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Acqua e rivoluzioni nell’Italia delle privatizzazioni

Acqua e rivoluzione. Un binomio potente. Che evoca vita, rinnovamento, speranza. E conflitto.

Il 10 dicembre a Trento, parte la serie di conferenze organizzate da Yaku, denominate "La Rivoluzione dell’acqua", per affrontare quello che sembra essere diventato un nodo significativo del nostro tempo, che equipara vita e profitto e all’ombra di ciò, sviluppa valori che paiono andare contro il senso stesso dell’esistenza.

 “La Rivoluzione dell’Acqua”, sarà giovedì 10 dicembre al teatro San Marco alle 20.30. Riunisce alcuni nomi significativi in Europa, in Italia, ed in America latina, per la difesa dell’acqua e della democrazia: sono il sindacalista boliviano Oscar Olivera, la scrittrice, docente ed attivista messicana Raquel Gutierrez, impegnata nella difesa dei diritti delle donne. Lo scrittore e politologo irlandese John Holloway, autore del libro – cult “ Cambiare il mondo senza prendere il potere”. E Padre Alex Zanotelli, il prete dell’acqua, come molti lo chiamano.

Organizzato dall’associazione trentina Yaku, che presenterà il libro edito da Carta, dal titolo, appunto “La Rivoluzione dell’Acqua – La Bolivia che ha cambiato il mondo”.

Oscar Olivera, sindacalista e “guerriero dell’acqua”, referente della “Coordinadora del Agua y la Vida” e protagonista della Guerra dell’Acqua di Cochabamba del 2000, per il suo impegno è stato insignito del Premio Goldman, il “nobel per l’ecologia”.

Oscar ha sempre lavorato in fabbrica. E’ diventato portavoce dei lavoratori. Quando nel ’99 la multinazionale statunitense Bechtel è arrivata nella sua terra, una regione povera a vocazione rurale, e si è appropriata della gestione dell’acqua grazie alla connivenza dell’allora governo Banzer, arrivando a vietare ai contadini di raccogliere l’acqua piovana, Oscar si è trovato naturalmente a guidare la protesta.

L’acqua aveva raggiunto costi insostenibili – con aumenti del 300 % – riducendo di fatto alla sete la gente. I lavoratori si unirono ai contadini, poi agli studenti e alla povera gente. Infine arrivarono i minatori del nord, i cocaleros (raccoglitori delle piante di coca) dell’est, gli indigeni degli altipiani. Una protesta enorme, che attorno all’acqua agglomerava difesa delle cultura, della dignità, dei diritti lavorativi, delle comunità originarie sfruttate da secoli.

Accanto ad Oscar c’era la giovane Raquel Gutierrez, già nell’esercito katarista, già imprigionata nelle carceri di La Paz per cinque anni senza processo per il suo attivismo politico. Assieme, Oscar e Raquel furono la voce della Guerra dell’Acqua di Cochabamba, la prima guerra combattuta per l’oro blu.

Quasi dieci anni fa questo conflitto così simbolico, alla fine vinto dai poveri contadini boliviani contro l’immensa potenza della multinazionale estera, aveva tolto il velo ad un sistema economico imbellettato ma inumano, che in nome del profitto credeva lecito tutto.

Da allora sono passati quasi dieci anni. E ci ritroviamo nell’Italia che privatizza l’acqua. Il governo italiano, attraverso voto di fiducia, ha approvato lo scorso 18 novembre il decreto legge Ronchi, il 135/09, che con l’articolo 15 cede ai privati la gestione dell’acqua italiana.

Il giorno dopo Padre Alex Zanotelli, esordisce con “Maledetti voi ricchi! Maledetti coloro che hanno votato per la mercificazione dell’acqua. Noi continueremo a gridare che l’acqua è vita, l’acqua è sacra, l’acqua è diritto fondamentale umano”. E’ lo stesso che gridavano i contadini di Cochabamba, gli indigeni delle Ande per i quali l’acqua è il sangue della terra, “El agua es vida!”, dicevano, mentre l’esercito gli sparava addosso.

