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"Ci avevano messo il Paese nelle mani"

Al Tribunale di Torino, dove il processo d’appello al senatore Marcello Dell’Utri è stato spostato per ragioni di sicurezza, fa il suo ingresso in aula il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza per rendere ai magistrati la sua deposizione e per fare il nome che tanti aspettavano che facesse, e che molti invece temevano fosse pronunciato. Silvio Berlusconi.

Alle ore 11 e 58 inizia nell’aula bunker del Tribunale di Torino la deposizione del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, protetto da una decina di agenti delle forze dell’ordine e dell’antimafia, nascosto da due paraventi bianchi e da un passamontagna.
 
Sembra di assistere alla scena di un film nel quale il testimone va protetto a tutti i costi e il suo volto viene nascosto agli occhi dei presenti e dei tanti che seguono la diretta televisiva. Sembra un film, ma è tutto reale, vero, senza mediazione, oggi, in Italia.
 
Gaspare Spatuzza, l’uomo che si è auto-accusato di più di quaranta omicidi. Gaspare Spatuzza, l’uomo che si è auto-accusato della preparazione e delle messa in atto delle stragi che hanno insanguinato l’Italia nel 1993. Gaspare Spatuzza, l’uomo che ha preparato l’acido nel quale Giovanni Brusca ha sciolto il corpo del piccolo Di Matteo dopo averlo strangolato con le sue mani.
 
Gaspare Spatuzza parla, rende la sua deposizione davanti ai magistrati, risponde alle domande del Procuratore Generale di Palermo Antonino Gatto, e apre degli scenari che riguardano la storia del nostro Paese, ma non solo, che ci toccano nel profondo e, se confermate, gettano una luce nelle tenebre del "Potere" e della politica del nostro sistema repubblicano e "democratico".
 
Le dichiarazioni rese dal killer della famiglia mafiosa di Brancaccio, i Graviano, vanno analizzate, vagliate e riscontrate. Il lavoro che attende la magistratura palermitana è difficile e tortuoso, ma il peso di quelle parole pronunciate in aula resta.
 
Per la prima volta nella storia italiana un "pentito" accusa direttamente, e senza frottoli, il in carica. Per la prima volta in centocinquant’anni, questo sì, il Capo del Governo in carica viene accusato di essere, lui e il suo partito, il referente politico di "Cosa Nostra".
 
<<Nel 1994 incontrai Giuseppe Graviano in un bar in via Veneto, aveva un atteggiamento gioioso. Ci siamo seduti e disse che avevamo chiuso tutto e ottenuto quello che cercavamo grazie alla serietà di persone che avevano portato avanti quella storia e non come quei quattro ’crasti’ socialisti che avevano preso i voti nel 1998/1999 e poi ci avevano fatto la guerra. Mi vennero fatti due nomi tra cui quello di Berlusconi. Io chiesi se era quello di Canale 5, e mi disse di sì. C’era pure un altro nostro paesano, Dell’Utri>> - le accuse sono gravissime ed investono in pieno i co-fondatori di Forza Italia - <<Graviano disse che grazie alla serietà di queste persone ci avevano messo il Paese nelle mani>>.
 
A poco a poco che sentiamo parlare il "pentito", che lasciamo scorrere le sue parole nella nostra mente, e nella nostra memoria, le sue dichiarazioni ci fanno rabbrividire, e ci riportano al periodo più oscuro della nostra storia, quello stragista.
 
Spatuzza rivendica gli attentati del 22 maggio e del 19 luglio 1992 - nelle quali persero la vita i giiudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, oltre ad altri innocenti - come attentati appartenenti a "Cosa Nostra" in un’ottica di guerra nei confronti dei più acerrimi ed irriducibili nemici. Ma non rivendica gli attentati del ’93 come appartenenti alla "Mafia", o non solo.
 
Lascia intendere pertanto l’esistenza di un preciso piano stragista orchestrato da settori deviati dello Stato al fine di "stabilizzare" il Paese in conseguenza del crollo dell’intero regime partitico soffocato dallo scandalo di "Tangentopoli", e che può essere definito con tre sole parole: "Strategia della Tensione".
 
<< Nel 2004 lui - Filippo Graviano - stava malissimo... Mi disse di far sapere al fratello Giuseppe che se non arrivava qualcosa da dove doveva arrivare, allora bisognava parlare coi magistrati>> - nel 2004 Silvio Berlusconi era al governo già da tre anni, aveva un’ampia maggioranza parlamentare e i boss corleonesi del quartiere Brancaccio di Palermo aspettavano un salvacondotto criminale, la riduzione delle pene, una marcia indietro sul 41 bis. Aspettavano insomma di essere salvati dal loro "referente politico".
 
A queto punto il Procuratore Antonino Gatto chiede delucidazioni su quella frase: "da dove doveva arrivare". Spatuzza continua << I timori di parlare del Presidente del Consiglio erano e sono tanti. Basta vedere che quando ho cominciato a rendere i colloqui investigativi con i pm mi trovavo con Berlusconi primo ministro, e come ministro della Giustizia uno che consideravamo un ’vice’ del primo ministro e di Marcello Dell’Utri>>.
 
Sembrano parole tratte da un romanzo, ma sono vere, reali, e sono state pronunciate in un’aula di giustizia.
 
Potremmo anche continuare la narrazione delle pagine di questo romanzo ma preferiamo fermarci. Alle dichiarazioni di Spatuzza c’è bisogno di un riscontro. Senza riscontro sono solo chiacchiere calunniose nei confronti di chi rappresenta la "quarta carica" dello Stato.
 
L’udienza per il processo d’appello al senatore Marcello Dell’Utri riprenderà venerdì prossimo 11 dicembre, quando saranno sentiti in videoconferenza i boss Filippo e Giuseppe Graviano.
 
Solo allora potrebbe scoppiare quella che il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha definito nei giorni addietro la "bomba atomica". Se le dichiarazioni dei boss di Brancaccio dovessero sconfessare Spatuzza, allora tutto si trasformerebbe in una bolla di sapone, senza ulteriori assi nella manica dei pm.
 
Ascoltando la deposizione di Gaspare Spatuzza ci rimbombavano nella mente queste parole, scritte alcuni anni addietro dall’ultimo vero intellettuale del nostro tempo:
 
"Io so. Io so i nomi di quello che viene chiamato golpe. Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del ’vertice’ che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpes, sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia, infine, gli ’ignoti’ autori materiali delle stragi più recenti".
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"Io so i nomi del gruppo dei potenti che, con l’aiuto della Cia (e in second’ordine dei colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il 1968, e, in seguito, sempre con l’aiuto e l’ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del referendum".
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"Io so i nomi delle persone serie ed importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani e no, che si sono messi a disposizione, come Killers e sicari.
Io so tutti questi nomi e tutti questi fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.
 
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
 
Io so perchè sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi disorganizzati e frammentati di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero".
 
(Scritti Corsari - Il romanzo delle stragi - Pier Paolo Pasolini, 14 novembre 1974)

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