tra loro.
Arrivati al carcere, i due sempre con modi disprezzativi e maldestri mi hanno consegnato ad un agente della Polizia Penitenziaria il quale, durante il tragitto in carcere fino ad arrivare non so in quale ufficio continuava a spingermi e a darmi calci e pugni da dietro e, alla mia domanda perché mi trattava in quel modo sapete cosa mi ha risposto? "LO HANNO FATTO I CARABINIERI, PERCHE’ NON POSSO FARLO ANCH’IO?"
QUESTO E’ SOLO L’INIZIO DELLA MIA FINE COME UOMO!
Dopo tre giorni vengo interrogato da un giudice e nonostante la nomina di un difensore di ufficio che non si è presentato, il giudice mi ha chiesto se volevo parlare ugualmente, tenendo presente che tutto quello che dicevo, senza la presenza dell’ avvocato, poteva essere usato contro di me in tribunale. IO CONSAPEVOLE DI NON AVER FATTO NIENTE DI ILLEGALE, ho raccontato tutto quello che Vi ho appena descritto sopra.
Il giudice si è subito pronunciato di essere disposto a concedermi gli arresti domiciliari, ma visto che a casa mia con mia moglie era da escludere, mi ha chiesto se avevo dei parenti o amici disposti a prendermi con loro a casa. Io ho risposto di si, che ho un fratello che vive a Brescia, ma per correttezza dovevo prima chiedergli se era disposto ad accogliermi a casa sua. Così il giudice ha convalidato il mio arresto in attesa di sapere se qualcuno fosse disposto a prendermi a casa con gli arresti domiciliari.
HO PASSATO QUINDICI GIORNI IN PRIGIONE TRA DOLORI FISICI ATROCI (ogni giorno in infermeria per farmi sempre di continuo lastre al torace, non riuscivo a respirare, avevo delle costole inclinate e di RX ne ho fatte tantissime).
MA DOLORI FISICI A PARTE, QUELLI MORALI ERANO ANCORA PEGGIO E SOPRATUTTO LA RABBIA per gli abusi subiti ad opera dei CARABINIERI DI OSPITALETTO. Ancora oggi non riesco a capire il perché sono stato ridotto in quel modo, ma soprattutto COSA HO FATTO PER ESSERE PESTATO A SANGUE.
Dopo 15 giorni di prigione, di quasi agonia e sofferenza un avvocato questa volta da me nominato riesce a farmi concedere gli arresti domiciliari presso l’abitazione di mio fratello.
Dopo due lunghi mesi di arresti domiciliari, per evitare di perdere il mio lavoro, unica fonte di reddito per la mia famiglia, mi viene concessa la libertà con obbligo di firma.
Vista l’ordinanza del giudice che mi impediva di ritornare nella mia abitazione con la mia famiglia ho dovuto trovare un appartamento (con tutte le spese che ciò comporta) ed ora sono domiciliato in Rodegno-Saiano via Brescia 14.
MA ANCORA NON E’ FINITA. Una sera dopo tanti mesi di reclusione decido appena finito di lavorare di fare un giro con la mia macchina a Ospitaletto, il paese dove ho vissuto per 10 anni e dove abitano i miei figli e amici. Incontro un amico che mi offre al bar un aperitivo: UN CAMPARI CON UN GOCCIO DI GIN. Avevo chiesto per telefono a mio figlio maggiore un mio oggetto da casa e gli avevo promesso che sarei passavo sotto casa per prendermi questo oggetto. Preciso che CASA MIA è situata di fronte alla Caserma dei Carabinieri di Ospitaletto. Parcheggio sotto casa, in attesa che mio figlio scenda da casa, nel frattempo ricevo una chiamata da mia madre che mi riferiva che era pronta la cena, richiamo mio figlio che non riusciva a trovare quello che mi serviva, e gli dico di lasciar perdere perché dovevo andare a cenare. Chiudo il telefonino, rimetto in moto la macchina e riparto, destinazione casa in Rodegno-Saiano, MA SENZA NEMMENO AVERCI FATTO CASO LA MACCHINA CHE MI PRECEDEVA INDOVINATE CHI ERA? LA MACCHINA DEI CARABINIERI, GLI STESSI CHE MI AVEVANO PESTATO A SANGUE. Ho visto che il carabiniere seduto a fianco al conducente si voltava dietro e non