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 Home page > Tribuna Libera > Una provocazione sotto l’albero

Una provocazione sotto l’albero

Sebbene in questo periodo, al solito, vada imperversando la “sfida dello shopping”, vogliate scusarmi, ma a me non piace per nulla il rito della corsa agli acquisti nell’imminenza del Natale e di Capodanno, delle folle che si accalcano lungo le strade dei negozi o si stordiscono nell’aria forzata dei centri commerciali.

Purtroppo, per come le cose si sono messe, altro che rito, si tratta di vera e propria mania, dipendenza e schiavitù, condizionamenti che hanno preso corpo sotto l’azione di vuoti richiami all’indirizzo di consumi il più delle volte voluttuari e superflui.

Addirittura, la situazione determinatasi, anzi oramai consolidatasi, si rivela talmente perniciosa da riuscire a intaccare la serietà e il rigore di taluni interventi delle istituzioni a salvaguardia della salute pubblica. Ecco, infatti, amministratori comunali che, in questi giorni, dicono e ripetono di essere consapevoli di un livello d’inquinamento dell’atmosfera cittadina notevolmente sopra la soglia tollerabile, ma di soprassedere, scientemente, ad agire con provvedimenti restrittivi del traffico, al fine di non danneggiare le attività commerciali.
 
In siffatto scenario, da parte mia, desidererei sommessamente osservare che, eccettuati i panettoni propriamente legati al Natale e l’occorrente per un buon pranzo, tutti gli altri articoli (giocattoli, maglioni, scarpe, sciarpe, pigiama, camicette, profumi, collanine e via dicendo) possono essere benissimo acquistati nel corso dell’anno, senza ingorghi ed eccessi straordinari di domanda, generanti solo confusione e, inevitabilmente, aumenti dei prezzi.
 
Senza trascurare che, a breve, arriveranno anche i “mitici” saldi, da cui, pure, è però il caso di guardarsi, giacché costituiscono spesso un ulteriore furbo stimolo a concentrare gli acquisti in un determinato periodo.
 
Ad ogni modo, il mio pensiero è che il Bambinello che si accinge a ripresentarsi nella semplicità e nella povertà della grotta sia triste, parecchio addolorato, per l’attuale situazione.
 
E qui arriva la provocazione. Perché, per esprimere affetto e amicizia, non si ritorna agli auguri basati su simboli d’antica e sana tradizione, come un’arancia, una pigna, un ramoscello di vischio, un pensierino scritto a mano? Perché non si rivolge la mente al clima e ai “regali” del Natale e di Capodanno di tanti che versano nella miseria?
 
Forse, in tal guisa, in linea con la riflessione manzoniana “si dovrebbe pensare più a far bene che a star bene: e così si finirebbe anche a star meglio”, si otterrebbe il risultato di sentirsi più leggeri e, in pari tempo, di respirare un’aria migliore, senza, necessariamente, il blocco della circolazione automobilistica.
 

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