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Il Capitale si prepara per il dopo crisi. E i lavoratori?

La Fiat è in trattative con la Chrysler, la Opel si prepara. Il capitalismo si sta preparando per il cambiamento. L’economista Savona aveva predetto che dopo la crisi il modello di sviluppo del capitalismo mondiale non sarebbe stato più basato sull’industria dell’auto con tutte le sue appendici, e che nel mondo ci sarebbe stato spazio solo per industrie automobilistiche capaci di produrre al di sopra di 6 milioni d’auto.

La Fiat e Marchionne, foraggiati da aiuti di Stato, mettendo al contempo in cassa integrazione i suoi dipendenti e lasciando licenziare tutti i lavoratori dell’indotto o dell’outsourcing, pensa al mercato americano, cerca di prendere le rovine dell’industria automobilistica americana e le sue appendici canadesi e si appresta a diventare l’industria con una capacità di 7,5 milioni di auto. La guerra è appena iniziata, le industrie americane dissanguate dalla crisi e indebitate dai finanziamenti creativi di bond e di derivati sono esangui, incapaci di reagire e, anzi, sperano di poter uscire dall’impasse al più presto con gli aiuti degli stranieri. Inprima fila ci sono le industrie europee, in parte preservate dall’impizzimento dei derivati, in parte rimpinguate da aiuti di Stato più o meno mascherati, in deroga alle stesse regole e leggi della comunità, ma che tutti hanno fatto finta di non vedere, di non accorgersene, di non sentire. Con il vantaggio di tutti gli stati e di tutti gli imprenditori.


Ora però la tregua è finita, l’armistizio è stato rotto dalla Fiat che per prima è scesa in armi sul campo di battaglia dei colossi americani. Le sue truppe sono attrezzate, i suoi forzieri anche. La strategia è la guerra lampo, la Blitzkrieg, giocata su due fronti. Le truppe Fiat hanno prima varcato il confine americano, ufficialmente, in realtà erano almeno sei mesi che, infiltrati, stavano preparando il terreno, concretamente. Contemporaneamente, le truppe corazzate stavano già entrando entro i confini della Germania, sul fronte Opel. Ridicolo è risultato l’estrema difesa del tedesco Guenter Verheugen, auto-proclamatosi difensore d’ufficio della connazionale Opel. E’ apparso più come la carica della cavalleria Polacca contro i carri armati e le mitraglie dell’esercito tedesco, con l’aggravante che è caduta, incidentalmente, anche la parvenza di maschera dell’imparzialità di un commissario europeo all’Industria, che l’iconografia vuole essere imparziale e a favore del benessere dell’ Europa e dei suoi cittadini tutti.

C’è la farà la Fiat a lottare su due fronti diversi? Di certo il fronte americano è più debole per le ragioni sopra citate, quello europeo e tedesco un pò più ostico, ma, come ha già dichiarato Marchionne, porterà prima a casa la vittoria contro la Chrysler e poi penserà alla tedesca Opel. Ripeto. la guerra sarà dura e sul terreno di scontro e di battaglia molti saranno i feriti e i morti (tutti lavoratori però). La Fiat, è certo, mai ha avuto il fronte governativo così vicino (ed è già molto se si pensa a quanto vicino gli è stato nei decenni trascorsi). L’opinione pubblica italiana già disposta a sacrificarsi per il made in Italy e quella minoranza critica sarà presto debellata con una campagna mediatica che già sta per partire a tambur battente.

 

Al termine dell’operazione, al mondo rimarranno due o tre industrie al massimo, che detteranno la legge del mercato, capaci anche di fare investimenti per l’ormai inprocastinabile trasformazione per l’auto più o meno ecologica (gas, biomassa, solare, ibrida, elettrica). Ci saranno lauti aiuti di Stato, Obama ha già promesso, l’Europa non sarà da meno, i capitalisti preparano il portafoglio e si attrezzano con il plauso degli ecologisti. E questo a cui stiamo assistendo e a cui assisteremo nelle prossime settimane non sarà che uno dei mille aspetti del nuovo assetto capitalistico. Il padronato si attrezza ed i sindacati, difensore degli interessi dei lavoratori, e i partiti, che dovrebbero tutelarli politicamente, cosa fanno? Dov’è il punto di vista dei lavoratori?

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