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Teheran, parlano i prigionieri rilasciati

Il regime iraniano ha rilasciato 140 manifestanti. Alcuni di loro hanno raccontato delle torture subite durante il periodo di detenzione. Storie agghiaccianti.

La commemorazione silenziosa chiesta da Mussavi per oggi in ricordo dei manifestanti uccisi dalle milizie basji non è stata – come era prevedibile – autorizzata. Intanto Teheran ha autorizzato il rilascio di 140 arrestati durante le proteste contro i brogli, e con loro sono venute fuori anche le storie agghiaccianti della detenzione, dei pestaggi, dei morti in quelle celle. E’ tornata in libertà anche Shadi Sadr, l’avvocata delle donne fermata all’università.

Nel carcere di Evin sarebbero rimasti almeno 200 attivisti ed esponenti del fronte riformista, molti di loro in isolamento da oltre 40 giorni, come l’ideatore della campagna web pro Mussavi, Mohammad- Reza Jalaleipour, ricercatore all’università di Oxford di 27 anni.

La moglie, che è riuscita a tornare in Inghilterra, ha raccontato dell’arresto all’aeroporto di Teheran, il 17 giugno scorso, l’ultima volta in cui ha visto il marito.

Ufficialmente chi è morto in prigione è deceduto per meningite, come Mohammed Kamrani e Mohsen Ruholamini, che è riuscito ad uscire, ma si è spento poco dopo. Aveva tutti i denti rotti, e prima di morire ha raccontato che lo avevano tenuto sotto il sole, per ore.

Torture. Come quelle che ricorda un ragazzo che invece si è salvato: celle dove si stava stipati fra il sangue delle ferite e i propri escrementi, e dove le manganellate arrivavano all’improvviso, a volte anche al buio.

Di due altri morti in carcere si conosce solo l’età: 16 e 17 anni.

Ma se il governo ha ammesso 30 vittime dall’inizio delle manifestazioni e 300 arresti, dai blog e dai siti iraniani i numeri sarebbero molto più alti: 76 decessi e 430 detenuti. Il rilascio di queste 140 persone, apparentemente un gesto di apertura del governo, arriva insieme all’ordine di chiusura del carcere di Kharizak da parte della guida suprema Kamenei, centro diventato noto proprio per i maltrattamenti e le morti più che sospette dell’ultimo mese, gestito dai servizi paralleli dei pashdaran che rispondono direttamente all’Ayathollah.

E’ lì che è stato detenuto Ruholamini, che non era solo uno studente di 25 anni, ma anche il figlio di un esponente conservatore, consigliere del candidato alle scorse presidenziali Rezai.

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