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In Italia lo Stato mina alla base l’esistenza della società non preservando la famiglia

Qualche anno fa un ministro del precedente governo dichiarò che l’Italia era un paese di bamboccioni, ma la sua riduttiva esternazione ha messo in evidenza le pesanti colpe che tutti i governi hanno nell’aiutare la nascita di nuove famiglie. 

La famiglia è il nucleo della società: su questo non ci dovrebbero essere dubbi. Tuttavia la politica italiana pare averlo dimenticato; ha fallito completamente sia nel proteggerla e preservarla sia nel promuoverla - cosa ben più importante, ahimè!

L’Italia è stata definita un paese di bamboccioni. Cioè una nazione di mummy‘s boys e per par condicio, io aggiungo, mummy’s girls.

Mi spiego meglio: il nostro paese è una nazione in cui i giovani vivono ancora in famiglia (o vivono da single, quando fuori sede) anche in età molto avanzata.

Molti cittadini italiani di entrambi i sessi compresi tra i 25 e i 40 anni di età vivono ancora con i propri genitori, in una percentuale forse maggiore di tutti gli altri paesi occidentali. Tale ipotesi trova riscontro nelle varie statistiche relative anche ai tassi di natalità, ossia ci si sposa di meno e si formano di conseguenza pochi nuclei familiari, conseguentemente poche nascite.

Il Bel Paese ha un tasso di natalità al di sotto dell’1%, questo significa che la popolazione italiana è in netto invecchiamento.

È ora di iniziare a preoccuparsi del rapporto tra popolazione in pensione e popolazione che lavora.

Quest’ultima - prima o poi - sarà in un rapporto di minoranza di fronte alla prima, allora sarà la catastrofe sociale perché il sistema pensionistico per non collassare abbasserà le pensioni erogate (vedi un mio precedente articolo a riguardo) con il risultato che molti italiani avranno una pensione tale da fargli passare la vecchiaia nella più misera indigenza, poco serviranno (specialmente se le cifre versate sono basse) questi fondi pensionistici stipulati solo per rimpinzare le casse delle grandi compagnie assicurative.

C’è da chiedersi chi sia stato a creare le basi di tale situazione sociale, stabile al momento, ma con un amaro conto da pagare fra qualche anno. 

Lo Stato soprattutto, ma anche la cultura italiana è andata a nozze con questo tipo d’impostazione sociale.

Finché i figli che si facevano erano dai tre in su e si sposavano presto per alleggerire la famiglia da indigenza, la società italiana non avvertiva tali problemi, ma al momento in cui i figli fatti sono scesi sotto i tre (o due) e a questo si è aggiunta una certa dose di benessere, il problema è iniziato a sorgere.

Una volta ci si sposava anche per motivi di costume, basti citare che per gli italiani era quasi inammissibile la convivenza o altre forme di unione che non fossero il matrimonio, ed il fidanzamento era una tappa importante nel quale spesso non c’erano molte libertà di vario genere. Con questo si vuole dire che determinate regole sociali permettevano un certo equilibrio nella società e nella sua crescita sotto vari aspetti. Quindi, la caduta o il superamento di determinate regole di costume hanno fatto sì che sempre più giovani italiani scegliessero una vita da single in casa con i genitori, ma con una vita da sposati a metà, vivendo un fidanzamento sempre più privo di ristrettezze di vario genere fino ad eliminare del tutto o quasi quelli che prima erano considerati tabù, senza sentire così il bisogno di sposarsi quanto prima possibile.

D’altronde perché mai imbarcarsi in un matrimonio e metter su famiglia quando lo Stato sembra penalizzare proprio quelli che iniziano a metter su famiglia? Questa è la domanda che molti giovani si sono posti. E la risposta è stata: “Me ne sto a casa con mammà e faccio quello che mi pare, non devo preoccuparmi di pagare l’affitto, non devo preoccuparmi di pagare le bollette, fare la spesa, coltivo i miei hobbies, il sabato e la domenica esco con la tipa/ il tipo poi si va a teatro o al cinema o in discoteca… e poi posso ormai intrattenermi con il/la partner a casa sua, tanto i suoi non fanno storie”.

Chi sarebbe così scemo da sposarsi in una situazione del genere?

Infatti, in Italia sempre più giovani e non più tali scelgono di condurre la succitata vita e non di fondare un nucleo familiare proprio.

Ma si può incolpare di tale situazione sociale il cambiamento di valori, la caduta di cosiddetti tabù, l’aumento delle comodità e la tendenza dei genitori a tenere la prole sotto le proprie ali anche da adulti?

La risposta è no, perché anche in altri paesi ben più evoluti dell’Italia le cause succitate sono presenti allo stesso modo, ma la famiglia si forma più presto che in Italia, il tasso di natalità è più alto e la società in genere continua a crescere.

Allora? Che dire?

Caro ex ministro, Lei non ha sbagliato nel definire "bamboccioni" i giovani italiani, ma Lei e quelli che hanno ricoperto e ricoprono la sua carica, cosa avete fatto per farli uscire da tale condizione?

La risposta è: nulla!

Chi si sposa o forma una coppia di fatto non ha diritto a nessuna agevolazione considerevole, né sui mutui, né sugli affitti, né sulle bollette, né detrazioni degne di nota sulla dichiarazione dei redditi, né bonus bebé consistenti. È inutile dire che la cosa, per alcuni dei succitati aspetti, è nettamente diversa in Francia, in Inghilterra, in Germania, e la lista potrebbe continuare.

A questo si aggiunga la pesante spada di Damocle della precarietà che pende su tutta la popolazione giovanile alla quale non viene data alcuna possibilità di pensare al proprio futuro.

Questo, oltre ad essere un paradosso, è una vergogna enorme per uno Stato evoluto e “democratico” come il nostro; in più chiaramente si deve aggiungere il regresso sociale provocato dalla presente crisi socio-economica.

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