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Obama scivola sulla sicurezza

Obama aveva promesso che nessuno sarebbe stato processato per aver praticato le tecniche di interrogatorio autorizzate dalla precedente amministrazione. Adesso la decisione del ministro della Giustizia Eric Holder di nominare un «procuratore speciale» per indagare su una dozzina di casi di presunte torture praticate da agenti Cia - che comunque la si pensi non facevano altro che servire la nazione - appare per quella che è: una mossa demagogica per soddisfare gli appetiti vendicativi e la furia ideologica dell’ala sinistra del partito. E rischia di rivelarsi un boomerang per Obama, come spiega il Wall Street Journal.


Si tratta infatti di quel tipo di decisioni che convincono gli americani del fatto che il Partito democratico è propenso a prendere decisioni con un occhio più alla lotta politica interna che non alla sicurezza della nazione. Per non parlare della frattura che questa decisione avrà certamente provocato all’interno dell’amministrazione, e in particolare tra chi si occupa di sicurezza nazionale.

Il rischio, infatti, come ha ben spiegato il solo Maurizio Molinari, su La Stampa, è di «una sollevazione interna capace di paralizzare le numerose operazioni quotidiane di lotta ad al Qaeda: il numero dei super-agenti a disposizione di Langley non è molto esteso e incriminarne alcuni significherebbe creare uno scompiglio tale nei ranghi da mettere in pericolo le numerose missioni ad alto rischio in corso in Iraq, Afghanistan e altrove. Quando un solo agente è minacciato di processo per aver fatto ciò che gli è stato chiesto l’intera Cia è a rischio: per questo Robert Baer, ex capo del Medio Oriente, assicura "ho lavorato per ventun anni e nessuno ha mai praticato alcun tipo di tortura"».

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