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 Home page > Attualità > Cultura > L’immaginazione al potere

L’immaginazione al potere

Ero tornato da un anno negli States, era il ’68, anno incredibile e un anno a Poca City, Oklahoma, tra famiglia americana, amici e ultimo anno di High School era passato come un gioco fantasy tra esseri alieni di una comunità sperduta nelle piane del Midwest. Il ’68-’69 è impossibile raccontarlo: ci vorrebbe un libro intero e una memoria fresca e non pretestuosa. Impresa impossibile. Scegliere Scienze Politiche e l’indirizzo sociologico, dopo il primo biennio, sembrò la cosa più naturale da fare, allora. Chissà se lo rifarei. Ecco: il contesto l’ha sempre fatta da padrone in tutti quegli anni e quelli successivi, non pochi soprattutto se al numero sostituisci l’intensità eccezionale. Così la Sociologia era insieme una scommessa, con quasi nessuno sbocco professionale, e il pensiero di sé aldilà del contesto una chimera da qualunquista.
 
Ora tutto ciò è passato, quindi rimane solo latente nel presente. Ecco un’altra parola magica: latente. Non si rimane sempre legati all’esigenza, alla voglia inarrestabile d’accedere a ciò che è latente? Così dalla sociologia sono passato alla scrittura, alla narrativa ed al suo esame appassionato e critico, che già mi appartenevano dalla prima adolescenza. Il presente (altra parola magica) è cambiato. Ho scoperto che nel Sessantotto, come ora, la parola smuove tutto un mondo. La parola crea immagini e va oltre quelle, nel tempo e nello spazio dell’immaginazione. La finzione rende perfetta la realtà tramite la parola. Allora perché non pensare la parola stessa come contesto? Perché non vedere il testo come contesto? Perché non vederlo esso stesso come produttore di contesto invece che analizzare generi, correnti e testi letterari come contesti parziali influenzati dal contesto esterno? Il testo è fatto di parole. Le parole sono molecole costitutive di ogni corpo sociale, proprio perché partono dall’interezza dell’individuo che s’esprime con la parola, unico essere vivente con tale capacità.
 
Dovevo riappropriarmi anch’io della mia interezza. Così mi sono cimentato con uno strano, brevissimo romanzo ( "Crisalide"), un’antologia di racconti ("Verità nascoste"), riuscendo a farli pubblicare, a dar loro,c ioè, uno sbocco comunicativo, ma sentivo che non bastava. Mentre riscrivevo un altro vecchio romanzo ("Versus Est"), ho capito: dovevo fare un saggio sulla parola come contesto! Letterario e vitale. Così è nato il saggio "Il trucco di Ronzinante e la gola del Cavallo di Troia". Da cosa nasce cosa, da umanità altra umanità, da spazio e tempo altro spazio e tempo: l’avventura di Ulisse e quella di don Chisciotte e Sancio Panza non sono finite: continuano eternamente. Sono loro il contesto simbolico della felicità e della lotta per raggiungerla, l’utopia della parola che nella finzione crea umanamente realtà: simulando la perfezione delle cose per poi smentirla con quella distintiva del breve presente individuale.
 
Una perfezione mortale, data in natura, umana ed originaria, dell’uomo che parla e racconta .

Commenti all'articolo

  • Di vita marinelli (---.---.---.87) 30 dicembre 2009 10:28
    Vita Marinelli

    Latente, presente, finzione, persino morte, tutto ciò che è inafferrabile ci attrae. In una sorta di contrappasso alla vita, alla realtà, al passato, al conosciuto. E’ vero, è così che nasce la scrittura, per me è coì. Oltre che un magnifico dribbling al pudore, il pudore di dire a voce. La scrittura invece sembra scevra da questo sentimento e anche qui un contrappasso delizioso.

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