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L’ultima tentazione di Massimo D’Alema

"Se per evitare il suo processo devono liberare centinaia di imputati di gravi reati, è quasi meglio che facciano una leggina ad personam per limitare il danno all’ordinamento e alla sicurezza dei cittadini".

E’ questa la frase clou dell’intervista [PDF] rilasciata da Massimo D’Alema a Maria Teresa Meli del Corriere giovedì scorso. Ed è la stessa frase che in molti hanno liberamente interpretato come un sottile segnale del "leader ad honorem" del Partito Democratico rivolto a Berlusconi e ai suoi più stretti collaboratori a Palazzo Madama e a Montecitorio su tema "giustizia".

Le interpretazioni "maligne" che vedono in questa posizione, di apparente buon senso se espressa da un esponente dell’opposizione (meglio un Lodo che congeli i processi delle più alte cariche, piuttosto che una legge ad-hoc che distrugga i processi del Presidente del Consiglio assieme a quelli di altre decine di migliaia di cittadini italiani), l’apertura alla possibilità di un dialogo sul "legittimo impedimento" o ancora di più sul "Lodo Alfano costituzionale" si scontrano contro una realtà dei fatti ben nota e stranamente ignorata: Massimo D’Alema è da sempre favorevole ad una riforma costituzionale che blocchi i processi a Silvio Berlusconi.

Non è un mistero, non è una posizione segreta dell’"abile calcolatore politico" e nemmeno uno sforzo istituzionale mirato ad una convergenza parlamentare per "le riforme".

Volendo ignorare la realtà per cui il Lodo Alfano trova le proprie origini nell’alveo del centrosinistra, è sufficientemente esplicativa questa dichiarazione: "Se il Lodo viene sviluppato in termini costituzionali e limitato alle sole alte cariche dello Stato, l’intesa è possibile".

Le parole sono quelle usate da Massimo D’Alema. E la data è il 28 maggio 2003.

E danno comunque adito ad ipotesi d’inciucio meno di quanto facciano le recentissime, ma curiosamente ignorate, e limpide dichiarazioni di Franco Marini [PDF] ("Le riforme vanno fatte, anche il lodo costituzionale Alfano") e del beniamino di molti oppositori "duri e puri" del premier, Oscar Luigi Scalfaro [PDF] ("Non sono per nulla contrario ad un provvedimento che dia una tutela al premier a condizione che non ci sia danno a terzi").

Ciò che colpisce in questo frangente è la tempistica di questa intervista di giovedì in cui l’esponente democratico si lascia andare a considerazioni sul mancato dialogo istituzionale e sulla deriva presidenzialista del paese (una deriva peraltro sostenuta e richiesta da D’Alema stesso durante l’intero periodo della bicamerale). Proprio in questi giorni il PD è impegnato nelle commissioni Giustizia di Camera e Senato in una battaglia ostruzionistica, coordinata dagli "irriducibili" Felice Casson e Donatella Ferranti, finalizzata ad ostacolare con ogni mezzo l’approvazione dei DDL su "legittimo impedimento" e "prescrizione breve" (comunemente ed impropriamente definito "processo breve").

Per entrambe le leggi, stando alla stesura attuale (che il centrodesta non sembra intenzionato a lasciar modificare neanche di una virgola), emergono gli stessi profili di incostituzionalità ravvisati dalla Consulta nella disamina del Lodo Alfano, a partire dall’automatismo che dovrebbe caratterizzerebbe il diritto all’impedimento per il Presidente del Consiglio (una sorta di Lodo Alfano bis copia identica del precedente) per finire con la prescrizione automatica dopo i 24 mesi di dibattimento nella "prescrizione breve" (violazione del diritto alla difesa).

In virtù di queste palesi incostituzionalità, ravvisate peraltro dagli stessi esponenti del Partito Democratico, negli ambienti dell’opposizione interna nel PD crescono profondi malumori e seri dubbi sul senso di uno scambio tra l’opposizione ad una legge incostituzionale e l’approvazione bipartisan di una riforma costituzionale salva-premier.

Soprattutto se questo appello all’approvazione di una riforma costituzionale più che una strategia mirata alla riduzione dei danni sembra assomigliare ad una consulenza legale tesa ad evitare altre bocciature per Silvio Berlusconi.

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.223) 21 dicembre 2009 12:39

    Ieri D’Alema ha dichiarato: Non siamo disponibili a fare leggine per Berlusconi, ma pronti a lanciare la sfida del dialogo e delle riforme. Il vero problema del paese è la presenza di una casta di PRIMI SUPER CIVES che rivendica privilegi e immunità mentre la CRISI-Atto secondo macina record di famiglie indebitate, imprese a rischio chiusura e nuovi disoccupati. (=> http://forum.wineuropa.it

  • Di rickylg (---.---.---.103) 21 dicembre 2009 21:21
    rickylg

    Nemmeno io sarei in disaccordo con una legge che preveda una certa garanzia processuale nei confronti delle alte cariche istituzionali. La cosa però va fatta seguendo, secondo me, alcuni criteri:

    1) Non può essere prorogabile. L’alta carica è immune fino alla fine del mandato naturale, dopodichè si deve sottoporre a giudizio.
    2) Non può valere per i procedimenti in corso prima dell’elezione del soggetto inquisito ad alta carica dello Stato.
    3) Non può valere per i reati che esulano dalla normale attività politica (dunque se sei un sospetto corrotto, uno stupratore o un omicida, ciò non rientra nell’immunità).

    Senza queste tre condizioni, a mio avviso, non si tratterebbe di una legge atta a garantire la tranquillità delle alte cariche, ma di una licenza a delinquere.

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