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Insipienza 1: la fase inquirente del processo penale

Dal dizionario della lingua italiana De Mauro: insipienza = ignoranza, ottusità di mente, stoltezza, stupidità.

Insipienza 1: la fase inquirente del processo penale
Continua intensa l’attività di due Procure, quella di Palermo e quella di Caltanissetta, sul caso della «trattativa» fra Istituzioni e mafia, innescato dalle dichiarazioni di Massimo Ciancimino, figlio di Vito, ex sindaco di Palermo. I vertici si susseguono ai vertici ed i magistrati partecipanti aumentano sempre più di numero: i procuratori Sergio Lari e Francesco Messineo; i sostituti Nino Di Matteo, Roberto Scarpinato e Paolo Guido; i magistrati della DIA di Caltanissetta, l’aggiunto Domenico Gozzo ed il sostituto Nicolò Marino.
 
La loro attività si aggiunge a quella della magistratura giudicante di Palermo, che si sta già occupando di due alti ufficiali dei Carabinieri, il generale Mario Mori ed il colonnello Mauro Obinu, sempre su una ipotizzata trattativa con la criminalità mafiosa, da loro portata avanti.
 
Fra le poche cose acclarate, la mancata informazione della Procura di Palermo, da parte del generale Mori, del suo rapporto confidenziale con Vito Ciancimino perché egli non riteneva l’Ufficio in toto affidabile all’epoca (cioè prima della nomina alla sua guida del dottor Giancarlo Caselli).
 
Giusto o sbagliato che sia il giudizio sull’allora Procura del Capoluogo siciliano, l’idea che le forze dell’ordine possano svolgere la loro attività all’insaputa di chi ha il compito di gestirle ai sensi dell’articolo 112 della Costituzione (quello che dice che il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale) mette i brividi. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: lo Stato non si è presentato certamente nel migliore dei modi sul fronte della lotta contro la criminalità mafiosa. E cosa potrebbe ancora succedere se le forze dell’ordine, invece di contrastare le forze criminali, fossero use scendere a patti con esse? Cosa facciamo, mettiamo i tornelli ai loro uffici in compagnia del Ministro Brunetta?
 
A tutto questo risponde l’ipotizzata riforma del processo penale del governo, che sottrae in parte al pubblico ministero la gestione delle forze dell’ordine; e non si capisce bene chi risponderà di cosa in ordine alla fase inquirente del processo penale.
 
Ecco, è questa l’insipienza.
Una cosa è porre rimedio ad un esercizio di potere assoluto nel senso latino del termine (ab+solutus, ossia sciolto da ogni legame) rendendolo trasparente e soggetto al vaglio della pubblica opinione, nonché soggetto ad un controllo disciplinare vero e non fasullo come quello dell’attuale Consiglio Superiore della Magistratura; un’altra cosa è trasferire questo potere ad un ambito diverso, ossia controllato dalla classe politica e non dalla magistratura.
 
La seconda ipotesi cozza apertamente con l’articolo 112 della Costituzione Repubblicana; ma cozza ancor più con gli interessi dei cittadini, che certamente preferiscono che la fase inquirente del processo penale rimanga sotto la responsabilità unica e trasparente della magistratura.
 
Forse, invece che stare a pensare su come sottrargliela, sarebbe meglio pensare ai correttivi necessari per renderla trasparente e responsabile; magari intervenendo sul segreto istruttorio, sui diritti degli imputati e delle parti lese, e sulla composizione del C.S.M., oggi in larga parte formato da magistrati e da ex magistrati, i quali, per questo semplice motivo, operano in aperto, oggettivo, gravissimo conflitto di interessi di categoria.
 
Persistendo, invece, si rimane nell’insipienza; e si legittima un forte moto di opposizione alla riforma da parte della pubblica opinione.
 
post scriptum: Anche elementi della magistratura inquirente potrebbero trovare interessante intessere rapporti con la malavita piuttosto che contrastarla. A Palermo, accanto a vicende come quelle dei giudici Falcone e Borsellino, si è avuta anche quella del Procuratore Gaetano Costa, ucciso dalla mafia per aver sottoscritto da solo dei mandati di cattura che i suoi sostituti non avevano sottoscritto insieme a lui. Per questo motivo il potere di esercizio dell’azione penale deve essere: a) Univocamente determinato ; b) Trasparente ; c) Sottoposto al controllo di un organismo disciplinare efficiente. Anche se il dottor Palamara dovesse ritenere che è meglio lasciar tutto come si trova.
 
post post scriptum: ulteriori insipienze potranno essere oggetto di futuri interventi del vostro reporter su Agoravox Italia, sempre se accolti ed approvati dalla Redazione

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