appena riconosciuta la mia vettura ha tirato fuori la paletta per fermarmi. Io ero in regola al 100% ma appena il carabiniere si è avvicinato alla mia auto, con fare molto minaccioso mi dice: "SEI USCITO? MA TU DA OSPITALETTO NON DEVI PIU’ NEMMENO PASSARE, VIENI IN CASERMA CHE TI FINIAMO DI ROVINARE NOI". Difatti non ancora contenti del male che mi avevano fatto, questa volta senza picchiarmi - ma non vi dico le parole di offesa e di umiliazione verso di me (tipo invalido di merda, non vali un cazzo, sei un invalido fallito, e adesso ti diamo il colpo finale) tirano fuori tante multe, false naturalmente, tipo guida senza cintura (io avevo la cintura), guida con il telefonino (non è vero: avevo già finito di telefonare quando ero fermo) e tante altre; mentre due carabinieri erano fuori a perquisire la mia auto, arriva una signora con in mano un aggeggio che non avevo mai visto, entra dentro la caserma dove aspettavo e poco dopo mi chiamano per farmi entrare e soffiare in questo aggeggio. Ho solo chiesto a cosa serviva, tanto con l’alcol messo dentro con l’aperitivo offertomi poco prima, il risultato era scontato. RISPOSTA: "CI SERVE PER TOGLIERTI LA PATENTE, COSI’ NON CI ROMPI PIU’ I COGLIONI". Ho dovuto per forza soffiare e il risultato era già scontato, ma questo ha permesso loro di sospendermi la patente per sei mesi. COSA PUO’ FARE UN INVALIDO COME ME CHE CAMMINA A FATICA , SENZA PATENTE? Mi chiedono se avevo qualcuno da chiamare per farmi tornare a casa, e io chiamo mio padre. Ma usciti dalla caserma, arrivati vicino alla mia auto, non riesco nemmeno a descrivere il modo e lo stato in cui mi avevano ridotto la macchina internamente: sedili smontati e poggiati fuori l’auto, dentro tutto sottosopra, documenti per terra, altri oggetti sparsi dappertutto. Non ci ho visto più dalla rabbia, tutte le carte dei verbali che avevo in mano le ho buttate per aria, e solo grazie alle dissuasioni di mio padre non sono ritornato ancora dentro la caserma per reclamare giustizia. Così piangendo come un bambino ferito a morte, sono ritornato a casa.
Ma, tutto questo, mi ha portato alla depressione totale, non mangio più, non voglio più vivere, mi hanno distrutto la vita, mi hanno tolto tutto quello che ho costruito nella mia vita.
Questo, un giorno mi ha portato a decidere di farla finita per sempre: ho preso con la mia auto la tangenziale che da Rodengo-Saiano porta verso Gussago e appena ho visto che la strada era libera, ho lanciato la mia macchina a tutta velocità fuori strada.
Sfortunatamente, ho solo distrutto la mia macchina e mi sono fatto male sempre nella mia già mal ridotta colonna vertebrale riportando due fratture alle vertebre L1 - L2.
Invece di quello che speravo di trovare (la fine, visto che la mia storia è una storia d’istigazione al suicidio) ho trovato nuovamente un mare di verbali da pagare e ritiro della patente per più di un anno.
Ma la cosa più assurda ora, è che con due vertebre rotte sono in attesa di un intervento chirurgico per chiudere le fratture con VITI e STAFFE IN TITANIO. Ma non solo: in base ad un certificato medico del vice primario del reparto di Neurochirurgia dell’ospedale civile di Brescia mi si consiglia il riposo assoluto e di evitare ogni genere di spostamenti in quanto RISCHIO LA TOTALE ROTTURA DELLE VERTEBRE CON CONSEGUENTE PARALISI degli arti inferiori.
Ciò nonostante, IL GIUDICE PRETENDE, ignorando IL CERTIFICATO MEDICO che io SENZA PATENTE CONTINUI AD ANDARE A GUSSAGO a 10 Km DA CASA MIA PER ASSOLVERE ALL’ OBBLIGO DI FIRMA.
ERO UN UOMO ONESTO, PADRE DI TRE FIGLI, I CARABINIERI DI OSPITALETTO MI HANNO TRASFORMATO SENZA NESSUN MOTIVO IN UN "CRIMINALE DELLA PEGGIOR SPECIE".
