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“Non processate Bob Marley”: la persecuzione del Reggae ai tempi di Giovanardi

Anche a voler restare al di sopra delle parti, volontariamente impassibili davanti all’irresistibile fascino dei ritmi "in levare" del reggae giamaicano, è difficile non intuire un accanimento persecutorio ed ideologico nella vicenda che riguarda l’indagine penale aperta dalla Procura di Tolmezzo sul Rototom Sunsplash Festival, il festival reggae più grande d’Europa che da 16 anni, ogni estate, attrae a Osoppo, in provincia di Udine, centinaia di migliaia di giovani e di donne (160 000 quest’anno, di cui la metà stranieri) affamati di musica, di discussione e di esperienze collettive. 

L’accusa è di favoreggiamento all’uso di sostanze stupefacenti, e individua in Filippo Giunta, presidente dell’associazione Rototom, il capro espiatorio di quella che si candida a diventare, con probabile premeditazione, una lezione esemplarmente punitiva per tutti i festival, i meeting e gli eventi musicali che ogni anno accolgono fiumi di ragazzi e ragazze.

Il sottosegretario Giovanardi, esponente del PDL nonché titolare insieme al collega Fini, della legge sulle droghe al cui articolo 79 fa riferimento l’accusa, si è esposto personalmente invitando i colleghi politici che solidarizzano con il festival a tacere piuttosto che ad appoggiare. A fianco del Rototom sono infatti scesi in campo Ignazio Marino, Debora Serracchiani, Luigi Manconi, Beppino Englaro. Ma anche il sindaco di Osoppo, pidiellino come il sottosegretario, e il sindaco di Udine; oltre a personaggi dell’impegno civile e dello spettacolo, quali Don Ciotti e Don Gallo, da sempre in prima linea contro le droghe, Grillo, Vauro, Giuliano Giuliani, Sandro Ruotolo, Capossela. Naturalmente anche il mondo internazionale del reggae è sceso compatto, attraverso i suoi artisti prima o poi passati dal palco di Osoppo, al fianco degli organizzatori.

L’articolo 79 della legge Fini-Giovanardi stabilisce che vada punito “chiunque adibisce o consente che sia adibito un locale pubblico o un circolo privato di qualsiasi specie a luogo di convegno di persone che ivi si danno all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope”. Secondo l’accusa il Sunsplash agevolerebbe l’uso di marijuana già per il solo fatto di essere un festival reggae. Nelle motivazioni addotte all’indagine si legge infatti che "l’ideologia rastafariana prevede l’associazione tra la musica reggae e la mariuana"; dunque, poiché al festival partecipavano "persone che, nel contesto dell’evento musicale e delle connesse suggestioni culturali, si dedicavano all’utilizzo di droghe, specie del tipo hashish e marijuana", Filippo Giunta, che di quell’evento è titolare, meriterebbe dai 3 ai 10 anni di prigione. A seguire, nella denuncia, perfino al sindaco di Osoppo, Luigino Bottoni, e con lui ad altre 3 persone, è stata contestata un’altra fattispecie di abuso d’ufficio, che suona come un’avventurosa arrampicata sugli specchi: la concessione per l’apertura dell’area campeggio esterna, una volta che i posti per campeggiare all’interno erano ormai al completo.

Dire reggae è come dire cannabis, è la sintesi della denuncia. Quindi organizzare e favorire eventi che riguardano quella cultura musicale o la sua controparte religiosa, il rastafaresimo, significherebbe agevolare, anzi invitare, i giovani a farsi gli spinelli.

“Abbiamo subito un’intimidazione continua” dice sconsolato Filippo Giunta, ancora incredulo per l’avviso di garanzia recapitatogli. “Tutti i pretesti possibili, anche i più ridicoli, sono stati impugnati contro il festival, soprattutto negli ultimi anni, per intralciarlo, punirlo e infine cancellarlo”. Dai petulanti e ripetuti controlli sanitari, a quelli fiscali nei mercatini, dalle coreografiche operazioni antidroga, agli impedimenti burocratici, ogni edizione del festival è stata funestata da un’avversione che, a ripercorrerla bene, appare più ideologica che razionalmente fondata, in un’escalation che di anno in anno ha visto aumentare la quantità e l’intensità degli attacchi. A incontrarlo, questo quarantenne elegante e lontano dagli stereotipi che stigmatizzano il classico cultore del reggae, non lo faresti così amante dei ritmi giamaicani, così appassionato nel rivendicare il carattere di sfida culturale del suo festival, che a suo dire, è un contributo a “un altro mondo possibile, incardinato sui principi di pace, fratellanza universale, tolleranza, sostenibilità ambientale”.

Al momento, l’unica conseguenza certa dell’inchiesta è lo spostamento del festival in un’altra sede, per sofferta e sconsolata decisione degli organizzatori. Molto poco probabile che la nuova sede sia in Toscana, come si immaginava, poichè la longa manus della legge Fini-Giovanardi, più efficace nel punire i consumatori che nello stanare i traffici illegali, arriverebbe anche lì. Invece, il prossimo Sunsplash farà forse la felicità degli spagnoli, dal momento che la nuova sede più probabile è Barcellona. D’altra parte, però, la società civile e politica del Friuli, insieme ai commercianti, non ci stanno a perdere quello che per loro è diventato l’evento dell’anno e a rinunciare alle ricadute di reddito diffuso che esso, anno dopo anno, ha fruttato al territorio, sino a diventarne un appuntamento fondamentale. E’ per questo che l’intera regione, procura di Tolmezzo esclusa, solidarizza con il festival ed è pronta ad attivarsi perché rimanga lì dov’è.

Piazza Matteotti, a Udine, era infatti piena di persone di ogni età e provenienza in occasione di “Non Processate Bob Marley”, lo spettacolo di protesta e di solidarietà che ha raccolto, venerdi 13 novembre, le parole e le canzoni di quanti non ci stanno; non solo a lasciar partire il festival verso altri lidi ma, anche e soprattutto, ad accettare la criminalizzazione di una cultura che, lungi dal rappresentare il puro divertentismo, è espressione di coscienza, di conoscenza, di interscambio e di aggregazione. Dal momento che di questo si tratta secondo molti: di discriminazione. “Io agevolo” era l’idea portante della festa e ognuno poteva declinarla a suo piacimento, in controtendenza con l’“io proibisco” che contraddistingue le politiche di quest’Italia orfana di libertà costituzionali. Così ognuno portava un adesivo attaccato sulla maglia, dove aveva segnato il proprio personale impegno di facilitazione: io agevolo le persone e gli animali; io agevolo la musica; io agevolo il rispetto; io agevolo i miei amici; io agevolo l’informazione; io agevolo le diversità. Sino all’ironica “io agevolo la carriera di Giovanardi”.

Proprio al sottosegretario, laddove egli accusa che con il pretesto della musica il Rototom si configura come un luogo di spaccio per le droghe, i sostenitori del Rototom replicano che è Giovanardi stesso, con il pretesto delle sostanze, a voler dare battaglia politica e censurare quelle espressioni culturali che favoriscono il pensiero, la critica e la partecipazione democratica dei cittadini più giovani.

Ma Bob Marley ha molti amici. Non sarà facile condannarlo.

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