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 Home page > Tribuna Libera > Caro Presidente Schifani, Facebook non è l’opinione pubblica. E’ un’opinione (...)

Caro Presidente Schifani, Facebook non è l’opinione pubblica. E’ un’opinione e basta

Caro Presidente Schifani, ho appena letto che ha definito Facebook "più pericoloso dei gruppi extraparlamentari degli anni ’70".

Ha parlato di gruppi che istigano all’uso dell’odio violento, facendo un sottinteso ed ovvio riferimento ai gruppi dei fans di Massimo Tartaglia.

Credo tranquillamente di potermi permettere di contraddirla, è palese che non conosce di cosa parla.

Anzi se è iscritto anche lei a Facebook, la invito subito ad iscriversi al gruppo "Lanciate un vibratore a Rosy Bindi". Così, per par condicio.

Per dimostrarle, caro Presidente Schifani, che non Facebook, ma proprio il Web in generale, non è il luogo violento è infernale che con le vostre farneticazioni state disegnando in questi giorni.

Il web è il posto più democratico che esiste. Dicono che sia "una finestra sul mondo."

Vuole sapere che tempo fa? Prego, Presidente Schifani si affacci.

Qui troverete una miriade di informazioni e di disinformazioni, di opinioni e di censure, di ironie e di nostalgie. Prego Presidente, cerchi cosa ha bisogno.

Lo so che voi uomini politici vivete dell’opinione pubblica, vi piace continuamente riscontrare i consensi e le lamentele della gente, anzi spesso su alcune scelte siete anche guidati dai vostri elettori.

Ma Caro Presidente Schifani, le posso tranquillamente garantire e ribadire che Facebook non è l’opinione pubblica. E’ un’opinione e basta.

Un’opinione di mille, 1 milione o 10 milioni di cittadini, ma resta e resterà sempre e solo un’opinione di mille, 1 milione o 10 milioni di cittadini.

Anzi, anche se un giorno Facebook diventasse l’opinione di 60 milioni di cittadini italiani, quell’opinione andrebbe sempre confermata dal voto.

Facebook non potrà mai sovvertire il potere della democrazia, non si preoccupi.

Ora le voglio chiedere una cosa, una mia curiosità personale: ricorda quante volte abbiamo letto sui muri delle nostre città 10, 100, 1000 Nassirya, quest’infame slogan inneggiante alla morte dei nostri soldati che ci fa venire la nausea?

Caro Presidente Schifani, le potrei chiedere di abbattere tutti i muri di tutte le città, per evitare che venga infangato ancora una volta, con quelle scritte, l’orgoglio degli italiani caduti nelle missioni di pace?

Sarebbe stato assurdo anche proporla una cosa del genere, ma in questo modo saremmo stati sicuri che slogan del genere non l’avremmo potuti leggere mai più.


E invece no, Caro Presidente Schifani. Perché in realtà non possiamo ricordarci che la guerra ci fa schifo quando qualcuno celebra le medaglie dei nostri soldati, o quando qualcun’altro disonora i loro sacrifici.

La guerra ci fa schifo e basta. Sempre. Come quegli slogan. Come quelle opinioni bastarde e assurde.

Opinioni di persone folli o di geni antirivoluzionari, comunque di opinioni soggettive si tratta. Beccateli quei writers. Arrestateli. Fateli marcire in galera.

Ma non potreste mai giudicare e condannare moralmente tutti i writers, con tutte quelle scritte "Marco tvvvtb", "Sara ti amo", "Luca e Mery si adorano" che ci sono nel mondo.

Sarebbe ipocrita e assurdo.

Così come non potete permettervi di condannare tutti i cittadini che scrivono "sui muri" di Facebook. Se volete la potete eliminare la parte marcia, chi esalta la crudeltà e la violenza.

Non ci può far schifo la violenza (per la stessa questione della guerra, ricorda?), perché vi siete accorti che dei gruppi su Facebook, oggi osannano la violenza contro Berlusconi e domani potrebbero osannarla contro Bersani.

La violenza ci fa schifo sempre, che discorsi banali.

Si informi su cosa sono gli "IP", su cosa sono i "Traceroute", vedrà le sembrerà tutto più facile.

Su Facebook nessuno è anonimo, Caro Presidente Schifani, chieda alla polizia postale, la paghiamo tutti noi cittadini, compreso lei.

Punite i colpevoli. Quelli che lei giudica "istigatori".

Anche se però, caro Presidente Schifani, non dimentichi che c’è una bella differenza tra apologizzare un reato e commetterlo.

Quando Umberto Bossi urlò dal palco ad una signora "Il tricolore lo metta al cesso!", in seguito fu condannato per il reato di "vilipendio della bandiera italiana": per fortuna che tutte le signore leghiste non hanno commesso lo stesso reato del Senatur, immagini che danno per le nostre bandiere e per il nostro sistema fognario!

Caro Presidente Schifani, comunque cerchi bene su Facebook, vedrà quanti fans avrà anche lei, il PDL ed il suo Governo.

Facebook in questo momento rappresenta una grande opportunità, un ottimo mezzo dove convergono le opinioni di milioni di cittadini italiani, cerchiamo di sfruttare questa ottima opportunità per confrontarci e non per scannarci.

E poi, caro Presidente Schifani, lei sa bene che in democrazia le opinioni dei cittadini non sono vestiti che vanno indossati o dismessi a seconda delle stagioni. Chissà, Facebook un domani potrebbe eleggerla come suo paladino, la prego: non si faccia trovare nudo.

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