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Unione europea 2012. Disco rosso, verde... e arancione

Croazia ed Islanda nell’Unione europea nel 2012, disco rosso per la Turchia, si all’inizio di negoziati con la Serbia, avanti con giudizio con la Macedonia, ferme al palo Albania e Montenegro.

La Turchia rampognata per la mancanza di piena libertà di stampa e per la continua violazione dei diritti civili delle minoranze etniche come gli armeni.

La Commissione europea uscente, ma tutto fa presagire che anche la nuova non si discosterà poi molto da quanto hanno statuito i suoi predecessori, su proposta del Commissario all’allargamento, il finlandese Olli Rehn, ha avanzato i suoi propositi in ordine al futuro allargamento della Confederazione di 27 stati ed ha lasciato al prossimo Consiglio europeo il compito di pronunciarsi definitivamente.

Croazia ed Islanda a partire dal 2012, probabilmente dal mese di giugno di quell’anno, saranno i nuovi membri dell’Unione mentre per la Turchia il discorso inizia a farsi sempre più complicato nonostante l’aperto appoggio ad Ankara da parte degli Stati Uniti d’America. Troppe continue violazioni dei diritti civili delle minoranze etniche presenti sul suo territorio ad iniziare da quella armena, comunità cristiana in un mare islamico, e di quelli della stampa per poter far dire a Bruxelles che il paese guidato dalla coppia composta da Abdullah Gul, Presidente della Repubblica,e Recep Tayyip Erdogan, premier, si sia definitivamente incamminato verso gli stereotipi di laicità e libertà propri delle democrazie occidentali.

Nel frenare le pretese turche di avvicinamento all’Europa certamente hanno pesato pure gli ostracismi verso l’integrazione di Ankara avanzati dal Presidente della Repubblica francese Sarkozy e dal neo rieletto cancelliere tedesco Merkel ma sicuramente la Turchia ci sta mettendo del suo. La recente clamorosa giravolta sull’attraversamento del proprio territorio da parte dei gasdotti che dovrebbero addurre il metano delle steppe verso occidente, all’inizio Ankara ha incondizionatamente sposato la causa del gasdotto europeo Nabucco per poi firmare con la Russia un accordo che prevede la preferenza per South Stream, certamente ha indotto Bruxelles a ritenere che la Turchia non sia ancora appieno un paese affidabile. Lo stop alla sua rincorsa all’integrazione europea è stata la naturale conseguenza.

Probabilmente nel suo recente passato l’Unione europea troppo superficialmente ha promesso al maggiore tra i paesi musulmani del Medio- Oriente, che tra l’altro si guarda in cagnesco pure con Israele, un’ingresso in una comunità che storicamente l’ha sempre avversata. Zagabria, invece, dopo aver risolto le sue dispute confinarie con la Slovenia vede sempre più avvicinarsi il tanto sospirato traguardo dell’integrazione europea che, con certezza, avverrà nel corso del 2012 a meno di improbabili, per ora, rinvii. E’ sicuramente una vittoria delle diplomazie dei grandi paesi fondatori dell’Unione europea, allora si chiamava Mec (Mercato comune europeo), ivi compresa l’Italia che, a soli dieci anni dalle conclusione delle fratricide guerre balcaniche, vede un paese già belligerante entrare nella grande famiglia europea.

L’esempio della Croazia potrebbe, in un lasso di tempo più lungo, essere seguito da Macedonia e Serbia, questa nazione è universalmente nota per aver scatenato il macello nell’ex Jugoslavia nel corso dell’ultimo decennio del ventesimo secolo, nei cui confronti la Commissione europea ha raccomandato l’inizio, nel primo caso, od il proseguimento, nel secondo, delle trattative di associazione che, prima o poi, dovrebbero sfociare nell’integrazione.

Nulla da fare invece per Albania, nonostante le intempestive e baldanzose dichiarazioni dell’attuale premier di Tirana Sali Berisha, e Montenegro, stati nei cui confronti la Commissione predica prudenza. Troppi intrecci criminali tra politica, imprenditoria e mafie locali caratterizzano ancora il panorama dei luoghi attorno a Tirana e Podgorica il cui premier addirittura, secondo la Direzione distrettuale antimafia di Bari, avrebbe più di una mano in pasta con la criminalità organizzata ed ha scampato un’incriminazione per associazione a delinquere solamente in virtù della propria immunità diplomatica. Nessun problema invece per l’Islanda il cui cammino verso Bruxelles verrà accelerato al fine di consentire a Rejikyavik di entrare a far parte dell’Unione in contemporanea con Zagabria.

Un anno fa l’Islanda era sull’orlo della bancarotta, ora, in controtendenza con un euro- scetticismo montante nelle opinioni pubbliche dei paesi della vecchia Europa a quindici, vede in Bruxelles la propria ancora di salvezza come inizia a vederla pure l’opinione pubblica serba stanca di anni di inutili violenze e guerre. Forse l’euro- scetticismo ripone le proprie ragioni altrove, non nel processo d’allargamento verso l’Europa centrale. Sarebbe bene che, quanto prima, sia la Commissione europea sia i governi nazionali dei 27 paesi che compongono l’Unione inizino con serietà a cercarne le vere ragioni e a proporre rapidamente utili medicine per guarirne.

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