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 Home page > Attualità > Economia > Possibile che in Italia a pagare siano sempre gli stessi?

Possibile che in Italia a pagare siano sempre gli stessi?

E’ trascorso circa un anno dall’insediamento del nuovo Governo. In materia di politica economica, l’impressione è che il governo delle destre abbia spesso scelto di non scegliere. Ha affrontato la crisi prendendo tempo e, al massimo, varando alcuni interventi tampone per fronteggiare le richieste più pressanti che venivano dal mondo del lavoro e delle imprese. Ha scommesso tutto su di una crisi di breve durata, pur sapendo che i tempi della crisi globale sarebbero stati dettati da eventi al di fuori del suo controllo. Una scommessa piuttosto azzardata, anche se tutti ci auguriamo che la crisi sia davvero breve. Sin qui il crollo è stato più rapido che nel 1929. Speriamo ora di avere lasciato alle spalle il punto più basso e di risalire in fretta. Ci sono indubbiamente alcuni segnali positivi soprattutto dal settore immobiliare statunitense e dalla Cina. E l’euforia delle borse di tutto il mondo, nell’ultimo mese, segnala un cambiamento dei sentimenti, degli animal spirits.


L’augurio è che l’ottimismo sia altrettanto contagioso di quel pessimismo che ci aveva portato sull’orlo del precipizio. Il rischio di una nuova degenerazione della crisi è tuttavia ancora presente perché l’eccessivo indebitamento delle banche è stato solo parzialmente ridotto. I fattori di instabilità del sistema finanziario internazionale non sono stati ancora affrontati alla radice e sull’Europa incombe la crisi dei paesi dell’ex blocco sovietico. Questa crisi appare comunque destinata a modificare la geografia economica mondiale, i rapporti competitivi fra gli Stati. E’ una crisi maturata oltreoceano, che lascerà lunghi strascichi in quella che sin qui è stata l’indiscussa prima potenza economica mondiale. Gli "States" dovranno portare a termine un costoso processo di deleveraging, di riduzione del debito del settore privato. E’ un processo che riguarda in modo meno pronunciato l’Europa che può trovare la forza di investire nei settori di punta e riuscire ad attrarre quei talenti che sin qui andavano negli Stati Uniti. Oggi l’Europa può davvero ambire a diventare l’economia più competitiva del pianeta come promesso a Lisbona 10 anni fa. Il nostro paese non può perciò continuare a stare a guardare. Certo, l’Italia, per colpa del suo debito pubblico, ha minori margini di manovra di altri Paesi. Proprio per questo ha più bisogno di definire in modo chiaro le sue priorità. Abbiamo l’opportunità oggi di uscire non solo dalla recessione, ma anche dalla stagnazione economica in cui siamo rimasti negli ultimi 15 anni. E i periodi di crisi sono quelli in cui si può trovare il consenso per fare quelle riforme che in tempi normali non si riescono a fare. Certo il terremoto in Abruzzo non ha dato una mano, anzi ha stigmatizzato un consistente peggioramento dei nostri conti pubblici.

Si sono aperti tanti, troppi rubinetti, in questi mesi, che sarà difficile tenere sotto controllo!
Non ci sono stati grossi risparmi nella gestione dello Stato e nella Pubblica amministrazione. La "cura brunetta" ha sostanzialmente addormentato il malato con un effetto placebo-mediatico, ma non l’ha certo guarito, anzi, ha sommato debiti su debiti. L’unico risparmio è stato quello effettuato, di concerto con Cisl, Uil e Confindustria, sui contratti dei dipendenti pubblici! Il fabbisogno è aumentato di 9 miliardi nei primi tre mesi del 2009. E ci sono vistosi segnali di un calo delle entrate fiscali, ben oltre quanto determinato dall’andamento dell’economia. In particolare, le entrate tributarie nei primi due mesi del 2009 sono calate del 7,2% rispetto ad un anno fa e non più di metà di questo calo può essere attribuito all’andamento dell’economia. Mentre è chiaro ed evidente che l’esecutivo ha dato ripetuti segnali di un abbassamento della guardia sul fronte del contrasto dell’evasione. Il Ministro dell’Economia sull’argomento dribbla abilmente le domande più spinose, evitando accuratamente di rispondere alla domanda che sta più a cuore agli italiani: POSSIBILE CHE IN ITALIA A PAGARE SIANO SEMPRE I SOLITI?

 

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