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 Home page > Attualità > Cronaca > Secondo lavoro durante la malattia: c’è il licenziamento!

Secondo lavoro durante la malattia: c’è il licenziamento!

Pervengono alla nostra redazione diverse segnalazioni relative a dipendenti pubblici che assenti dal proprio posto di lavoro in stato di malattia, esercitano regolarmente e alla luce del sole altre attività lavorative.
 
L’ultima, ma solo in ordine di tempo, si riferisce ad un medico di un ospedale romano, ufficialmente in aspettativa, ma assiduamente "operativo" presso una clinica privata e pergiunta convenzionata con il S.s.n.!
 
Atteso che il nostro Social Network non è l’organismo deputato a condurre l’iter di quelle che sono vere e proprie denunce che andrebbero indirizzate alle autorità preposte - quali il datore di lavoro in primis, la questura, la procura della Repubblica, l’intendenza di finanza, i commissariati e i carabinieri - non possiamo fare altro che registrare e stigmatizzare il "fenomeno", rammentando, per quanto di nostra conoscenza, che svolgere un altro lavoro, anche per una sola volta, durante lo stato di malattia, costituisce giusta causa di licenziamento e la sanzione deve considerarsi proporzionata alla gravità dell’infrazione commessa dal lavoratore.
 
Qualora non fosse ancora chiaro, il concetto lo ha ribadito anche la Corte di Cassazione per la quale vi è giusta causa quando lo svolgimento dell’altra attività lavorativa ha conseguenze negative sulla ripresa del lavoro.
 
La decisione riguarda un lavoratore che, a causa di uno stato depressivo, si era fatto esentare dai turni notturni e si trovava in malattia fino al 31 dicembre; la sera di San Silvestro tuttavia il dipendente era andato a lavorare per 3 ore e mezzo come cameriere presso un ristorante dove si svolgeva per circa 500 clienti il veglione di Capodanno. Il giorno dopo il dipendente aveva fatto pervenire in azienda un certificato di prosecuzione di malattia.
 
La Corte, nel ricostruire i fatti, ha escluso la simulazione ritenendo che il lavoratore avesse pensato di essersi rimesso, tanto da sentirsi in grado di affrontare un gravoso lavoro notturno. Tuttavia con tale lavoro, protrattosi oltre mezzanotte e quindi con alterazione del ciclo veglia/sonno, il dipendente ha ritardato la guarigione ed è stato costretto il giorno dopo a proseguire l’assenza.
 
Nella pronuncia la Corte si è rifatta a precedenti sentenze in base alle quali lo svolgimento di altra attività durante la malattia può giustificare il recesso del datore di lavoro perché ciò viola i doveri generali di correttezza e buona fede e gli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà.
 
Anche se il lavoro non assume un valore assoluto nella vita del lavoratore perché è solo uno strumento per procacciarsi un mezzo di sostentamento per sé e per la famiglia, pure non va trascurato - afferma la Corte di Cassazione - che il datore di lavoro, in base al contratto con il lavoratore, fa legittimo affidamento sulla continuità della prestazione del dipendente.
 
Costituiscono quindi violazione di tale affidamento tutti quei comportamenti che, riconducibili ad una consapevole scelta da parte del lavoratore, incidono negativamente su tale continuità. E la violazione è tanto più grave per le modalità con cui si è sviluppata nel caso in questione: richiesta di esenzione dal lavoro notturno, svolgimento di attività lavorativa retribuita, coincidenza con un periodo festivo nel quale è frequente la richiesta di ferie da parte dei dipendenti.

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