HO AVUTO A CHE FARE CON TANTI VERI CARABINIERI EDUCATI E CORRETTI COME IO LO SONO STATO CON LORO.
MI HANNO TOLTO TUTTO, FAMIGLIA, FIGLI, CASA, AUTO, PATENTE MA IO NON SONO TOTO’ RIINA E NON FARO’ LA FINE DI STEFANO CUCCHI. IO LOTTERO’ PERCHE’ CHI HA SBAGLIATO PAGHI .
VOGLIO E PRETENDO GIUSTIZIA, QUELLA CHE LO STATO DOVREBBE GARANTIRE A OGNI CITTADINO
DISTINTI SALUTI
De Santis Marco
come cittadini e come associazioni e comitati impegnati in vari settori, in ambito sia nazionale che internazionale, desideriamo richiamare la Sua attenzione e chiedere il Suo immediato intervento in favore di Marco De Santis di Brescia, sottoposto a gravissime violenze fisiche, sevizie, abusi di potere da parte dei Carabinieri della Caserma di Ospitaletto (Brescia), nonchè vittima di una prassi persecutoria e intimidatoria di sostanziale istigazione al suicidio, con la distruzione dell’abitacolo del suo veicolo, la sospensione prima ed il ritiro poi di una patente per invalidi, con la permanenza in carcere e poi concessione dei domiciliari, con obbligo di firma.
Oltre ai reati non perseguiti d’inqualificabili esponenti di forze dell’ordine che inconsapevoli del valore della loro divisa ed ignoranti del fatto di essere in uno Stato di diritto e di doversi attenere alle leggi elementari dell’habeas corpus e dell’inviolabilità dell’integrità personale - quel diritto che ogni uomo ha per nascita, anche in un carcere, anche in un ufficio di polizia, anche in una manifestazione di piazza, di essere rispettato dalle autorità di sicurezza o penitenziarie nella sua integrità psicofisica - hanno ritenuto di mettere in atto per futili motivi ai danni di un invalido una faida violenta degna della peggiore cosca camorristica in divisa, il signor De Santis Marco lamenta anche la tiepida sensibilità giuridica (oltre che umana, ma di umanità non disquisiamo, ci atteniamo alle leggi garantistiche) di un giudice che gli ha concesso i domiciliari con obbligo di firma, ignorando tamquam non esset un certificato medico che a causa delle fratture alla colonna vertebrale impone al De Santis l’assoluto riposo in attesa d’intervento, pena il rischio di paralisi irreversibile degli arti inferiori.
Non sappiamo di cosa sia accusato Marco De Santis, perchè sia stato in carcere ed è ora ai domiciliari, quale sia la sua imputazione e quando sarà processato.
Non lo sappiamo noi e non lo sa neppure la vittima di questa stupefacente ma gravissima vicenda.
Questo aggrava la posizione delle autorità inquirenti, in ogni caso: in Italia, nel nostro Stato di diritto vige la presunzione di non colpevolezza sino a sentenza definitiva passata in giudicato.
Ci chiediamo e Le chiediamo: ne sanno qualcosa i Carabinieri della Caserma di Ospitaletto (BS) e il suo Luogotenente? Oppure, ne sa qualcosa il Tribunale di Brescia?
Con questa lettera ci rivolgiamo a Lei, signor Presidente della Repubblica, perché tempestivamente intervenga affinché il giovane Marco De Santis non muoia come Stefano Cucchi e tante altre vittime di un obbrobrio degenerativo non consono neppure a tempi di guerra nei confronti di prigionieri politici o prigionieri di guerra, e affinchè la vittima di questo obbrobrio che offende tutti in sensibilità e coscienza democratica e civile, possa riprendere a nutrirsi, dal momento che, distrutta all’improvviso in ogni aspetto della sua vita, defraudata di dignità personale, figli, lavoro e famiglia, Marco De Santis - questo sconosciuto - ha iniziato da oltre 20 giorni uno sciopero della fame, inascoltato da tutti ma speriamo, non da Lei.
Sicuri del Suo sollecito interessamento, che se ci sarà, con la tempestività che il caso richiede, ci eviterà interpellanze, mozioni e ricorsi ad Amnesty International e alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ed altre iniziative anche, nostro malgrado, a Suo demerito,
porgiamo i nostri deferenti saluti.
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