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La Cina aumenta il protezionismo

La Cina non si accontenta di criticare gli altri di protezionismo. Essa stessa vuole essere protezionista, a volte in modi estremi.

Nonostante la preoccupazione occidentale, ed essendo già una potenza esportatrice, il governo cinese ha deciso di incoraggiare le esportazioni mentre preferisce adottare prodotti locali per uso interno, diminuendo le importazioni.

Tre programmi sono stati attuati: abbassamento delle tasse sull’export, prestiti più generosi dalla banche di proprietà governativa per finanziare il commercio, e più viaggi pagati dal governo per promuovere le aziende all’estero.

Allo stesso tempo, Pechino ha bandito tutte le agezie governative locali, provinciali e nazionali dal comprare prodotti importati, eccezion fatta per quelli che non hanno un sostituto in patria. Oltre a tutto ciò, ha posto un limite sulla quantità di materie prime chiave che possono lasciare il paese.

Ron Kirk, il rappresentante degli Stati Uniti presso il WTO (World Trade Organization), ha proposto il 23 Giugno con l’Unione Europea una lamentela nell’organizzazione, accusando la Cina, che è uno dei produttori principali mondiali, di dare un vantaggio ingiusto alle manifatture cinesi che usano queste materie. La Cina nega che abbia rotto alcuna regola del WTO, ma gli Stati Uniti hanno rincarato la dose dichiarando che “non solo stanno continuando ma anche accelerando gli approcci protezionisti che hanno preso nel passato per promuovere lo sviluppo economico”.


Queste politiche potranno assicurare alla Cina una crescita continua, ma al rischio di alimentare le tensioni globali in un periodo sensibile, quando molti paesi stanno prendendo misure per diminuire il commercio.

Il programma cinese su lunga durata infatti prevede incentivi per un’economia di consumo domestico e di esportazioni all’estero. Una specie di autarchia, ma più furba.

I governi provinciali, inoltre, sembra che abbiano tagliato gli sforzi verso le leggi anti-contraffazione e altre protezioni di proprietà intellettuale. I consumatori cinesi hanno meno bisogno di comprare beni importati quando possono comprare copie molto meno costose, prodotte localmente.

L’export cinese verso gli USA nei primi quattro mesi dell’anno è diminuito solamente del 12.1% rispetto all’anno precedente. Gli export americani verso la Cina, invece, sono diminuiti del 17.2%

Tuttavia il deficit commerciale americano, paradossalmente, è diminuito da 75 miliardi a 67 miliardi di dollari in questi periodi. Questo perché il commercio è così sbilanciato che un affondamento del commercio totale porta in un deficit minore, anche quando gli export americani scendono più velocemente.
 

Il governo cinese ha dato inoltre un chiaro segnale di come la sua guerra per l’appropriazione di materie prime e compagnie estere non deve essere fermata. Pena l’esclusione dal suo immenso mercato. Questo infatti è quello che è successo l’11 Luglio per il presunto scandalo dell’australiana Rio Tinto.

Commenti all'articolo

  • Di Geronimo (---.---.---.202) 3 agosto 2009 14:43

    Un semplice, ma concreto, esempio della (subdola) scarsa propensione cinese al "libero scambio" la potete avere organizzandovi per un viaggio in Cina. Vi attrezzerete di navigatore GPS per girare le grandi città e le affascinanti campagne e verificherete solo lì che, per impedire che vengano venduti navigatori di produzione estera in Cina, il sistema GPS è "inquinato" e "crittografato" con codici di codifica che solo i GPS di produzione cinese possono decifrare, in quanto dotati di decoder con le specifiche di codifica fornite dal governo.
    I navigatori prodotti in Europa, pertanto, incapaci di decodificare il segnale crittografato risultano inutilizzabili, in quanto in grado di fornire solamente indicazioni "pazze" e sballate.
    Questo è un esempio dei tanti modi di "subdolo" protezionismo attuato dai cinesi, collaborativi a parole e scorretti nei fatti. E noi europei cediamo sempre di più di fronte ad una inarrestabile conquista che ci lascerà in mutande. Da veri stupidi come stiamo dimostrando di essere.

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