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 Home page > Attualità > Istruzione > La riforma di istituti professionali e tecnici industriali

La riforma di istituti professionali e tecnici industriali

Il rilancio della cultura tecnica e professionale, favorisce, secondo le intenzioni del riformatore, la formazione delle risorse umane necessarie al rilancio del problem solving tecnologico, consentendo, per evitare i rischi della dispersione scolastica, una pluralità di scelte formative che si possano integrare con la formazione professionale regionale.
Sono due i regolamenti che riformano gli istituti tecnici industriali e gli istituti professionali, riorganizzandoli e potenziandoli a partire dall’anno scolastico 2010-2011 come scuole dell’innovazione tecnologica.
 
Questi nuovi regolamenti prevedono lo sviluppo di metodologie innovative, basate sulla didattica laboratoriale, ovvero sul saper fare, considerando il laboratorio come il nodo centrale per un modo efficace di fare scuola, infatti, negli istituti tecnici industriali gli indirizzi del settore tecnologico avranno un monte ore annuo di attività laboratoriali basato su 264 ore nel biennio, 891 ore nel triennio di cui 561 ore in terza e quarta e 330 ore in quinta classe.
 
Nel settore tecnologico per gli istituti tecnici sono stati definiti nove indirizzi: 1. meccanica, meccatronica ed energia; 2. trasporti e logistica; 3. elettronica ed elettrotecnica; 4. informatica e telecomunicazioni; 5. grafica e comunicazione; 6. chimica, materiali e biotecnologie; 7. sistema moda; 8. agraria e agroindustria; 9. costruzioni, ambiente e territorio.

Gli istituti tecnici avranno a disposizione ampi spazi di flessibilità, quindi una maggiore autonomia didattica, potendo gestire negli ultimi tre anni di corso circa un terzo dell’orario annuale riferito all’area ad indirizzo professionalizzante. Questi spazi di flessibilità si aggiungono alla quota del 20% di autonomia rispetto al monte ore complessivo delle lezioni, già esistente nell’attuale legislazione scolastica.
 
In questo modo il concetto di competenza, in ambito pedagogico-didattico, assume il significato di disposizione ad utilizzare conoscenze e abilità idonee, in un contesto determinato, per impostare e risolvere un qualsiasi problema tecnologico, configurandosi come struttura mentale capace di trasferire quanto acquisito in campi tecnico-scientifici diversi e nelle più disparate situazioni di applicazione laboratoriale.
 
Per quanto riguarda i nuovi istituti professionali, sarà confermata l’identità di questo tipo di scuola nell’ambito dell’istruzione superiore e gli obiettivi minimi didattici saranno caratterizzati dal conseguimento di conoscenze e competenze necessarie a ricoprire ruoli tecnici operativi nei settori produttivi di riferimento.
Gli istituti professionali si divideranno in 2 macrosettori, uno dei quali è rappresentato dal percorso settore industria e artigianato che avrà come unico indirizzo quello denominato “produzioni artigianali e industriali”.

Tutti gli indirizzi degli istituti professionali avranno un orario settimanale corrispondente di 32 ore di lezione, che saranno ore effettive al contrario delle attuali 36 virtuali aventi una durata media di 50 minuti.
 
Un adeguamento che in molti casi non è necessario, perché, secondo l’autonomia didattica, le scuole possono organizzare la durata di ciascun modulo orario secondo le loro esigenze di programmazione utilizzando il tempo risparmiato per svolgere altre attività didattiche come i laboratori o i gruppi di recupero, purché le effettive ore settimanali previste dalla legge siano prestate sia dagli alunni che dai professori.
 
Il percorso curriculare sarà articolato in 2 bienni e 1 quinto anno dove il secondo biennio sarà composto da singole annualità per facilitare i passaggi tra diversi sistemi di istruzione e formazione.
 
Di conseguenza gli istituti professionali potranno utilizzare le quote di flessibilità per organizzare percorsi utili al conseguimento di qualifiche di durata triennale o di diplomi professionali di durata quadriennale nell’ambito di una offerta formativa coordinata tra le scuole secondarie e la formazione professionale che a sua volta sarà programmata dalle Regioni nella loro autonomia, sulla base di accordi con il MIUR (ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca).

Infine, sarà dato più spazio didattico alla progettazione di tirocini, evidenziando Stage e alternanza scuola-lavoro per apprendere in contesti operativi come industrie di settore e consorzi di ricerca applicata.
 

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.158) 3 novembre 2009 19:25

    Non sarà mai troppo tardi se ci convinceremo che le riforme si fanno attraverso la Rigenerazione della Scuola e non con i proclami e gli spot di certe Crociate Ministeriali. Fino a quando ci piacerà credere che i ricercatori universitari arriveranno a 1800 euro/mese con i soldi dello scudo fiscale? Oppure dobbiamo farci un mutuo decennale (v.Prestigiacomo) per le opere di messa in sicurezza del territorio? (x altro => http://forum.wineuropa.it )

  • Di Aldo FIcara (---.---.---.149) 4 novembre 2009 15:17

    Come ho scritto nell’articolo la flessibilità del monte orario potrebbe rivelarsi come una valida opportunità per approfondire in modo costruttivo le tematiche tecnico-scientifiche che caratterizzano certi percorsi professionali.
    Se questa flessibilità didattica, è usata da chi gestisce la scuola a fini clientelari, sarà proclamata la triste fine dell’istruzione pubblica, ma in caso contrario se la si utilizzi esaltando la professionalità del personale docente oggettivamente più motivato ed esperto ( potere decisionale al collegio docenti e non alle presidenze) allora la speranza di una ripresa culturale nel mondo scolastico non sarà più un’utopia.
    snidmessina.attivi-blog.com/

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