• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Economia > Una mappa Google per le proteste operaie

Una mappa Google per le proteste operaie

L’iniziativa di un gruppo di geografi: una carta aggiornata delle contestazioni. “Mentre i francesi sequestrano i manager, i lavoratori italiani occupano postazioni alte e visibili. Come a dire che contano e devono essere considerati di più”.

Luogoespazio.info presenta una carta che riporta diversi episodi di lavoratori in difficoltà con il posto di lavoro. È la modalità ad accomunare le loro contestazioni: sopra i tetti o sulle gru delle loro fabbriche, aziende, società. Questo rappresenta la carta, anche se, va detto, un semplice punto su una mappa non può essere esaustivo. Nella rappresentazione, che riduce la realtà a due sole dimensioni, lo stesso simbolo (il punto) non sarebbe in grado di distinguere tra chi lavora come di consueto all’interno dell’edificio e chi manifesta sui tetti contro la chiusura delle strutture; così ad ogni punto è associato il riferimento ad un articolo di stampa. Non perché sia il più rappresentativo di quella situazione, ma, più semplicemente, per poter costituire un punto di partenza per una esplorazione.
 
La carta “Il lavoro sopra tutto”, che sarà costantemente aggiornata, rappresenta un tentativo di superare la volatilità del palcoscenico mediatico, utilizzando lo strumento della rete come ambito di memoria, analisi e approfondimento. Gli episodi già oggi riportati ci sembrano testimoniare un fenomeno che, sostanzialmente, si è diffuso in tutta la Penisola; una strategia di uso dello spazio (anzi, degli spazi) più spontanea e imitativa che pianificata e organizzata, ma che, comunque, vale la pena di essere conosciuta. 
 
E la geografia cosa c’entra? Si limita alla redazione delle rappresentazioni cartografiche o può essere utile anche alla comprensione della complessità di fenomeni sociali come questo? Come ci racconta Franco Farinelli, utilizzando la mitologica impresa di Ulisse che fugge dal Ciclope nascosto sotto la pancia di un montone (Il globo, la mappa, il mondo – 3° puntata), la geografia è anche e soprattutto analisi dei rapporti di gerarchia e dei sistemi di pensiero. È capacità di lettura dello spazio, da esercitare tenendo conto di due elementi essenziali: «la dissociazione tra la funzione e la posizione delle cose e […] la riduzione dei rapporti reali ad astrazioni formali». Un lavoratore che, invece di essere attivo all’interno del proprio posto di lavoro, ne presidia il tetto, è appunto una dissociazione tra funzione e posizione.
 
Quella sui tetti appare un tipo di contestazione che, a ben vedere, può fornire più di un elemento di comprensione della società italiana contemporanea. Mentre i colleghi francesi tendono ad utilizzare un’altra modalità di protesta, anch’essa con una sua profonda simbologia spaziale (come il confinamento dei loro dirigenti all’interno dell’azienda), le azioni di autotutela dei lavoratori italiani sono sempre più spesso accomunate dalla simbolica “presa” di postazioni alte, e visibili. 
 
C’è, in questa modalità, il tentativo di evidenziare un ribaltamento del rapporto tra i fattori della produzione: qui i lavoratori stanno “più in alto” dei meri beni strumentali. Come a dire che contano di più, che devono venire prima, essere considerati più importanti. Ma c’è, anche, un altro elemento, forse più specifico dell’Italia: quello dell’apparenza, dell’“esistenza mediatica” (si veda anche l’articolo Il corpo giusto, pubblicato qui da Rachele Borghi). Si dice talvolta che qualcosa non accade davvero se non compare in televisione. Ovviamente non è proprio così, o, almeno, non può esserlo a tutte le scale. Un gruppo di lavoratori che rischia il posto di lavoro, infatti, non può non essere “reale” in ambito locale: il problema esiste ed è percepito a livello territoriale. Quel che non riesce a delinearsi pienamente è la sua dimensione.
 
Quando, non molti anni fa, l’industria occupava una porzione molto più rilevante dei salariati dei Paesi “occidentali”, il maggior numero di lavoratori in questo settore comportava una condivisione ben maggiore dei problemi e un vero e proprio “senso di appartenenza” ad una condizione esistenziale, quella di operaio. Una condizione esistenziale che, nei momenti di crisi, trovava una immagine collettiva nello spazio della piazza, che era ancora, come tipicamente lo è stato in Italia, luogo principe della vita sociale. Con dei numeri più ridotti, e con la spada di Damocle di una smobilitazione di una parte notevole del sistema industriale italiano (d’accordo, chiamiamola delocalizzazione, che appare meno disfattista), il risultato è una parcellizzazione del problema. Nel frattempo l’idea della competizione per la sopravvivenza permea il contesto culturale anche popolare: pensiamo a certi programmi televisivi, standardizzati in tutto il mondo, che appaiono molto democratici solo perché il telespettatore può escludere, votando (a pagamento), qualche partecipante. Nel mondo del lavoro l’esito è frequentemente l’opposto della solidarietà di “classe”: il mors tua, vita mea può finire per rappresentare un monito: «vedi? quell’azienda è in crisi, e sta chiudendo. Se anche noi creiamo problemi, pure il nostro boss perde la pazienza e se ne va, con baracca e senza burattini, in Romania, o in Cina, o chissaddove». 
 
