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Tasse e bugie

Le tasse sono tornate prepotentemente al centro del dibattito politico italiano e questo è a mio avviso un bene perché si tratta di un argomento importante che coinvolge i cittadini e l’economia italiana molto più dei processi che il Premier sta tentando in tutte le maniere di evitare. 
 
Berlusconi aveva promesso di abbassare le tasse. Non è un mistero che questo obiettivo è stato ribadito dal Premier e dai suoi innumerevoli volte, sin dal 1994. Le proposte sono state le più disparate, le boutade anche. Una cosa però è certa, ovvero l’intenzione, per lo meno a parole, della destra berlusconista di diminuire le tasse. Questo perché le tasse sono alte e ingiuste, togliendo al lavoratore il frutto del suo lavoro.
 
La destra pseudo reaganiana italiana non fa che dire che le tasse italiane sono le più alte d’Europa, che siamo tartassati e che dunque bisogna diminuirle. Un altro luogo comune è che il governo Prodi abbia alzato le tasse a dismisura mentre il governo Berlusconi le abbia abbassate, anche se di poco. Basta però giocare un po’ coi numeri, come molti esimi economisti fanno ogni martedì sera a "Ballarò", per capire che, in realtà, il governo Prodi non è stato quella sanguisuga che si vuol far credere, mentre il governo Berlusconi non è stato quel toccasana che alcuni speravano.
 
Un altro mito da sfatare è che l’Italia sia il Paese più tassato d’Europa. Non è assolutamente vero. I Paesi nordici, come Svezia e Danimarca, hanno un prelievo fiscale molto più consistente del nostro. E, come sempre, dipende da come si vuol guardare i numeri, da quali parametri vengono considerati, e l’Italia può balzare ai primi o agli ultimi posti di queste classifiche.
 
Il vero problema, in Italia, è un altro, ovvero il numero eccessivamente elevato di tasse e imposte diverse, che complicano, e non poco, la vita al contribuente. Pagare 5 o 10 imposte diverse, anche se relativamente basse, è sicuramente più seccante che pagarne 2 o 3. Questo crea, ovviamente, un diffuso senso di sfiducia da parte del contribuente. E questo senso di sfiducia si traduce in evasione fiscale. Come se non bastasse il denaro raccolto dalle tasse e dalle imposte non viene utilizzato tutto per fornire servizi ai cittadini. Esso infatti subisce prima ben due sforbiciate: quello degli sprechi e quello della corruzione
 
Sia i primi che i secondi sono inevitabili in uno Stato complesso come l’Italia. Ma entrambi sono eccessivamente elevati per una democrazia liberale. Sopratutto se i vari governi che si succedono al comando del Paese si guardano bene dall’individuare e tagliare gli sprechi reali o dal scrivere norme che aiutino a combattere e a limitare la corruzione. Dunque, come dice sempre Enrico Mentana, non sono le tasse a essere eccessivamente elevate di per sé, è semmai il servizio che da esse torna al cittadino ad essere squilibrato in maniera inaccettabile verso il basso.
 
Una cosa però è certa. Se il governo non riesce a ridurre la spesa pubblica, possibilmente limando i costi di sprechi e corruzione e non tagliando sempre fondi su scuola e sanità, è impossibile pensare di ridurre le tasse. Il debito pubblico italiano è tra i più alti in assoluto, il PIL non crescerà molto nel 2010, dunque anche il rapporto PIL\debito rimarrà pericolosamente alto. Tremonti sembra esserne al corrente e, giustamente, frena su quest’argomento.
 
Questo conferma che le politiche del governo, tutte caratterizzate dalle contingenze momentanee e mai ispirate a ottenere risultati sul lungo termine, stanno costando care non solo al governo, che prima o poi dovrà rispondere delle sue promesse mai realizzate, ma anche ai cittadini, costretti a pagare senza ottenere nulla in cambio. Solo migliorando i servizi in rapporto alla spesa totale si potrà, un giorno, diminuire le tasse e solo semplificando il sistema tributario si riuscirà a diminuire l’evasione fiscale, migliorando anche i controlli.

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