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Alice. La metamorfosi del senso. Parte 2

La prima parte è qui

La vita e l’opera di Lewis Carroll, il creatore di Alice, si collocano pienamente all’interno di quella che viene definita l’età vittoriana, cioè di quel lunghissimo periodo (dal 1837 al 1901) di regno inglese della regina Vittoria, per l’appunto. Un periodo di crescita economica e coloniale, di prosperità ma anche di profonda crisi sociale e culturale, dovuta alla crescente miseria e sfruttamento delle classi lavoratrici. Un periodo di stabilità comunque, garantito da un patto non scritto, il cosiddetto compromesso vittoriano, che si basava sostanzialmente sulle prime timide prove di stato sociale. Interventi, questi ultimi, tesi soprattutto a mantenere lo status quo necessario a garantire gli investimenti e a favorire l’industria. Siamo in anni di profonda rivoluzione culturale anche nelle arti e nella letteratura. Per esempio, grazie ai progressi della meccanica, nasce un genere tutto nuovo, ma che avrebbe fatto successivamente scuola, come lo steampunk.
 
E’ l’epoca del fiorire delle teorie darwiniane sull’evoluzione della specie, il positivismo s’impone, la tecnica e l’evoluzione scientifica sembrano divenire le chiavi per il progresso. Anche perché il progresso stesso è una categoria sostanzialmente nata col positivismo. Nuovi paradigmi s’impongono per l’interpretazione di un mondo che sembra tutto proiettato in un futuro di crescita e di stabilità.
 
Anche in campo letterario, come si diceva, vi sono rilevanti novità nel regno d’oltremanica che portano nomi di autori come Dickens ed Eliot. Anche grazie a loro il romanzo, che diventa anche lui vittoriano, si arricchisce di contenuti che sono morali, sociali, psicologici, filosofici.
 
Un’epoca questa di profonde contraddizioni, soprattutto sociali e morali, di sostanziale contraddizione e fusione tra prospettive teologiche e teleologiche. La crescita urbana si lega ai fenomeni di industrializzazione, la cultura contadina segna il passo di fronte al peso economico e sociale della città.
 
Questo è, appena abbozzato, il quadro in cui si muove Carroll. Questi, stando alle notizie biografiche, risulta molto timido, con problemi di balbuzie, tanto che le sue piccole amiche lo chiamano confidenzialmente Dodo, per sottolineare i problemi che aveva a pronunciare l’inizio del suo cognome, Dodgson. Dodo, proprio come l’uccello estinto che appare nella favola di Alice nel pese delle meraviglie insieme ad altre strane creature o come, l’attualità ce lo impone, il nome del protagonista-pupazzo televisivo dell’Albero Azzurro. Programma a cui contribuisce un importante autore per l’infanzia italiano, Roberto Piumini.
 
Forse fu lo stesso sentimento di timidezza che indusse il padre di Alice a mascherare il suo nome in uno pseudonimo, dove Lutwidge si è trasformato in Lewis e Charles in Carroll. Il mascherarsi, nascondersi, trascendere, capovolgere, secondo Masolino D’Amico, potrebbero essere una delle chiavi di lettura della sua opera.
 
"Alla base […] dei capolavori di Lewis Carroll c’è un capovolgimento: Alice nel paese delle meraviglie è un sogno (la vita rovesciata), e si svolge sottoterra, in una sorta di antipodi; […] Attraverso lo specchio […] contiene come ognun sa l’apoteosi di tale tendenza, con la protagonista che valicando la soglia dello specchio si trova in un mondo puntigliosamente invertito in ogni particolare.[…]
Mascherandosi, ovvero capovolgendosi come Lewis Carroll, Dodgson avrebbe quindi sfrenatamente contestato quel mondo perfettamente coerente e organizzato che la sua identità ufficiale accettava senza obbiezioni […]"
 
Come non vedere in queste righe di commento uno spirito tutto intriso delle contraddizioni dell’epoca vittoriana? Il serio docente di matematica che si immerge nel nonsense narrativo, che tende a sabotare – sempre seguendo il ragionamento di D’amico - le regole del linguaggio e delle altre entità fondamentali di stabilità del sistema come le scienze esatte.
 
“[…] Le autorità sono messe in ridicolo, e quella suprema, Dio, non viene neppure nominata. Come succede a (N.d.A.) [...] tutto un patrimonio culturale sano, consegnato ai bambini nella nursery perché li aiuti a crescere buoni e saggi”
 
Di tutto questo, Carroll, si fa beffe e ci introduce in mondi in cui regna il “disordine, la violenza , il capriccio”. Un vorticoso incrociarsi di personaggi e linguaggi che danno un senso di fastidio al lettore ed allo spettatore, come nel caso del capolavoro di Disney. Un senso di malessere che prescinde dall’età dello spettatore stesso. Il disordine , il capriccio e l’imprevedibilità dei personaggi ci mettono in difficoltà. Tutto si muove vorticosamente intorno ad Alice, che al contrario della fiaba collodiana di Pinocchio, resta pressoché immobile ed assiste anche lei incredula, ma curiosa, all’apparire di esseri, dalla forme, dai comportamenti e dai linguaggi di difficile comprensione ed interpretazione.
 
(fine parte 2 – segue -)

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