L’incontro del 10 dicembre cercherà di disegnare un ponte fra la realtà di Cochabamba, che vinse la sua battaglia, attorno all’acqua costruì un laboratorio politico, un coordinamento trasversale fra le forze sociali boliviane che potessero di nuovo relazionarsi attorno alla gestione di un bene comune, e che oggi ha messo l’acqua diritto umano nella propria Costituzione, e l’Italia in un silenzio mortifero chiude i rubinetti pubblici.

Con John Holloway si esaminerà questo aspetto, cioè quello legato alle potenzialità di una gestione partecipata, e alla necessità di sviluppare un controllo sociale. Lui, che del suo libro più famoso scrive: “Questo libro è come un grido, parte di un coro di dissenso. E’ un invito a gridare, a parlare, a discutere: come possiamo cerare un mondo diverso, un mondo più umano?”.

Dopo Trento, saremo a Capannori (Lucca, il 12 dicembre), a Roma (14 e 15 dicembre), a Bari (il 17 dic.) , a Padova (il 19) e infine, a Belluno (il 20 dicembre)

 Per info: yaku.eu


 

Commenti all'articolo

  • Di Elia Banelli (---.---.---.40) 9 dicembre 2009 15:39
    Elia Banelli

    Ovviamente è superfluo sottolineare che con le vicende boliviane l’Italia non ha proprio niente a che fare!!! Ma come si possono fare paragoni del genere! E’ un’offesa all’intelligenza delle persone.
    Il decreto Ronchi non prevede nessuna "privatizzazione dell’acqua", questa è una bufala colossale.
    Si tratta semplicemente di aprire al mercato la "distribuzione" dell’acqua nei vari comuni, dando la possibilità anche a società private, dopo appositi bandi di gara, di gestire il servizio, sempre attraverso il controllo dello Stato e degli Enti locali con l’istituzione di un Authority ad hoc.
    Si dà per scontatto che il modello attuale sia efficiente e che le società pubbliche ed i comuni gestiscono la distribuzione dell’acqua in maniera equilibrata.
    Vogliamo parlare degli enormi sprechi dell’acquedotto pugliese (pubblico) che è arrivato a perdere il 50% dell’acqua???
    Questo è un modo a mio avviso "scorretto" di fare informazione che non analizza con sobrietà i problemi reali ma rincorre facili slogan e banali allarmismi.

  • Di (---.---.---.4) 9 dicembre 2009 16:02

    elia, 

    il decreto ronchi prevede la privatizzazione, entro il 2012, della gestione idrica italiana. Come sicuramente sai, sono state anche fissate delle quote precise, che sottraggono al pubblico qualsiasi gestione in - house, relegandole al massimo del 30% delle quote. Non è revista autorithy nè controllo alcuno da parte del cittadino, che diventa un mero cliente, sottoposto alle fluttuazioni della borsa e del mercato, e - essendo l’acqua un monopolio naturale - che non può vantare neppure alcun tipo di concorrenza reale. O pensi che un aretino possa decidere di prendere l’acqua di Trento, meno costosa e più buona?
    Per ciò che concerne cochabamba, il raffronto è estremamente attuale, ed è basato proprio su quel laboratorio politico che attorno all’acqua è scaturito, e che ha visto l’elaborazione e l’organizzazione, da parte dei cittadini boliviani, di nuove forme di partecipazione che potessero sostituire quelle privatistiche della bechtel sulla municipalizzata locale SEMAPA. 
    Non ultimo, sarai al corrente di ciò che succede ad esempio, ad Aprilia. Viene - e non certo da noi - chiamata proprio la, Cochabamba d’Italia. Da quando è stata privatizzata l’acqua attraverso Acqualatina spa (guarda un po’, con la stessa veolia che, con i suoi oltre 16 miliardi di dollari di fatturato, aveva messo le mani sull’acqua di Bolivia)ormai 7 anni fa, l’acqua apriliana è aumentata di quasi il 300%. I mororsi sono sottoposti al taglio dell’acqua - che è una violazione dei diritti umani . e sottoposti a minacce e coercizioni.
    Se a te piace questo sistema, accomodi.Ma l’acqua che è merce non solo è un concetto sbagliato dal punto di vista etico, ma seguirà tl’iter di qualunque altro "prodotto" che deve creare profitto. Difatti, dati alla mano, potrai notare che nelle zone in cui l’acqua è stata privatizzata (in Italia, intendo), i profitti sono crollati della metà, la qualità rasente (con le cosiddette deroghe) spesso l’impotabilità, e le bollette (dati cittadinanzattiva) sono aumentati in media del del 5.6% solo nell’ultimo anno, con picchi di oltre il 30% (vedi, ad esempio, l’argrigentino e il salento)
  • Di Elia Banelli (---.---.---.40) 9 dicembre 2009 17:15
    Elia Banelli

