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Albert Einstein, spirito rivoluzionario

Albert Einstein fu forse la mente più splendida del XX secolo. Certo, fu un grandissimo scienziato, fu colui che, nel giro di un mese, produsse quattro articoli che sconvolsero e cambiarono per sempre il mondo della fisica.
 
Einstein fu, sin da ragazzino, un ribelle. All’età di diciotto anni, aiutato dal padre, rinunciò alla cittadinanza tedesca, in quanto non voleva assolutamente prestare il servizio di leva. La sua non era affatto codardia, semmai era la manifestazione di un tratto caratteriale che lo porterà poi ad eccellere nel mondo della scienza, e non solo: il rifiuto per l’autorità, per il dogma, per il conformismo.
 
Questo tratto caratteriale gli permise di sconvolgere il mondo della scienza, riuscendo a trovare una soluzione originale e al tempo stesso rivoluzionaria, che certo non sarebbe mai uscita dal cervello di un grande scienziato conservatore, come ce n’erano molti all’epoca. Prendete per esempio Poincaré, Lorentz, Planck (il vero inventore del nome "teoria della relatività"), tutti grandissimi fisici, ma tutti conservatori, nella vita e nella scienza. I loro contributi sono indiscutibili ed essi sarebbero potuti arrivare ben prima di Einstein alla stesura della relatività ristretta o a concepire l’esistenza reale dei quanti.
 
Ma solo uno spirito rivoluzionario, insofferente alle regole e al conformismo come lui poteva rovesciare il mondo che Newton aveva descritto così bene oltre due secoli prima e concepire che lo spazio e il tempo non sono assoluti, ma cambiano a seconda della velocità dell’osservatore. Fu lui a mettere la pietra tombale sul concetto di simultaneità. Ma egli, Einstein, fu anche un pioniere della meccanica quantistica, una teoria ancor più sconvolgente della relatività. 
 
Nonostante ciò egli avversò sempre le conclusioni a cui portava questa teoria dei quanti. Fu proprio egli a dimostrarne l’esistenza, ma ben presto si allontanò dalla meccanica quantistica, poichè essa sosteneva che non esiste un mondo oggettivo, ma ogni cosa dipende da chi la osserva, dipende dall’osservatore. Prima che un corpo sia osservato è impossibile dire in quale stato sia, ma non perché è l’osservatore che lo ignora, bensì perché il corpo non ha uno stato definito. 
 
Il paradosso di Schrodinger dice proprio che se noi mettiamo un gatto in una scatola, con all’interno un materiale poco radioattivo, il quale se emettesse un atomo radioattivo darebbe il via a un dispositivo che ucciderebbe il gatto, non possiamo sapere se il gatto è vivo o morto fino a che non osserviamo dentro la scatola. E questo non perché noi, ovviamente, non possiamo sapere finché non guardiamo, bensì perché il gatto è sia vivo che morto. 
 
Tutto ciò è chiaramente assurdo, ma non solo. Ciò distrugge qualsiasi pretesa della scienza di prevedere qualsiasi cosa. La meccanica quantistica, infatti, introduce la probabilità al posto della certezza. Per un determinista come Einstein (Dio non gioca a dadi, amava ripetere) ciò era inaccettabile. Egli però non disse mai che la meccanica quantistica era sbagliata, bensì che era incompleta. E cercò per tutta la vita di porre rimedio a questa presunta manchevolezza, senza mai riuscirci. Ancora oggi nessuno è riuscito a venire a capo di questa stranezza, che forse è veramente lo stato reale del nostro universo (ammesso che si possa parlare di stato reale dell’universo, viste le premesse).
 
Einstein però non fu solamente un grande fisico, ma fu anche un grande personaggio politico e mediatico dei suoi tempi. I suoi primi viaggi in America erano seguiti da decine di radio e giornali, la gente si accalcava nelle strade e tutti lo volevano vedere. Egli poi combatté per anni una battaglia a favore del disarmo globale e di un governo mondiale federalista, in nome della pace
In seguito abbandonò questa posizione, a causa dell’ascesa nazista in Germania. Egli, da buon scienziato, bocciò le sue teorie non appena esse si rivelarono sbagliate. 
 
Einstein però non smise di essere pacifista, ritenne solamente che, se uno stato come la Germania voleva dichiarare guerra, sarebbe stato peggio disarmarsi, perché così il regime nazista sarebbe dilagato. Lo stesso disse a proposito dell’URSS nel dopoguerra, anche se, essendo lui un dichiarato socialista, fu vittima dei pregiudizi del maccartismo. L’FBI infatti tentò in tutte le maniere di dimostrare le sue simpatie comuniste, non riuscendovi mai, non solo perché Einstein non aveva alcuna simparia per i sovietici, ma anche per l’oggettiva incapacità degli agenti che seguivano lo scienziato ebreo, del quale non riuscirono mai a sapere l’esatto numero di volte in cui si è sposato (due, per la precisione).
 
Einstein morì nel 1955, a Princeton, dove insegnava dal 1933. Contribuì a rivoluzionare la fisica, essendo l’unico padre della teoria della relatività e uno dei pionieri della meccanica quantistica. Fu un acerrimo contestatore di quest’ultima, ma i suoi famosi esperimenti mentali non fecero altro che confermarne la correttezza (e anche questo, tuttavia, è un grosso merito). Fu un sostenitore della pace, della libertà individuale e della giustizia sociale. Fu fondamentalmente un uomo buono, gentile, interessato all’umanità e al suo destino, anche se per questo trascurò non poco la sua famiglia. Di certo però fu un simbolo di un secolo, nel bene e nel male. Fu sicuramente il più grande indagatore dell’universo che si sia mai conosciuto. E lo fu non per la sua grande intelligenza, ma per la sua grande fantasia. La fantasia che solo un uomo libero e ribelle poteva avere.

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