Un sentimento che, stando ad esempio al caso della INNSE, in cui la reazione dei lavoratori ha impedito lo smantellamento dell’impianto e portato ad una riapertura dello stabilimento sotto una nuova proprietà, non va considerato ineluttabile: le azioni spaziali dei lavoratori possono contribuire a modificare la futura geografia della produzione del Paese, già disegnata sulla carta e in fase di realizzazione. 
 
Ecco perché queste manifestazioni hanno un significato che, ci pare, vale la pena di evidenziare: invece di nascondersi al livello più basso, di legarsi sotto la pancia del montone, come fece Ulisse, i lavoratori fanno l’esatto contrario: usano lo spazio andando sui tetti, come per tentare di sfuggire alla marea montante di un diluvio universale che sta spazzando via una parte del nostro sistema economico, senza che se ne sia progettato uno alternativo pronto a sostituirlo. Certo, nel far questo i (pochi) lavoratori sono ben consci che si tratta forse dell’unico modo che gli è concesso per superare la scala della dimensione locale – quella della percezione territoriale diffusa ma rassegnata del problema – per proiettarsi in quella nazionale; l’unica via per “occupare” la nuova vera piazza (per riempire fisicamente uno schermo televisivo bastano una decina di persone) e porre il problema a livello collettivo.
 
Si tratta di una piazza che, per quanto possa apparire ugualitaria (la televisione arriva nelle case di tutti) non lo è davvero: contrariamente a quelle vere, le piazze mediatiche che realmente contano non sono più delle dita di una mano, e, ancora a differenza di quelle tradizionali, non sono degli spazi pubblici. Hanno un imprenditore, o un funzionario, che decide a chi e quando aprirle o serrarle. Ma questa è ancora un’altra questione, della quale, certamente, luogoespazio.info si occuperà prossimamente.

Commenti all'articolo

  • Di Maria Lutero (---.---.---.23) 19 novembre 2009 16:57

    ottimo articolo!

  • Di Renzo Riva (---.---.---.190) 26 novembre 2009 19:23
    Renzo Riva

    http://renzoslabar.blogspot.com/

    Carta dei siti nucleari dell’anno 1979



    Renzo Riva
    Via Avilla, 12
    33030 Buja - UD

    [email protected]
    349.3464656


    http://forum.radicali.it/content/radicali-e-energia

    Chi si deve dare pace sono il Nicola Atalmi (Pdci), Bersani, Lai e sopratutto gli operai dell’Alcoa di Marghera e del Sulcis che dovrebbero "bullonare" i sindacati tutti, per averli traditi per le esigenze dei Partiti dei quali erano la "cinghia di tramissione" del consenso e continuano ancora ad essere contro l’energia elettronucleare.

    T’ha capì caro deangelis?

    Mandi,

    Renzo Riva

    [email protected]

    349.3464656

     

    http://www.libero-news.it/adnkronos/view/229570

    ALCOA: ATALMI (PDCI), GIUNTA VENETA ASSENTE

    Venezia 23 nov. (Adnkronos) - Il consigliere regionale veneto Nicola Atalmi (Pdci) denuncia ’’l’assenza del governatore del Veneto Giancarlo Galan e della sua Giunta all’assemblea odierna dei lavoratori dell’Alcoa di Fusina, multinazionale dell’alluminio che rischia di chiudere lo stabilimento veneziano’’.

    ’’Ancora una volta - denuncia Atalmi - nessun rappresentante politico della maggioranza di centrodestra che governa il Veneto si e’ degnato di essere presente per prendere impegni di fronte ai lavoratori nei confronti del governo nazionale e dell’Enel. Mentre in Sardegna l’istituzione regionale e’ in prima fila nel difendere i posti di lavoro dello stabilimento di Portovesme, in Veneto ne’ il presidente Galan, ne’ il suo vice Franco Manzato, ne’ l’assessore al lavoro Elena Donazzan si impegnano per contrastare il declino industriale del Veneziano e, in particolare, del polo di Marghera’’.

    Da parte sua Atalmi invita ’’i lavoratori a far sentire direttamente la propria voce a palazzo Balbi (sede della Giunta) e a palazzo Ferro-Fini (sede del Consiglio regionale)’’ e ricorda l’impegno assunto, insieme ad altri colleghi di opposizione, per far convocare una seduta straordinaria del Consiglio veneto dedicata ai problemi occupazionali di Porto Marghera.