    Quindi lei pensa che la gestione attuale pubblica dell’acqua sia migliore e più efficiente? E il caso dell’acquedotto pugliese che perde il 50% dell’acqua? E in Basilicata?
    E pensiamo che nei comuni i controlli siano sempre all’altezza o esenti da sprechi?
    Una società privata, o a capitale misto, credo abbia tutto l’interesse a mantenere un buon servizio, anche perchè lo Stato può intervenire nei casi estremi.
    La vicenda Acqualatina (peraltro gestita dal senatore Fazzone.....) è davvero un caso singolare e negativo, concordo. Ma qui entra in gioco la responsabilità dei singoli (purtroppo siamo in Italia) e la "privatizzazione" è avvenuta prima del famigerato decreto Ronchi, appunto sette anni fa.
    Questo dunque non deve inificiare l’intero sistema, che nella sua logica di apertura al mercato deve poter aprire a vari soggetti e premiare i più virtuosi (un aspetto preso in esame anche dallo stesso decreto).
    Insomma non possiamo per i singoli casi negativi rinunciare a qualsiasi apertura del sistema.
    Certo che l’acqua, essendo un bene soggetto a monopolio naturale e senza cocorrenza reale, a maggior ragione non può essere utilizzata come una merce qualunque, come molti critici del decreto hanno asserito.
    Per cui la "liberalizzazione" è limitata al servizio di "distribuzione", che non vuol dire che l’acqua diventa di esclusiva proprietà del privato.
    E’ l’ente pubblico, o il comune, che delega la gestione alla società che vince il bando di gara e può anche partecipavi appunto con una quota azionaria.
    Una normalissimo processo di liberalizzazione, anche parziale, che da noi viene dipinta come un saccheggio dell’acqua, con scenari apocalittici di persone ch muoiono di sete, quando i caso AcquaLatina è addirittura di 7 anni fa e casi analoghi di sprechi ed inefficienze riguardano spesso il pubblico.
    Comunque mi fa piacere poter dialogare liberamente sul tema e mi dispiace di non poter assistere al dibattito, che reputo interessante ma che spero non dia adito a conclusioni estreme e, sempre a mio modesto parere, "fuorvioranti".

  • Di (---.---.---.253) 10 dicembre 2009 16:33

    elia, ho poco tempo e devo risponderti velocemente:

    1. aqualatina non è l’unico esempio. E non è di sette anni fa, continua ancora oggi, attraverso il coraggio della gente che non molla e continua la sua battaglia fra tribunali e proteste, convinta che quello che sta subendo sia un sopruso. Mediamente, tutte le rpivatizzazioni in Italia hanno portato agli stessi identici risultati: più costi, meno qualità dell’acqua, tagli fra i lavoratori, incapacità di incidere sulle decisioni delle gestione
    2. la discussione fra pubblico e privato è sterile e obsoleta. L’idea è che i beni comuni, proprio per la loro natura comunitariua, possano essere gestiti attraverso un controllo sociale
    3. l’acqua è poi un diritto inalienabile, ed un bene dell’umanità. E’ eticamente corretto che sia nelle mnai di pochi?
    4. le multinazionali che si stanno dividendo l’acqua del mondo si contano sulle dita delle mani. Questo non ti dice niente? la petrolizzazione dell’acqua non è una buona cosa
    5.la distinzione fra gestione e proprietà è davvero truffaldina: nella prima stanno i profitti, nella seconda i costi. 
    6. senza un controllo, chi mi garantisce qualità, accessibilità, controllo dei costi?

    storiella: publiacqua, a firenze. Il comune decide di fare una campagna per il RISPRAMIO IDRICO. La cittadinanza risponde positivamente. Publiacqua alza le bollette, perchè non ci può perdere

    io credo sia ora di prenderci delle responsabilità, elia. L’epoca del demandare sempre e comunque sta dimostrando i suoi limiti

    hasta luego*


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