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Sanremo giovani. Il paese non è reale!

Come ogni anno le promesse sul Festival di Sanremo si sprecano e puntualmente vengono distrutte ai primi nomi. Questa volta però c’è una novità. La distruzione può farsi forte anche dei primi ascolti. Sono stati scelti, infatti, i 10 giovani che parteciperanno alla nuova edizione, la sessantesima, del Festival di Sanremo e per la prima volta nella storia di Sanremo, le canzoni sono già ascoltabili dal sito della Rai.
 
Come ogni anno, poi, si sprecano le critiche che, a leggerle, sono stantìe come il Festival di questi ultimi decenni (rare edizioni a parte), ma veramente sembrano indispensabili, a costo di passare per snob, sostantivo di cui viene tacciato chiunque non si adatti al "gusto nazional televisivo". Una curiosità morbosa mi ha spinto ad ascoltare le canzoni che da stamattina sono online e un velo di tristezza mi ha accompagnato durante l’ascolto. A ogni canzone, a ogni titolo, a ogni nota mi chiedevo perché. Mi chiedevo se chi organizza il Festival di Sanremo conosca veramente quella che è l’Italia musicale oggi, se giri per i locali, se frequenti i siti specializzati, ma anche quelli non specializzati, se faccia veramente scouting (a leggere i nomi della commissione la risposta dovrebbe essere sì... dovrebbe), o si limiti ad accettare i diktat delle diverse case discografiche – la domanda è, ovviamente, ingenuamente retorica. È anche vero, e bisogna essere onesti, che molti di quegli artisti che hanno critiche ottime negli ambienti meno mainstream (penso a un artista come Dente, che con “L’amore non è bello” è stato la rivelazione dell’anno appena passato), probabilmente – e dico probabilmente - non ci salirebbero mai su quel palco. È un problema di impostazione festivaliero comunque.
 
Tutti gli anni si promettono grandi rivoluzioni: i tanto attesi nomi nuovi, quelli per i giovani. L’anno scorso furono gli Afterhours (che, a voler trovare il pelo nell’uovo e col massimo rispetto per una delle rock band storiche italiane, non è che siano proprio giovincelli!), che con la compilation Il paese reale”, che prende il nome dal brano portato all’Ariston hanno cercato di sfruttare il punto in più di notorietà avuto dalle serate su Rai Uno per gridare alla gente che fuori c’è veramente qualcosa che si muove, a parte le tendenze sessuali poviane di Luca. Un rifiuto che deriverebbe da un’impostazione, quella sanremese, che mette lo spettacolo prima della musica, una musica senza coraggio, che naviga stancamente nella ormai trita e ritrita tradizione della musica leggera italiana (Sveglia! Il mondo cambia, e anche l’Italia, a volersene accorgere).
 
Fuori i nomi allora: Nicolas Bonazzi canta "Dirsi che è normale", Jessica Brando "Dove non ci sono ore", Broken Heart College “Mesi”, Mattia De Luca "Non parlare più", La fame di Camilla "Buio e luce", Luca Marino "Non mi dai pace", Jacopo Ratini "Su questa panchina", Romeus "Come l’autunno", Tony "Il linguaggio della resa" e Nina Zilli "L’uomo che amava le donne". Si è evitata l’invasione dei reality (a parte Tony che ha partecipato tre anni fa a X Factor), ma a sentire le canzoni sembra di essere su un’unica lunghezza d’onda (a parte qualche voce qua e là). Ma forse questa era l’intenzione.
 
Frasi sparse tra le canzoni (senza citare quale): “Mi chiedo se sei ancora quella che, mi ha tolto il respiro con l’accenno di un sorriso”; “Sei vicino a me ma ti sento distante”; “Come un vortice ti prendo e butto via, i sorrisi veri tu, tu non mi dai pace, tu sei la mia luce”.
 
E’ anche vero, diciamolo, che la musica come il vino, va fatta decantare, e i primi ascolti sono sempre ingannevoli, ma se è aceto lo si capisce subito.
 
Una critica, comunque, che non va, in primis, a chi ha provato a calcare un palco che gli dà migliaia di spettatori in più rispetto al club di periferia e cerca di realizzare un sogno, ma a chi deve scegliere, e sceglie una linea unica, senza sforzarsi di capire che la musica in Italia è anche altro.

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