     

    http://www.libero-news.it/adnkronos/view/228431

    ALCOA: LAI (PD) SCRIVE A BERSANI, EMERGENZA LAVORO IN SARDEGNA (2)

    (Adnkronos) - ’’Davanti a queste richieste - prosegue Lai - il nostro partito deve intervenire, fare sentire la sua voce e sostenere la vertenza di questi lavoratori. Per questo motivo chiediamo il tuo autorevole intervento con l’azienda e il Governo, coinvolgendo tutti i rappresentanti del Pd in parlamento, per trovare una soluzione. E’ essenziale che il Govetrno si faccia parte attiva nei confronti dell’Enel per un accordo tra l’azienda elettrica e l’Alcoa in grado di garantire a lungo termine costi adeguati e competitivi di energia e la permanenza della multinazionale nel Sulcis. Questa - conclude l’appello di Lai a Bersani - diventerebbe una soluzione duratura e capace di dare prospettiva solida all’azienda e ai lavoratori ponendo fine a quella che ormai e’ diventata una vera e propria emergenza sociale’’.

     

    Da: Renzo Riva <[email protected]>
    Oggetto: Emergenza costi energetici e del sistema elettrico italiano
    A: "Direttore Gazzettino" <[email protected]>, "Pordenone Gazzettino" <[email protected]>, "Gazzettino Redazione Udine" <[email protected]>, "Veneto Messaggero" <[email protected]>, "Veneto Messaggero" <[email protected]>, "Posta Il Piccolo" <[email protected]>, "Redazione Segreteria" <[email protected]>, "Friuli-vg Nuovo" <[email protected]>, "Furlane Onde" <[email protected]>, "Il Piave Redazione" <[email protected]>, "Maurizio Belpietro" <[email protected]>, "Vittorio Feltri" <[email protected]>, "Vito Monaco" <[email protected]>, "Telegiornale Rai 3 FVG" <[email protected]>, "Radio Spazio" <[email protected]>
    Data: Sabato 21 novembre 2009, 10:50 

    Da pubblicare eventualmente come notizia del Nuovo PSI o lettera
     
    Come responsabile di Energia e Ambiente del Nuovo PSI della regione Friùli-Venezia Giulia denuncio l’immobilismo dei sindacati tutti che penalizzano i lavoratori continuando ad ostacolare il rilancio dell’energia elettronucleare indispensabile all’industria invece di richiederla a gran voce urgentemente.
    L’energia elettronucleare è la sola fonte che può cambiare la rotta dell’attuale deriva che altrimenti porterà il Paese alla bancarotta.
    La decisione assunta dalla multinazionale Alcoa per le sue unità del Sulcis è solo la punta dell’iceberg di un male che emergerà con virulenza con il disimpegno di altre industrie energivore.
    È da almeno sei anni che lancio appelli sull’allarme delocalizzazioni e sarò facile profeta di cui tutti potranno verificare le ulteriori chiusure e licenziamenti (le CIG sono solo dei licenziamenti nascosti) quando grandi gruppi industriali nazionali se ne andranno a produrre vicino ai mercati che per ora vengono definiti all’estero (Gruppo Pittini? Gruppo Fantoni? Altri?).
    I lavoratori sono i primi che pagano sulla loro pelle questo stato di cose con salari differenziati rispetto agli altri lavoratori europei.
    Pima per il fattore del costo energetico poi per i costi impropri delle "non decisioni" politiche e della macchina burocratica statale di oltre tre milioni di titolari di "sipendio a ruolo", proprio solo dei sistemi retti a collettivismo.
    Scopriremo, se lo vorremo, che fino a pochi anni fa eravamo di fatto un Paese dove si sperimentava il comunismo ricco, di tipo particolare, dove, grazie ai fattori geopolitici, in Italia si riversavano dollari in funzione anticomunista e aiuti (dollari non rubli) al partito comunista italiano confratello in funzione antiamericana.
    Oggi mutate le condizioni geopolitiche si sperimenterà il comunismo povero perché nonostante le cosiddette privatizzazioni, di fatto monopoli privati con accordi di cartello, constateremo che il lavoratore gestisce solo una piccola parte del proprio lavoro.
    L’azione liberale dell’associazione Futuragra con Giorgio Fidenato, che non assolve più come sostituto d’imposta la funzione di gabelliere per conto del fisco, porrà gli stessi lavoratori di fronte alla realtà di constatare dove vanno i frutti del loro lavoro; per altri invece solo i frutti del loro stipendio e della relativa partita di giro.
     
    Renzo Riva
    Energia Ambiente
    Nuovo PSI F-VG

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares