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Suicidio nel carcere di Alessandria, ma la moglie grida al pestaggio

È avvenuto l’8 dicembre 2009: nel carcere San Michele di Alessandria è stato trovato morto Ciro Ruffo, detenuto per criminalità organizzata e da poco collaboratore di giustizia. La direttrice del carcere dice che è stato trovato impiccato, ma la moglie dopo aver visto il cadavere pieno di lividi è convinta che sia stato pestato.

L’ennesimo suicidio nelle carceri italiane, quello di Ciro Ruffo, 35 anni, detenuto per criminalità organizzata e che da poco collaborava con i magistrati, che farebbe arrivare a 67 i suicidi in carcere dall’inizio del 2009 e a 169 i morti, arrivando sempre più vicino al massimo storico del 2001, quando i suicidi furono 69.
 
Ma in questo particolare caso c’è qualcosa di sospetto: nonostante la posizione ufficiale della direttrice del carcere San Michele di Alessandria, Rosaria Marino, sia quella che il detenuto è stato trovato impiccato nella sua cella, la moglie di Ruffo sostiene invece che il marito è stato vittima di un pestaggio. Ha dichiarato: "La direttrice mi ha comunicato che lo hanno trovato impiccato, ma non è vero. Ho visto il corpo all’obitorio del cimitero di Alessandria: ha il naso rotto, un livido sotto l’occhio destro, tanti altri lividi sulla schiena, sulla pancia, in faccia. Ha perso sangue dagli occhi e dalle orecchie. È stato pestato".
 
Il detenuto era stato trasferito da poche ore nel carcere di Alessandria (prima si trovava nel carcere di Ariano Irpino in provincia di Avellino), e non aveva neanche disfatto il borsone con i pochi bagagli prima di essere trovato senza vita. "Il detenuto si è impiccato tre ore dopo essere arrivato al carcere. Non aveva neppure svuotato il borsone", dichiara la direttrice del carcere. "Le accuse della moglie sono gravissime ma infondate: dovrà assumersi le proprie responsabilità di fronte ai magistrati per ciò che ha dichiarato". Al momento sono in corso l’autopsia e le indagini della magistratura, in particolare in seguito alla denuncia della moglie di Ruffo dopo aver visto le condizioni in cui si trovava il corpo del marito.
 
La moglie racconta anche che il sabato precedente Ruffo l’aveva chiamata: "Devo darti una bella notizia: sono arrivate le carte del trasferimento, le aspettavo da quindici giorni. Da lunedì sono più vicino a te, ci vedremo più spesso". Parole che le fanno ulteriormente credere che suo marito non avesse intenzione di suicidarsi.
 
Questo caso ci porta senza dubbio alla mente il recente fatto di cronaca intorno alla morte di Stefano Cucchi, avvenuta nel carcere Sandro Pertini a Roma. Ma possiamo anche ricordare che Ciro Ruffo sarebbe il terzo suicidio (se di suicidio si tratta) avvenuto nel carcere San Michele di Alessandria dall’inizio dell’anno: il 17 gennaio si uccise Edward Ugwoj Osuagwu, di 35 anni, un cittadino nigeriano implicato in vicende di droga e il 26 aprile Franco Fuschi, 63 anni, ex agente segreto arrestato per traffico d’armi.
 
Si fanno parallelismi anche con la morte di Giovanni Lorusso, 41 anni, trovato con un sacchetto di plastica riempito di gas infilato in testa, nel carcere di Palmi (Reggio Calabria): anche lui era stato trasferito dal carcere di Ariano Irpino, anche lui (secondo i parenti) non aveva manifestato l’intenzione di suicidarsi e anche il suo cadavere è stato ritrovato pieno di ferite.
 
Non resta che aspettare i risultati dell’autopsia e delle indagini per scoprire la verità su questa storia sospetta, che potrà dare anche un po’ di pace alla moglie del defunto.

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